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2021-04-23
Le Regioni fanno da sponda a Salvini. Fan delle serrate costretti a trattare
Matteo Salvini (Ansa)
Lo storytelling immaginato dagli anti-Salvini, diremmo dai «salvinofobi» in servizio permanente effettivo, era fin troppo chiaro: il leader leghista descritto come una specie di piromane, in una mano un fiammifero e nell'altra una tanica di benzina, pronto a destabilizzare e minacciare il governo. E tuttavia - ecco la «narrazione» che era stata preparata l'altra sera - un Salvini sostanzialmente isolato, laterale, non in grado di dar seguito alle sue richieste. Sono bastate poche ore per smontare questa versione delle cose. E non solo perché plurime rilevazioni attestano che una quota significativa dell'opinione pubblica italiana non apprezza le restrizioni e il coprifuoco, ma perché - a ben vedere - le stesse richieste di Salvini vengono dalle Regioni, che non si sono fatte ridurre al silenzio dalle decisioni del governo di trentasei ore fa. Il primo a farsi vivo, ieri sul Corriere, è stato Luca Zaia. Duro sul metodo: «Le linee guida sono state presentate all'unanimità dalle regioni, di destra e di sinistra».
E chiarissimo nel merito, in particolare sui rischi per il turismo: «Chi viene in Italia se sa che c'è il coprifuoco? E ancora: non ci sono certezze sulle quarantene e gli obblighi a carico dei turisti. Se il mondo pensa che qui sia tutto chiuso, andrà in Grecia». A rincarare la dose ha provveduto ieri il presidente della Conferenza delle regioni, Massimiliano Fedriga, che ha sollevato due temi distinti. Per un verso il coprifuoco (le regioni chiedevano lo slittamento alle 23, come minimo segno di attenzione per la ristorazione), e per altro verso la scuola, questione su cui il governo ha elevato la didattica in presenza al 70% (contro il 60% fissato nel precedente accordo con le regioni). E Fedriga ha reagito con nettezza: «Aver cambiato un accordo siglato con Conferenza delle regioni, Anci e Upi è un precedente molto grave che non credo ci sia mai stato. Gli accordi si possono cambiare ma riconvocando chi quegli accordi li ha presi. Si è incrinata la leale collaborazione tra stato e regioni». Anche a RadioRai Fedriga ha insistito: «Si rischia un cortocircuito tra le istituzioni in un momento in cui serve coerenza». E del resto, se il Cdm se l'è sentita di cambiare l'intesa con le regioni, non si capisce perché invece sia stato rigidissimo (tornando alle richieste di Salvini) nel non voler modificare l'accordo su orari e calendari ipotizzato la settimana prima in cabina di regia. A meno di ritenere che Draghi e i suoi consiglieri credano a uno sproposito giuridico e politico: e cioè che il Cdm sia un mero luogo di ratifica delle intese informali avvenute nella cabina di regia (che, istituzionalmente parlando, non si sa cosa sia e cosa rappresenti).
Sta di fatto che Fedriga ha riconvocato i suoi colleghi governatori, e tutti insieme hanno scritto a Draghi ribadendo le richieste (su coprifuoco e scuola) e chiedendo un nuovo incontro prima della pubblicazione del decreto. In termini politici, Fedriga si è anche detto convinto (il che appare ragionevole a molti osservatori) che «nelle prossime settimane ci possa essere una revisione di questo decreto». Anche per Emiliano, governatore dem della Puglia, il coprifuoco alle 22, a luglio, «è una cosa senza senso che rischia di distruggere il nostro turismo».
