2020-08-15
Le visite in azienda e le cene chic. I legami tra Renzi e «Mr Vaccino»
La fondazione dell'ex premier ha incassato 160.000 euro dall'imprenditore che sta brevettando l'antidoto per il Covid.Ma quando Matteo Renzi esterna lo fa per convinzione o per far contento il proprio commercialista? A rendere non troppo peregrino il quesito è l'ultima uscita dell'ex premier sull'antidoto contro il coronavirus: «Siamo stati chiusi in casa per mesi e se arriva il vaccino lasciamo libertà di scelta? Non scherziamo!» ha protestato lanciando la petizione sull'obbligatorietà del rimedio. Sarà certamente una coincidenza che il primo in Italia ad annunciare la creazione di un farmaco contro il virus sia stato l'imprenditore campano Pietro Di Lorenzo (ma lui si fa chiamare Piero) con la sua Irbm Spa, in sinergia con l'università di Oxford. Meno casuali sono state probabilmente la visita di Renzi all'azienda di Di Lorenzo e i finanziamenti dello stesso alla fondazione dell'ex premier, Open, all'epoca presieduta dall'avvocato Alberto Bianchi, oggi indagato dalla Procura di Firenze per finanziamento illecito e traffico di influenze. Erogazioni che ammontano complessivamente a 160.000 euro spalmati su quattro anni, senza contare altri 20.000 euro probabilmente inviati al Comitato per il sì al referendum. Su quelle e altre donazioni indagano da oltre un anno gli inquirenti del capoluogo toscano.Il 2 marzo 2016 l'allora premier Renzi visitò con uno stuolo di giornalisti al seguito la Irbm e su Twitter cinguettò: «A Pomezia nel laboratorio che ha isolato il virus Ebola. La ricerca è un punto centrale dell'Italia che riparte». Su Youtube si trova ancora la videocronaca di quella giornata «nel centro di eccellenza nel campo della ricerca biologico-molecolare, che ha isolato il virus Ebola», a cui partecipò anche il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.Il filmato, in perfetto stile istituto Luce, mostra l'arrivo in azienda del premier, che si rivolge così al suo benefattore: «Eccolo Piero. Andiamo». Nelle immagini il senatore semplice di Scandicci «intervista» Di Lorenzo (a cui dà del tu) sulla sua attività e, nell'occasione, l'imprenditore ci tiene a precisare che «“Zingaretti forever" ci sta dando una mano enorme». Dal palco Di Lorenzo spiega che avere lì Renzi è «un grande onore» e «un'iniezione di motivazione». Poi aggiunge: «Il fatto che le istituzioni ci stiano vicine per noi è un grande conforto». E rammenta «il grosso supporto» ricevuto dal ministero dell'Università e della ricerca e dalla Regione Lazio. Poi ringrazia per «le cene serali di Bruxelles». A questo punto, colpo di teatro, tira fuori i permessi di quando era sindacalista della Cgil e venne incaricato, lui laureato in giurisprudenza e specializzato in diritto del lavoro, di andare a spiegare l'articolo 18 alla scuola della Cgil. Un aneddoto che consente a Di Lorenzo di definire «al di sopra di ogni sospetto» la sviolinata che sta per fare all'illustre ospite: «Il jobs act è stata non una manna dal cielo, di più» esclama. Poi chiede a Renzi di portare i critici del provvedimento al suo cospetto, davanti a chi è passato da co.co.co a dipendente a tempo indeterminato. Quindi, «essendo sufficientemente pazzoide per dire tutto quello che penso», rivolto al capo del governo, pronuncia uno spiazzante: «Grazie per quello che sta facendo. E se dico grazie, un grazie motivato, è un grazie vero». A quel punto sale sul palco Renzi che, in versione addetto stampa, fa sapere ai giornalisti presenti in sala che l'Irbm «è un qualcosa di cui dovremmo parlare di più» essendo «una struttura di cui noi vogliamo sentirci orgogliosi come Italia».Sottolinea il lavoro fatto dall'azienda contro il virus Ebola: «Lo vorrei dire alle televisioni, alle radio, ai giornali: qui si è isolato il virus». Il presidente del Consiglio indossa i panni del testimonial e racconta che nel 2009, quando i precedenti proprietari avevano deciso di dismettere il laboratorio di Pomezia, «partono i pazzi che decidono di investire» nell'attuale Irbm. Il presidente del Consiglio tesse le lodi della «famiglia che ci crede», ricorda i 50 assunti con il jobs act e le «persone di straordinaria qualità che ci rendono orgogliosi di essere italiani». Sul suo sito personale Di Lorenzo dà conto di quella meravigliosa giornata, ma non del fatto che, attraverso famigliari e aziende, abbia donato a Open 25.000 euro il 2 dicembre 2014, altri 25.000 il 23 settembre 2015, 30.000 il 14 ottobre 2016, 30.000 il 31 marzo 2017, altri 30.000 il 9 maggio dello stesso anno e altri 20.000 il 16 giugno successivo. Pochi giorni prima dell'incontro a Pomezia, il 15 gennaio 2016, la fondazione Open aveva chiamato a raccolta i suoi finanziatori più generosi e aveva offerto loro una cena all'Harry's bar di Firenze. Una serata per cui la fondazione ha pagato 1.610 euro. «La cena conviviale con contributori», come viene definita dagli stessi organizzatori, è stata scoperta dagli investigatori della Guardia di finanza perché lo stesso Bianchi aveva inviato al commercialista Massimo Spadoni «la piantina del tavolo con l'indicazione dei partecipanti». I militari annotano: «Tra essi sono indicati come presenti, oltre a Carrai Marco, Lotti Luca, Boschi Maria Elena, Bianchi Alberto, anche i “contributori" Onorato Vincenzo, Savarese Lorenzo, Palermo Luca, Naldi Roberto, Fresco Paolo, Bassilichi Marco, Ansalone Gianluca, Bartolozzi Roberto, Maestrelli Riccardo, Maggioni Giovanni, Pertosa Vito, Carbone Ernesto, Maretto Roberto, Bassilichi Leonardo, Garavoglia Luca, Scordamaglia Luigi, Di Lorenzo Pietro, Carrai Stefano, Pizzarotti Michele». Alcuni di quegli invitati, tra cui Di Lorenzo, hanno poi ricevuto la sgradita visita della Guardia di finanza che li ha sottoposti a perquisizione per approfondire i loro rapporti con Bianchi e la fondazione. La casa romana, gli uffici e le auto di Di Lorenzo sono stati controllati e nelle memorie dei dispositivi elettronici da lui utilizzati sono state ordinate ricerche mediante parole chiave.Dalla sua pagina internettiana apprendiamo che Pietro Di Lorenzo, oltre a non essere uno scienziato, ma un giuslavorista, è anche un esperto di comunicazione, già coordinatore di master universitari e consulente per le relazioni esterne e i rapporti istituzionali di enti pubblici e privati.Nella sua pagina sono pubblicati, tradotti in inglese, tutti gli articoli che lo riguardano compresi quelli dei giornali locali. Grazie alla rassegna stampa scopriamo anche che Di Lorenzo, insieme con il giornalista Mino Fuccillo, qualche anno fa, ha scritto un libro intitolato «Lezioni di lobby», propedeutico a una regolamentazione del settore e al lancio dell'albo dei lobbisti: «È il primo passo per distinguere i veri professionisti dai trafficoni. All'estero lo hanno già fatto, perché noi no?» si infervorò Di Lorenzo il giorno della presentazione del tomo. In sala ad applaudirlo c'era anche Claudio Velardi, il lobbista prima dalemiano e poi renziano. Le cronache successive dimostrano che in quella materia Di Lorenzo è diventato un vero professore.
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)
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