2020-02-21
Il re del cashmere e le radici in Umbria: «Non abbandoneró mai la mia terra»
Brunello Cucinelli (Ansa)
Parla il re del cashmere Brunello Cucinelli: «Mi preoccupa l'aspetto umano, non economico. Tanti hanno spostato le industrie, noi siamo rimasti. Sono scelte di vita, non ho mai abbandonato la mia terra e ho tenuto alto il made in Italy».Nel defilè di N°21 tutto è creato fuori scala ed è forte il contrasto tra dark e romantico.Lo speciale contiene due articoli«Mio stimato e caro amico Jeff, nel leggere le tue parole riguardanti il Bezos Earth Fund sono rimasto profondamente impressionato. La tua idea mi è sembrata geniale. Come sai pongo il Creato al primo posto, un tema che nei nostri incontri di diversi anni abbiamo sempre discusso con passione e sentimento per la salvaguardia del mondo e dell'umanità. Penso quindi che questa tua affascinante iniziativa sia da considerare come uno di quei meravigliosi progetti che noi abbiamo tante volte immaginato, per una durata a 1.000, 2.000 anni. La tua idea è profondamente umanistica, e per questo ho sentito un immediato desiderio di scriverti per esprimerti la mia gratitudine personale, ma anche, credo, a nome di tutto il genere umano». Brunello Cucinelli, re del cashmere, imprenditore illuminato, così ha risposto a Jeff Bezos che aveva scritto un post su Instagram per lanciare il Bezos Earth Fund per il quale investirà 10 miliardi di dollari. Tema la Terra, i cambiamenti climatici e tutto ciò che ne consegue. Per chi, come Cucinelli, produce in modo naturale ed ecologico da sempre e ha molto a cuore questi problemi fino a dire di «vivere e lavorare in armonia col mondo», chiediamo come affronta questo momento. E alla Verità spiega la sua opinione. Che accade, nella moda, in epoca di coronavirus?«Il 20 gennaio abbiamo fatto una grande riunione in azienda per dire che, prima di tutto, si doveva affrontare la questione molto seriamente così come l'Organizzazione mondiale della sanità ci ha educato e ci consiglia. Per questo speriamo che prima possibile i nostri scienziati trovino la soluzione. Sotto il profilo economico sono leggermente meno preoccupato perché abbiamo vissuto il 2008 tutti insieme, un momento dove nessuno, a settembre del 2008, sapeva dove sarebbe finito il mondo, quindi una sorta di panico globale. Oggi non è così. L'economia andava bene, quindi non c'è panico sui mercati. Ora il tema è quanto durerà l'epidemia. Se dura sette o otto mesi vorrà dire che ci sarà un anno meno interessante, ma ai miei ragazzi dico che il Creato ha le sue leggi e la storia ci insegna. Mi preoccupa la parte umana e non quella economica».Cioè?«C'è una bella espressione di sant'Agostino che dice: “Onnipotente reggitore dell'Universo tu che ci mandi il dolore come maestro". Anche questo è un momento di dolore ma può essere un collante per tornare ad avere più rispetto per l'umanità stessa. È come se ci fosse una piccola ribellione da parte del Creato guardando la terra».Potrebbe essere un momento per rivalutare la nostra mano d'opera?«Di sicuro. Tanti hanno portato le industrie in Cina perché era un modello di business diverso. Noi restammo in Italia ben sapendo che i nostri prodotti erano estremamente costosi, sono scelte di vita. Non ho mai abbandonato la mia terra tenendo alto il made in Italy». Per Brunello Cucinelli la Cina rappresenta un mercato buono?«Siamo partiti un po' tardi, per noi è ancora un piccolo mercato che rappresenta un 10% però onestamente la voglio vedere come un problema mondiale. Possiamo ritrovarci e riequilibrarci secondo le aspettative del mondo».Dove sta andando la moda?«Ha dei cicli. Da ragazzo sono cresciuto con Armani, Jil Sander, Yohji Yamamoto da una parte e Versace dall'altra. Dopo quattro o cinque anni di moda forte stiamo tornando a una moda più elegante, sobria e quindi più confacente al nostro Dna. La collezione rispecchia questi canoni. E siamo contenti».Una bellissima collezione.«Arriviamo qui con gli ordini quasi fatti e abbiamo il giudizio di chi compera. È molto piaciuta, è un anno speciale con ordini molto importanti per la collezione autunno inverno. Avevamo già chiuso l'uomo molto bene. Sotto il profilo del prodotto sono particolarmente contento. In un'epoca in cui cresce l'attenzione a ridurre il superfluo, emerge il bisogno di concentrarsi su valori importanti, che ci guidino nella scelta di idee, progetti ed elementi più durevoli e versatili. Un nuovo modo di pensare basato sull'etimologia della parola “eleganza"». Lei è una garanzia del nostro made in Italy: raddoppiato il fatturato in dieci anni.