Pressato dall'iniziativa dei governatori, il governo ha accusato il colpo. Mariastella Gelmini, che destando notevole sconcerto aveva nei giorni scorsi difeso il coprifuoco alle 22 depotenziando la spinta del centrodestra per modificarlo, ieri a Telelombardia ha cercato di tendere la mano: «Il fatto che nel testo del decreto non sia stato riprogrammato il coprifuoco, non significa che durerà fino al 31 luglio. Questa è una lettura distorta del provvedimento». E ancora: «Sono assolutamente certa che presto il coprifuoco sarà solo un brutto ricordo. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Cdm potrà intervenire nelle prossime settimane, con tagliandi periodici al dl, modificando sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco». Si tratta tuttavia di una toppa che non copre il buco. Se tutti sono convinti che la norma sul coprifuoco salterà o sarà modificata, l'impuntatura dell'altra sera - di tutta evidenza - è stata solo un modo per non darla vinta a Salvini. Ma è serio un governo che tiene sequestrati gli italiani per non dare partita vinta a uno dei partiti che lo sostiene? La Gelmini ha cercato di attenuare lo scontro pure sulla scuola: «Il presidente Draghi ha chiesto di fare uno sforzo ulteriore (ndr: rispetto al 60%). Nel decreto ci sarà scritto 70%: ma non metteremo a rischio nessuno. Se non sarà possibile assicurare queste quote, regioni ed enti locali potranno derogare». In serata fonti governative hanno ipotizzato il rientro in classe da lunedì di uno studente su due: «Regioni ed enti locali possono derogare al massimo al 50%, mai al di sotto». In mancanza di certezze, sembra di essere tornati ai metodi del Conte due: balletti di cifre, ipotesi, interpretazioni. Su questo tema, pensando al nuovo anno scolastico, si sono espressi anche i presidi, attraverso Antonello Giannelli, presidente della loro associazione «Se a settembre si vorrà tornare con tutti gli studenti, si dovrà abolire il limite del metro per il distanziamento». Resta tuttavia un mistero doloroso: considerando che la prima chiusura delle scuole è avvenuta a fine febbraio del 2020, possibile che14 mesi dopo si sia ancora al punto di partenza? Ah già, nel frattempo però il governo Conte si era occupato dei banchi a rotelle…
«Mi incateno contro il coprifuoco»
Dal coprifuoco all'ammazzacuoco ci corre un giro d'orologio. Tra le 22 e 23 passa il confine tra la vita e la morte per migliaia di imprese: dai bar ai parchi di divertimento, dagli alberghi ai teatri. Tutti contro il governo Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza che da queste categorie economiche è già stato ampiamente sfiduciato. E la tensione sale. Ci sono cuoche come Susanna Del Cipolla che cercano di ridere per non piangere e da Lucignano, borgo d'incanto dell'aretino, posta: «Neanche a Cenerentola è stata fatta una tale carognata: lei poteva tornare a mezzanotte». Su tutte le furie è una vera signora del teatro italiano, Lina Sastri: «Felice che i teatri possano riaprire? Ma come fanno a riaprire, con il coprifuoco? Chi lavora non può andare a vedere uno spettacolo nel pomeriggio e la sera non si farebbe in tempo a rientrare a casa, specie nelle grandi città; nelle arene, nei teatri antichi, negli spazi all'aperto, è difficile organizzare una recita con il sole che tramonta ben dopo le otto di sera». Le fa eco Gianmarco Mazzi, amministratore e direttore artistico dell'Arena di Verona: «Il coprifuoco alle 22 come stabilito dal governo è una sentenza di morte per il mondo dello spettacolo dal vivo . È una decisione illogica, abbiano allora il coraggio di dirci che le arene devono rimanere chiuse. Stavolta non rimarremo in silenzio. Se sarà necessario, io, il sindaco di Verona e magari anche Il Volo, ci incateneremo, come mi invitava a fare Dario Fo per far valere le proprie ragioni». Poi Mazzi avanza una proposta, condivisa da tutti i gestori dei teatri e anche dai ristoratori: «Il biglietto di un concerto, con data, nominativo, orario di inizio e di fine dell'evento valga come autocertificazione per tornare a casa». È la stessa proposta che avanza