2024-01-22
Legumi e alimenti integrali fanno bene. Ma se esageriamo presentano il conto
La guerra alla carne ha scatenato il boom di questi alimenti che però hanno in sé composti antinutrizionali. Ovvero «barriere» per i nutrienti buoni.Conosciamo i nutrienti, macro e micro. Ma gli antinutrienti? Sono detti anche antinutrizionali o composti antinutrizionali e di solito ignoriamo cosa siano, dove si trovino e come influiscano sulla nostra alimentazione. Invece, è importante esserne consapevoli, in particolar modo in questo periodo in cui il marketing anticarnivorista glorifica il legume come prodotto agricolo che può sostituire tutto, dal cereale alla proteina animale, soprattutto, passando anche per latte e latticini. Ci sono persone che, dopo aver fatto propria senza alcuna domanda critica questa vulgata contemporanea, mangiano solo legumi dalla colazione alla cena, accumulando, nei mesi, problemi di salute piccoli e grandi: latte di soia e biscotti di farina di legumi per iniziare la giornata, pranzo con pasta di lenticchie, hamburger di fagioli con contorno di hummus, cena con formaggio di soia e contorno di lupini. I composti antinutrizionali o antinutrienti possono essere sia naturali, sia di sintesi e si chiamano così proprio perché interferiscono, a volte lievemente, altre pesantemente, con l’assorbimento dei nutrienti che il nostro organismo carpisce dal cibo. Altre volte ancora non interferiscono, però sono sempre presenti. Essi si dividono in non nutrienti e antinutrienti. Poi ci sono i veri e propri composti tossici, di alcuni parleremo oggi, di altri in futuro. Partiamo dai non nutrienti. Come si evince dal nome, il non nutriente è una parte dell’alimento che passa attraverso il nostro stomaco e intestino senza nutrire e senza subire modifiche da parte dell’attività digestiva. I principali non nutrienti sono le fibre. Abbiamo fibre insolubili e solubili. La fibra insolubile non si può digerire, né assorbire, né fermentare, essa fa semplicemente volume, stimolando il transito intestinale in maniera meccanica, perché aumenta il volume e la morbidezza della massa fecale (si dice che la renda «poltacea», cioè «simile a polenta», con un termine aulico che deriva direttamente dal latino pŭls pŭltis, proprio come da questa parola latina deriva la parola polenta). Le fibre insolubili sono contenute soprattutto in cereali, soprattutto integrali, e legumi. Sono cellulosa, lignina, emicellulose. Le fibre insolubili sono prebiotiche: prebiotico vuol dire sostanza alimentare non digeribile che favorisce la crescita e l’attività di batteri già presenti nel tratto intestinale o assunti col prebiotico. Quando si trova l’indicazione «con prebiotici», vuol dire che quell’alimento contiene prebiotici aggiunti. Non nutrienti sono anche le fibre solubili, che entrano in contatto nel lume intestinale col microbiota nutrendolo, fermentando, producendo gas e acquisendo la forma di composti gelatinosi che poi mitigano l’assorbimento dei grassi da parte dell’intestino. Sono fibre solubili alcune emicellulose, glucani, pectine, gomme, carragenine, amido-resistenti, inulina e sono presenti soprattutto in frutta e verdura, legumi, alghe, patate e cereali. Le fibre solubili sono probiotiche perché lo sono gli alimenti che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere integri l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione di equilibrio sul microbiota intestinale tramite la colonizzazione diretta. Non bisogna assolutizzare e criminalizzare, perché l’intento di questa disamina è fornire tutti gli elementi che servono a capire come relazionarsi col cibo, non a creare santi o demoni nel carrello della spesa. Questi non nutrienti, come si può intuire, ci sono necessari (in quantità virtuosa). Se le fibre possono diminuire minimamente l’assorbimento di alcuni micronutrienti, dall’altra ci aiutano a sentirci più sazi, a favorire il transito intestinale e con ciò anche a diminuire il rischio di sviluppare diverticolite ed emorroidi, a nutrire e rinfoltire il microbiota intestinale con ciò rafforzando il nostro intestino, a