2025-07-02
Sì del Senato alla legge di bilancio. Trump minaccia di espellere Musk
Il Big beautiful bill tornerà alla Camera. Cresce la tensione fra Elon Musk, contrario alla misura, e il presidente che attacca: «Senza sussidi governativi, dovrebbe chiudere bottega. Cacciarlo? Darò un’occhiata...».Sono tornate ad addensarsi le nubi sul rapporto tra Donald Trump ed Elon Musk. Negli ultimi giorni, l’ad di Spacex è infatti tornato alla carica contro la legge di spesa, notoriamente appoggiata dal presidente americano: un provvedimento che è stato approvato ieri al Senato e che dovrà adesso tornare alla Camera per l’ok definitivo. Decisivo il voto del vicepresidente J. D. Vance per sbloccare il pareggio 50-50 dovuto al voto contrario di tre di tre repubblicani. In particolare, il magnate ha bollato il disegno di legge come «completamente folle e distruttivo». «L’ultima proposta di legge del Senato distruggerà milioni di posti di lavoro in America e causerà un immenso danno strategico al nostro Paese!», ha proseguito, sostenendo che il provvedimento appesantirebbe in modo eccessivo il debito statunitense. Non solo. Musk ha anche ripreso a ventilare la possibilità di creare un nuovo partito. «È ora di un nuovo partito politico che si preoccupi davvero della gente», ha dichiarato, mostrando inoltre sostegno a quei parlamentari repubblicani (di area libertarian) che si sono opposti alla legge di spesa, come il senatore Rand Paul e il deputato Thomas Massie.Neanche a dirlo, le esternazioni dell’ad di Tesla hanno innescato la dura reazione di Trump. «Elon Musk sapeva, molto prima di appoggiarmi con tanta forza alle elezioni presidenziali, che ero fermamente contrario all’obbligo sui veicoli elettrici. È ridicolo, ed è sempre stato un punto cardine della mia campagna. Le auto elettriche vanno bene, ma non tutti dovrebbero essere obbligati a possederne una», ha dichiarato su Truth, per poi aggiungere: «Elon potrebbe ricevere più sussidi di qualsiasi altro essere umano nella storia, di gran lunga, e senza sussidi, Elon dovrebbe probabilmente chiudere bottega e tornare a casa in Sudafrica. Niente più lanci di razzi, satelliti o produzione di auto elettriche: il nostro Paese risparmierebbe una fortuna. Forse dovremmo chiedere al Doge di analizzare attentamente la questione?». «Potremmo dover mettere il Doge su Elon. Sapete cos’è il Doge? Il Doge è il mostro che potrebbe dover tornare indietro e mangiarsi Elon», ha rincarato la dose ieri. Non solo. Quando gli è stato chiesto se abbia intenzione di espellere il magnate sudafricano, Trump ha replicato: «Non lo so, dovremo dare un’occhiata». Non soddisfatto, il presidente è anche andato all’attacco delle auto elettriche. «Chi vuole le auto elettriche? Non voglio un’auto elettrica. C’è un problema con l’auto elettrica: esplode», ha dichiarato ieri, mentre le azioni di Tesla crollavano del 6% all’apertura della Borsa e il patrimonio netto dello stesso Musk diminuiva, secondo Forbes, di 12 miliardi di dollari.Insomma, il rapporto tra Trump e il magnate è tornato a incrinarsi. Già a giugno i due avevano litigato. E, anche allora, il casus belli era stato rappresentato dalla legge di spesa, voluta dal presidente americano. L’ad di Tesla l’aveva ferocemente criticata, aprendo all’ipotesi di fondare un nuovo partito e di appoggiare un impeachment contro Trump. Aveva addirittura affermato, senza prove, che il nome dell’attuale inquilino della Casa Bianca comparisse nei file di Jeffrey Epstein. Il presidente americano aveva replicato a muso duro, minacciando di revocare i contratti di Spacex con il governo degli Stati Uniti. I due si erano alla fine riappacificati a seguito di un lavoro «diplomatico», portato avanti da alcuni parlamentari repubblicani e, soprattutto, dal finanziere Bill Ackman.Ma da che cosa nascono i problemi tra Trump e Musk? Alla base non si registrano soltanto i singoli dossier dell’auto elettrica o del debito statunitense. A emergere sono in realtà dei nodi strutturali. Musk appare ideologicamente più vicino a Javier Milei: è un fautore dello Stato minimo ed è contrario al protezionismo in ambito commerciale. Dal canto suo Trump, pur essendo favorevole a tagliare alcuni capitoli di spesa pubblica, non è un sostenitore del minarchismo, anche perché con una simile filosofia economica avrebbe probabilmente dei problemi a gestire l’impero americano. E proprio le esigenze di questo impero potrebbero sciogliere il nodo delle divergenze tra i due litiganti, come già accaduto la volta scorsa. Musk sa bene di non poter rinunciare agli appalti che vanta con gli apparati governativi statunitensi. A sua volta, il Pentagono non può fare a meno della tecnologia del magnate nell’ottica di una competizione, quella con la Cina, che lo stesso Trump ha posto in cima alla sua agenda politica. Insomma, al di là delle controversie ideologiche e caratteriali, è improbabile che il rapporto tra i due litiganti possa deragliare irreparabilmente. Settori importanti dell’establishment economico e degli apparati di sicurezza nazionale puntano infatti a evitare che ciò possa accadere proprio a tutela degli interessi geopolitici e geostrategici degli Stati Uniti. D’altronde, la stessa conversione di Musk al trumpismo è avvenuta, l’anno scorso, nel contesto di un più generale riposizionamento politico degli apparati della Difesa che erano rimasti delusi dall’amministrazione Biden.
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