Paolo Bianchini, leader del Mio (Movimento imprese ospitalità di Federturismo) che ha animato le proteste dei ristornati a Roma: «Il coprifuoco è un'aberrazione considerando che il Comitato tecnico scientifico non si è affatto pronunciato per queste restrizioni. Bisogna trovare delle soluzioni o il comparto è morto: ad esempio facciamo sì che l'orario della ricevuta fiscale valga da lasciapassare». La ristorazione, i pubblici esercizi sono i più delusi e più colpiti. Il presidente della Fipe Confcommercio, la maggiore organizzazione di settore, Lino Enrico Stopani mette in mora il governo: «Il coprifuoco alle 22 addirittura fino al 31 luglio è scientificamente e socialmente incomprensibile e incoerente con le finalità che si propone: comprime orari e favorisce comportamenti disordinati e opposti. Le chiusure devono essere accompagnate da sostegni equi, come peraltro suggerito dalla stessa Banca d'Italia. Abbiamo già pagato con oltre 22.000 imprese chiuse nel 2020, la perdita di 250.000 posti di lavoro e ingentissimi danni economici». Sta andando in crisi tutta la filiera. La Coldiretti è tornata a chiedere sostegni anche per il comparto agricolo. Il vino, con le chiusure di questi mesi, ha perso dall'inizio dell'anno un altro miliardo di fatturato. Chi teme un danno a lento rilascio è il comparto turistico. Il vicepresidente vicario di Federalberghi, Nicola Ferruggio, dalla Sicilia nota: «Proporre una stagione estiva a mezzo regime ci pone battuti in partenza rispetto ad altre mete estive che garantiscono aperture no limits, come molte destinazioni nel Mediterraneo». Durissima la protesta dell'Associazione Parchi Permanenti Italiani. Il presidente Giuseppe Ira imputa a Mario Draghi un'inaccettabile disparità di trattamento: «Posticipare l'apertura al primo luglio non ha senso né è corroborata da prove scientifiche. I nostri parchi sono tutti all'aperto: riaprono i giardini pubblici, ma non noi; riaprono le piscine, ma non i parchi acquatici. Ci appelliamo anche al ministro del Turismo Massimo Garavaglia. Nel 2020 il 20% dei parchi ha rinunciato all'apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Ora può darsi che non riapra più». C'è davvero un clima da coprifuoco.
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Appoggio trasversale alla Lega dai governatori, contrari al rientro alle 22. Michele Emiliano (Pd): «Turismo a rischio». Duro Massimiliano Fedriga sulla scuola: «Accordo cambiato senza dircelo. Incrinata la leale collaborazione con il governo».Il direttore dell'Arena di Verona: «Mantenere la restrizione è una condanna a morte». Esercenti, teatri e parchi tematici si appellano a Mario Draghi e Massimo Garavaglia per poter riaprire.Lo speciale contiene due articoli.Lo storytelling immaginato dagli anti-Salvini, diremmo dai «salvinofobi» in servizio permanente effettivo, era fin troppo chiaro: il leader leghista descritto come una specie di piromane, in una mano un fiammifero e nell'altra una tanica di benzina, pronto a destabilizzare e minacciare il governo. E tuttavia - ecco la «narrazione» che era stata preparata l'altra sera - un Salvini sostanzialmente isolato, laterale, non in grado di dar seguito alle sue richieste. Sono bastate poche ore per smontare questa versione delle cose. E non solo perché plurime rilevazioni attestano che una quota significativa dell'opinione pubblica italiana non apprezza le restrizioni e il coprifuoco, ma perché - a ben vedere - le stesse richieste di Salvini vengono dalle Regioni, che non si sono fatte ridurre al silenzio dalle decisioni del governo di trentasei ore fa. Il primo a farsi vivo, ieri sul Corriere, è stato Luca Zaia. Duro sul metodo: «Le linee guida sono state presentate all'unanimità dalle regioni, di destra e di sinistra». E chiarissimo nel merito, in particolare sui rischi per il turismo: «Chi viene in Italia se sa che c'è il coprifuoco? E ancora: non ci sono certezze sulle quarantene e gli obblighi a carico dei turisti. Se il mondo pensa che qui sia tutto chiuso, andrà in Grecia». A rincarare la dose ha provveduto ieri il presidente della Conferenza