2023-12-11
Leonardo Tricarico: «Per Zelensky è l’ora delle rinunce»
Leonardo Tricarico (Ansa)
Il generale: «Tutti i Paesi donatori sono ormai a corto di mezzi militari e negli Stati Uniti aumentano i segnali di disimpegno: il leader ucraino deve coglierli. Stoltenberg è stato il peggior segretario della Nato di sempre».Siamo alla vigilia del secondo Natale di guerra in Ucraina, dall’invasione decisa da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022 sono trascorsi 655 giorni. Sono rimaste sul terreno, tra civili e militari, non meno di 170.000 vittime e il conflitto è in una fase di stallo, di logoramento, con gli americani stanchi di guerra, gli europei rimasti soli a sostenere il peso del conflitto, e Vladimir Putin che si prepara, annunciando la ricandidatura alle elezioni del 17 marzo prossimo, a governare la Russia fino al 2030. Nel frattempo, dopo i massacri perpetrati da Hamas in Israele, in Medio Oriente si è aperto un nuovo fronte di crisi. L’Europa sembra incapace di qualsiasi iniziativa su entrambi i conflitti. Per capire cosa sta accadendo e quali sono le prospettive, abbiamo chiesto il parere del generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare, ora presidente della Fondazione Icsa, uno dei massimi strateghi ed esperti militari italiani. Il conflitto in Ucraina sembra scomparso dai radar. Che informazioni ha lei? Come sta andando? Pare evidente che la proclamata controffensiva di Kiev non abbia dato risultati…«Come previsto fin dalle fasi iniziali del conflitto, le operazioni militari si sono arenate in un perdurante stallo: le cosiddette offensive e controffensive hanno prodotto solo una quantità enorme di vittime, a fronte di contenuti vantaggi da una parte e dall’altra, la cui risultante è la situazione attuale». Negli Usa sta scemando l’idea di appoggiare Volodymyr Zelensky con altri aiuti, sia economici che militari. Qual è una soluzione possibile?«Negli Usa i fenomeni seppur isolati di una prospettiva di crescente disimpegno erano percepibili da tempo, ora sono divenuti palesi ed ardui da superare per il presidente statunitense, che vorrebbe continuare in un appoggio incondizionato a Zelensky. Tutto ciò dovrebbe suggerire più malleabilità al presidente ucraino rispetto ad un possibile negoziato in cui sia necessario accettare alcune rinunce».Si rischia che il conflitto Ucraina-Russia diventi una guerra silente e lunga e soprattutto regionale, a totale carico dell’Europa. Ma noi abbiamo i mezzi, sia strategici che economici, per sostenere Kiev a lungo e da soli? E tra meno di un anno si vota per le Europee: è possibile che l’esito del conflitto influenzi il voto?«Siamo anche noi, come ogni altro Paese donatore, con il fiato corto in quanto a forniture militari. Tra l’altro non vanno perse di vista le esigenze di sicurezza domestiche, sicuramente in una fase di crescente delicatezza. Parimenti, ogni tipo di appuntamento elettorale, non solo quello europeo, avrà un ruolo non da poco nella formazione del consenso, con un peso forse dirimente negli Stati Uniti dove la guerra, anzi le guerre, saranno un argomento primario di confronto tra i candidati».Mai come ora sarebbe necessario avere una diplomazia europea capace di guidare il processo di pace in Ucraina e invece non abbiamo né politica estera né esercito comuni. Che ruolo ci tocca su quello scacchiere?«L’Europa, seppure ve ne fosse stato bisogno, ha confermato la sua inconsistenza come player, anche nelle confrontazioni militari, tutte. E nessuno è autorizzato ad autoassolversi, nessuno accampi ragioni, come chi ad esempio giustifica l’impossibilità di disporre di uno strumento militare comune con l’assenza di una politica estera comune. Costoro dovrebbero anche dire chi ha loro impedito di preparare e mettere a punto un esercito europeo. A cominciare dai militari, tutti si sono nascosti dietro la foglia di fico della necessità di una visione comune del contesto internazionale come precondizione, omettendo di fare anche un solo passo avanti verso un disegno integrato».Valdimir Putin è andato in Arabia Saudita a stringere alleanze e da quel che si capisce nei Brics si sta formando una sorta di lega anti occidentale. È un’ipotesi sul tappeto quella che vi sia un nuovo schieramento che vada dalla Russia alla Cina, dai Paesi emergenti a parte dell’Africa, contro l’Occidente? «Anche nel contesto internazionale, quello dei rapporti complessivi di forza e di potere, non sono previsti spazi vuoti. Quindi, non aver riformato i due principali organismi multinazionali, l’Onu e la Nato, e la conseguente loro perdita di credibilità e di potestà, ha comportato la migrazione del potere verso altri organismi multilaterali ben più rappresentativi, anche dimensionalmente, di quelli esistenti e sulla via dell’obsolescenza».In sede Onu questo schieramento sembra essersi già appalesato con il sostegno alla Palestina contro Israele. Basta il solo veto Usa a fermare questo schieramento anti occidentale?