2020-12-24
L’economista rockstar di sinistra: «Il deficit fa bene allo Stato»
Stephanie Kelton, Bernie Sanders e Joe Biden (Win McNamee/Getty Images)
È uscito anche in Italia il libro di Stephanie Kelton, che ha lavorato con Joe Biden e Bernie Sanders: smentita la tesi secondo cui il disavanzo è il male, a patto di poter emettere moneta. Cosa che l'euro ci impedisce di fare.Se io fossi Giorgia Meloni o Matteo Salvini (ma anche Giancarlo Giorgetti) dedicherei qualche ora, durante la pausa natalizia, alla lettura de Il mito del deficit - La teoria monetaria moderna per un'economia al servizio del popolo (Fazi), il libro appena uscito in Italia e scritto dall'economista americana Stephanie Kelton. Credo che potrebbe essere più interessante delle ultime dichiarazioni di Matteo Renzi o di Dario Franceschini, degli intrallazzi di sottogoverno e persino delle trattative per il futuro candidato sindaco di Roma. Il saggio, infatti, con linguaggio scorrevole e esempi illuminanti, abbatte tutti i luoghi comuni del pensiero economico mainstream, quello secondo cui lo Stato deve gestire il proprio bilancio come una famiglia, e perciò prima di spendere bisogna tassare, e il disavanzo è il male assoluto e il debito pubblico è una maledizione divina che ricadrà sui nostri figli. Quello che viene proposto è un ribaltamento totale di prospettiva che stravolge tutti questi principi, oggi solennemente declamati a ogni incontro pubblico e a ogni talk show. Una vera e propria rivoluzione copernicana che potrebbe essere la base per un nuovo programma economico, capace di dare slancio e prospettiva a una proposta di governo che sia davvero di cambiamento.Ciò che rende il libro particolarmente interessante (mi perdonerà il professor Alberto Bagnai, che da tempo predica queste verità) è che a scriverlo sia quella che viene definita la «rockstar dell'economia progressista», già consigliere di Bernie Sanders e di Joe Biden. La Kelton, docente di economia politica alla State university di New York, è stata inclusa da Bloomberg Businessweek tra i pensatori più influenti al mondo, ed è autrice di articoli sul Financial Times, sul New York Times e sul Washington Post. Nel suo ultimo libro, come ha scritto The Guardian, smonta il «pantheon degli dei economici», e prepara un nuovo modello che sarà essenziale per il mondo post Covid. Un mondo dove, finalmente, si potrà smettere di dire che lo Stato deve essere amministrato come un'azienda o come una famiglia. Anche perché, come è noto, né le aziende né le famiglie emettono il denaro che spendono. Lo Stato, invece, normalmente sì. Ed è per questo che, normalmente, lo Stato non può mai andare in bancarotta.Ovviamente tutto ciò vale soltanto se lo Stato non rinuncia al potere di emettere moneta, come hanno invece fatto i Paesi entrati nell'euro, fra cui (Dio ci perdoni) l'Italia. Che ciò sia stato un crimine è evidente. Infatti chi ha firmato quell'accordo non poteva non conoscere questa semplice verità: chi ha sovranità monetaria non può fallire, chi perde sovranità invece sì. E infatti noi che abbiamo perso sovranità monetaria ci troviamo «nelle stesse condizioni di quelle economie emergenti che sono costrette a contrarre prestiti in valuta estera». E dunque rischiamo l'insolvenza, come spiega la medesima Kelton nella prefazione all'edizione italiana del suo libro. La folle costruzione dell'euro «ha reciso il legame fondamentale» tra l'autorità monetaria e quella politica, confinandoci in un «limbo» che non possiamo più permetterci, «soprattutto in un momento così drammatico». Ma, nonostante i limiti della nostra moneta assassina, la rivoluzione copernicana dà indicazioni utili anche per la zona euro. Per esempio: tutti i Paesi Ue hanno già annunciato la loro intenzione di ridurre i deficit con i bilanci del prossimo anno. Che cosa si nasconde dietro questi annunci? Semplice: l'idea che la politica espansiva della Bce non possa durare a lungo. Che presto l'ombrello si chiuderà. Ma perché? La vera domanda da farsi non è quando l'ombrello della Bce si chiuderà. La vera domanda da farsi è perché l'ombrello della Bce non si sia aperto prima. Anche durante la crisi post 2008, quando invece la Banca centrale non intervenne, lasciando che i mercati finanziari colpissero i Paesi in difficoltà, come «i gruppi paramilitari che vengono autorizzati al pestaggio sotto lo sguardo della polizia» (Adam Tooze). Ora più che mai ridurre il deficit sarebbe sbagliato. Anche solo pensarlo. Anche solo cominciare a pensarlo. Eppure siamo già sommersi dalla retorica del deficit. E, di conseguenza, dalla retorica del debito. Il debito che dobbiamo ripagare. Il debito che ricadrà sui nostri figli. Il debito che ricadrà sui nostri nipoti. Il debito che esplode. Allarme debito. In realtà dovremmo considerare il debito un «patrimonio nazionale», come diceva Alexander Hamilton, perché tutte le volte che il debito è stato ridotto o addirittura cancellato (successe nel 1835 negli Stati Uniti), è cominciata la recessione. Il debito, per un Paese che stampa moneta, non è mai un problema. E per i cittadini è addirittura un'opportunità. La controprova è nel gioco che la Kelton ama fare durante i suoi incontri. Prima domanda: se aveste la bacchetta magica sareste d'accordo a cancellare i debiti pubblici dello Stato? Tutti ovviamente rispondono di sì. Seconda domanda: e sareste d'accordo anche a cancellare tutti i titoli di debito pubblico dello Stato? Tutti, ovviamente, rispondono di no.Uscire dalla retorica del debito. Smettere di pensare che i contribuenti devono finanziare lo Stato perché in realtà è lo Stato che finanzia i contribuenti, nel momento in cui stampa moneta. Smettere di considerare il bilancio dello Stato come il bilancio di una famiglia. E se si pensa al deficit, pensare prima di tutto ai veri deficit che ci affliggono: quello occupazionale, quello sanitario, quello educativo, quello delle infrastrutture, tutti assai più drammatici di quello finanziario. Ecco un bel modo per porre le basi di un programma economico capace di portarci fuori dalla crisi. Un programma di destra? O di sinistra? Non lo so. Ma sicuramente un programma nuovo. Che va oltre gli schemi usati sin qui. E la Kelton è quanto mai convincente quando ricorda che mentre nel campo della tecnologia o della scienza nessuno oggi sognerebbe di applicare teorie degli anni Settanta, in economia invece siamo ancora legati a paradigmi vecchi di decenni. Come se questi paradigmi non avessero già dimostrato a sufficienza di essere un flop.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.