«Vorrei che si parlasse sempre bene dell'Italia. Abbiamo il 10% di disoccupazione, bisogna fare qualcosa. È cambiato il mondo. C'è il grande tema del Sud e non riesco a capire come si possa migliorare la situazione. Bisognerebbe valorizzarlo. Ci vorrebbe l'intervento di dieci, quindici persone illuminate che discutono e trovano una soluzione. Abbiamo bisogno di dare forza, la quantità di persone che lavorano al Sud è ancora troppo bassa. Abbiamo bisogno di occupazione». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lemergenza-cinese-e-unoccasione-per-rivalutare-i-nostri-lavoratori-2645206594.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sulla-passerella-miuccia-prada-fa-sfilare-listinto" data-post-id="2645206594" data-published-at="1757885992" data-use-pagination="False"> Sulla passerella Miuccia Prada fa sfilare l’istinto Non c'è dubbio che la moda debba fare i conti con l'epidemia di coronavirus. Lo si vede in queste prime giornate dedicate alle collezioni donna senza cinesi, lo si sente nei tanti discorsi degli addetti ai lavori. Non ne subiscono strascichi, però, né la creatività e tanto meno l'ottimismo. Le collezioni salite finora in passerella sono di altissimo livello. Prada, più che confermare, svela la sua unicità e punta sulla «forza delle donne». La collezione è da standing ovation tanto è ricca, nuova, sublime. Miuccia Prada, vero genio della moda italiana, senza confronto con nessun altro, l'ha intitolata Surreal Glamour. Se la moda è cultura, e lo è, qui, nella grande sala dello show alla Fondazione Prada, prende vita qualcosa che prende il cuore al di là degli addetti ai lavori. «È una sfilata d'istinto», dice la stilista. Si comincia dalle frange, sottili di seta o larghe come fettuccine a formare la sottana o di perline a impreziosire un cardigan da uomo. Frange che si muovono incessantemente, che creano un ritmo tra il sexy e diventano quotidiane a seconda di come si combinano. A tailleur austeri e severi si contrappone la lingerie e il punto vita è sempre ben segnato. Codici iper femminili come rossetti e piccole scatolette da trucco diventano il tocco ironico che finisce su cinture e boijoux. Straordinaria anche la sfilata di N°21 firmata da Alessandro Dell'Acqua. L'occasione per dare il meglio è stato anche il decimo anniversario del marchio onorato da una mega festa. «Non ho voluto fare una sfilata celebrativa» ha spiegato lo stilista « ma ho riassunto tutte le mie ossessioni che ho portato in questa collezione. Sono partito da una camicia maschile, classica, a righe, oversize perché autenticamente da uomo portata un po' ovunque. Per la parte punk ho usato delle spille che formano corolle fiori, ricami macramè, contrasti maschile femminile, dark e romantico». Tutto viene fatto un po' fuori scala, super oversize, oppure maglie molto piccole, e capi dalle maniche extralong. Pizzo meno lezioso. Colore blu navy, celeste, cammello, color carne, verde. Ricami di paillettes oleografiche. Maglie punto pelliccia con al fondo piume di struzzo e di gallo, pezzi couture mescolati a capi più quotidiani. Alberta Ferretti rispetta i suoi codici di femminilità. «Mi piace mescolare qualcosa di classico con l'eccentrico, qualcosa di sport con cose sofisticate, volevo che i capi raccontassero una sartorialità» racconta la designer. Sono capi che restano nel guardaroba, che durano nel tempo. Ferretti ha usato chiffon crudo che ha subito un trattamento ecosostenibile. Escono abiti nuvole ricchi di volants e seduzione. «No al fast fashion. Oggi le donne hanno imparato a vestirsi e bruciare tutto è ormai superato». Certo, non è difficile scegliere se si guarda a Max Mara, disegnata dall'ottimo Ian Griffiths. Pilastro portante, il capotto in mille versioni. Si parte dall'orsetto, il Teddy bear, simbolo di grande successo. «Viaggia con noi» racconta lo stilista inglese «e in questa sfilata ci sono 45 nuove proposte, dallo shirling al lungo». C'è la nostalgia dell'oceano. «Ho immaginato un lungo viaggio che parte dal mare, dal Marocco fino ai mari del Nord per arrivare a San Pietroburgo dove sfileremo la nostra resort». Il capospalla, dal peacot, al montgomery, si arricchisce di spalle arricciate, di maniche con ruches, di alamari con le nappe. Per un nuovo romanticismo. Che esplode da Luisa Beccaria, dove i fiori diventano camicie, abiti, calze, stivali, jeans. Un erbario invernale tradotto in una marea di tessuti e materiali. Le tinte sono polverose: dai rosa agli azzurri ai verdi, diventano madreperlate per la sera. Su un unico fiore, la calancola, piccola e forte, ruota la collezione di Anteprima. Finisce ricamata su deliziose gonnelline a pannelli con tasche, su scarpe e borse.
Jose Mourinho (Getty Images)