«In questo momento nessuno ha la forza di indicare ed imporre una direzione, nell’attesa del giorno, semmai verrà, di un organismo internazionale capace di dirimere le controversie. Un preoccupante vuoto di potere decisionale, di government globale, cui si potrebbe supplire solo con aggregazioni ad interim, ritagliate su misura per ogni scenario; purtroppo non si vede chi possa farsi carico di disegnare e rendere operante un sodalizio internazionale di tal fatta». In Israele si rischia un conflitto di maggiore portata con il coinvolgimento di Siria, Iran e Paesi arabi? E se così fosse quali conseguenze ci dobbiamo aspettare?«In Israele il sistema ha tenuto, nessuno ha tracciato linee rosse o pronunciato ultimatum. L’allargamento del conflitto è sullo sfondo fin dal primo giorno, ma gli attori regionali finora si sono limitati a risposte militari di scarsa dimensione ed intensità, più per “dovere di ufficio” che per avviare una escalation dalle prospettive incontrollabili e di esito imperscrutabile». Non trova una certa asimmetria tra il grido “con Kiev ad ogni costo” e i distinguo che si sono sentiti verso la volontà di Israele di regolare una volta per tutte i conti con il terrorismo palestinese ed islamico?«Trovo intollerabile il diverso metro di misura per l’uno e l’altro scenario. Putin ad esempio dovrebbe essere il destinatario della più irriducibile ferma e diuturna condanna, ma lo vediamo ancora sotto i riflettori della scena, accompagnato da commenti eticamente neutri, più che da un biasimo che deve essere martellante e senza sosta. Allo stesso tempo Hamas viene definita, nella più obiettiva delle ipotesi circolanti, un’organizzazione terroristica, senza soffermarsi sul fatto che nessun movimento terroristico ha promosso, consapevolmente e per scelta, il massacro del proprio popolo. Allo stesso tempo le colpe vengono fatte ricadere su uno dei pochi eserciti al mondo che anche nella guerra rispetta le regole, che fa tutto il possibile per contenere le perdite umane dei non combattenti, di quelli che Hamas ha condannato a morte progettando, come vediamo oggi, le sue difese militari e permanendo imperturbabile di fronte alla mattanza generale».Anche nel conflitto mediorientale l’Europa ha parlato con voci differenti (da una parte Josep Borrell, dall’altra Ursula von der Leyen per esemplificare): è un altro segno di debolezza? E quale posizione dovrebbe assumere l’Europa nei confronti d’Israele?«Sono sgrammaticature di personaggi in cerca di autore. Borrell non può pronunciare giudizio alcuno che non sia la sintesi della visione dei Paesi membri, Von der Leyen non ha titolo per intromettersi nell’intergovernativo».Si è molto discusso di un’adesione rapida di Kiev alla Nato, lei ci crede ancora? E non sarebbe il caso di far invece aderire Israele alla Nato?«Non solo non ci ho mai creduto, ma ritenevo e ritengo tuttora che Kiev non debba entrare nella Nato. Diverso il discorso di Israele, che però non mi pare sia all’ordine del giorno. Quello che andrebbe fatto è un ridisegno dell’Alleanza ad iniziare dalla sua ragion d’essere. Poi si potranno prendere in considerazione nuove candidature».Ultima domanda, ancora sulla Nato: se fosse vero il sostanziarsi di uno schieramento anti occidentale la Nato è ancora uno strumento valido per contrastarla? E con la scadenza del mandato di Jens Stoltenberg l’Italia dovrebbe rivendicare il segretariato dell’Alleanza?«La Nato ha le sue regole, auspicabilmente dovrebbero essere rispettate, contrariamente a quanto avvenuto nella guerra russo-ucraina dove invece sono state quotidianamente calpestate. Quanto a Stoltenberg, quando lascerà l’incarico sarà sempre troppo tardi. A mio giudizio e a mia memoria, è stato il peggior segretario generale della Nato di sempre. Quanto alla candidatura italiana, se la nostra diplomazia non ci si dedica con determinazione e professionalità, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, le sorti saranno anche peggiori della candidatura di Roma all’Expo 2030».
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.