diminuire l’assorbimento di grassi e in particolare colesterolo. Nella dieta ideale, dobbiamo mangiare cereali e derivati, legumi, frutta e verdura che contengono fibre e che dobbiamo assumere nella misura di 25-30 g al giorno se siamo adulti (in media ne assumiamo 17, poche) e 12 per i bambini. Poi ci sono gli antinutrienti in senso stretto ovvero sostanze che si legano ad altri micronutrienti facendocene diminuire l’assorbimento. Si trovano in minima quantità nei vegetali come legumi e cereali e semi e compiono lavoro strutturale, oppure sono riserve oppure si tratta di sostanze con scopo difensivo dai predatori o dalle muffe e dai batteri. Un modo per disattivare alcuni antinutrienti almeno parzialmente è ammollare il vegetale, sciacquarlo e ammollarlo. Ecco perché più volte avete letto su queste pagine di ammollare sempre e comunque i legumi, anche quando trovate scritto sulle confezioni che non serve, come nel caso delle lenticchie. Più il legume è grosso e duro, più va ammollato, aggiungendo un pizzico di bicarbonato o una foglia di alga kombu e cambiando l’acqua ogni 12 ore, di modo da gettar via le sostanze che essa ha accolto. La stessa procedura sarà utile per chicchi di cereali interi, dal farro all’orzo passando per la quinoa. Si veda anche il boxino dedicato alle saponine. Antinutrienti in senso stretto sono, per esempio, i fitati, detti anche leganti dei metalli, che si trovano soprattutto in cereali integrali, legumi e semi e riducono l’assorbimento di alcuni sali minerali, come zinco, calcio, magnesio e ferro. L’acido fitico si lega ai metalli e forma i sali insolubili fitati e fitina. Per ottimizzare l’assorbimento di ferro, agli anemici è consigliato aggiungere vitamina C. Per ridurre questo effetto dei fitati, legumi, cereali e semi vanno ammollati, sciacquati e cotti. Questa sorta di quasi fermentazione innescata con l’ammollo, infatti, agisce degradando in parte i fitati. Anche la fermentazione in senso stretto diminuisce i fitati: il pane e in generale i lievitati, soprattutto con farina integrale, presentano meno fitati dal grano se lievitati con pasta madre rispetto al lievito di birra. I fitati sono contenuti in particolar modo nella crusca, dunque non esagerate con alimenti naturalmente integrali o con la crusca pura. Dall’altra parte, i fitati hanno effetto antiossidante, antitumorale, regolatore della glicemia e poi facilitano l’espulsione di metalli pesanti e prevengono i calcoli renali e l’osteoporosi. Un po’ nemesi dei fitati sono gli acidi ossalici e bicarbossilici che vanno a legare il calcio introdotto con l’alimentazione, per esempio l’ossalato di calcio, e formano cristalli insolubili che poi possono precipitare nelle vie urinarie e dar luogo a lesioni o raggrumarsi in renella e calcoli renali. Gli ossalati si trovano in cioccolata, nocciole, bevande gassate, succhi di frutta, tè, cavoli, piselli, asparagi, spinaci e rabarbaro. Sarà una buona idea non esagerare col consumo di questi alimenti, bere molta acqua e fare attenzione che l’apporto di calcio tramite l’alimentazione sia corretto. Nel vino, nel tè e in alcuni frutti, come il melograno e il cachi, troviamo i tannini. Si tratta di composti fenolici antiossidanti, quindi utili e virtuosi, basti pensare che gli sono riconosciute proprietà antitumorali e di rafforzamento del sistema immunitario: però diminuiscono leggermente l’assorbimento del ferro, dello zinco e delle vitamine. Un escamotage è quello di aumentare queste quote per sopperire la perdita e, naturalmente, non eccedere nel consumo di alimenti e bevande che li contengono.Antinutrienti sono anche gli inibitori delle proteasi: i legumi contengono inibitori di tripsina, importantissimo enzima digestivo che ci serve a digerire le proteine. Possono contenere anche lectina, anch’essa capace di ridurre l’attività di tripsina e di chimotripsina. Allo stesso tempo, sembra che questi inibitori abbiano potenzialità preventiva nel cancro gastro-intestinale, quindi resta utile il consiglio di non esagerare coi legumi.
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