delle regioni, Massimiliano Fedriga, che ha sollevato due temi distinti. Per un verso il coprifuoco (le regioni chiedevano lo slittamento alle 23, come minimo segno di attenzione per la ristorazione), e per altro verso la scuola, questione su cui il governo ha elevato la didattica in presenza al 70% (contro il 60% fissato nel precedente accordo con le regioni). E Fedriga ha reagito con nettezza: «Aver cambiato un accordo siglato con Conferenza delle regioni, Anci e Upi è un precedente molto grave che non credo ci sia mai stato. Gli accordi si possono cambiare ma riconvocando chi quegli accordi li ha presi. Si è incrinata la leale collaborazione tra stato e regioni». Anche a RadioRai Fedriga ha insistito: «Si rischia un cortocircuito tra le istituzioni in un momento in cui serve coerenza». E del resto, se il Cdm se l'è sentita di cambiare l'intesa con le regioni, non si capisce perché invece sia stato rigidissimo (tornando alle richieste di Salvini) nel non voler modificare l'accordo su orari e calendari ipotizzato la settimana prima in cabina di regia. A meno di ritenere che Draghi e i suoi consiglieri credano a uno sproposito giuridico e politico: e cioè che il Cdm sia un mero luogo di ratifica delle intese informali avvenute nella cabina di regia (che, istituzionalmente parlando, non si sa cosa sia e cosa rappresenti). Sta di fatto che Fedriga ha riconvocato i suoi colleghi governatori, e tutti insieme hanno scritto a Draghi ribadendo le richieste (su coprifuoco e scuola) e chiedendo un nuovo incontro prima della pubblicazione del decreto. In termini politici, Fedriga si è anche detto convinto (il che appare ragionevole a molti osservatori) che «nelle prossime settimane ci possa essere una revisione di questo decreto». Anche per Emiliano, governatore dem della Puglia, il coprifuoco alle 22, a luglio, «è una cosa senza senso che rischia di distruggere il nostro turismo». Pressato dall'iniziativa dei governatori, il governo ha accusato il colpo. Mariastella Gelmini, che destando notevole sconcerto aveva nei giorni scorsi difeso il coprifuoco alle 22 depotenziando la spinta del centrodestra per modificarlo, ieri a Telelombardia ha cercato di tendere la mano: «Il fatto che nel testo del decreto non sia stato riprogrammato il coprifuoco, non significa che durerà fino al 31 luglio. Questa è una lettura distorta del provvedimento». E ancora: «Sono assolutamente certa che presto il coprifuoco sarà solo un brutto ricordo. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Cdm potrà intervenire nelle prossime settimane, con tagliandi periodici al dl, modificando sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco». Si tratta tuttavia di una toppa che non copre il buco. Se tutti sono convinti che la norma sul coprifuoco salterà o sarà modificata, l'impuntatura dell'altra sera - di tutta evidenza - è stata solo un modo per non darla vinta a Salvini. Ma è serio un governo che tiene sequestrati gli italiani per non dare partita vinta a uno dei partiti che lo sostiene? La Gelmini ha cercato di attenuare lo scontro pure sulla scuola: «Il presidente Draghi ha chiesto di fare uno sforzo ulteriore (ndr: rispetto al 60%). Nel decreto ci sarà scritto 70%: ma non metteremo a rischio nessuno. Se non sarà possibile assicurare queste quote, regioni ed enti locali potranno derogare». In serata fonti governative hanno ipotizzato il rientro in classe da lunedì di uno studente su due: «Regioni ed enti locali possono derogare al massimo al 50%, mai al di sotto». In mancanza di certezze, sembra di essere tornati ai metodi del Conte due: balletti di cifre, ipotesi, interpretazioni. Su questo tema, pensando al nuovo anno scolastico, si sono espressi anche i presidi, attraverso Antonello Giannelli, presidente della loro associazione «Se a settembre si vorrà tornare con tutti gli studenti, si dovrà abolire il limite del metro per il distanziamento». 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Tutti contro il governo Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza che da queste categorie economiche è già stato ampiamente sfiduciato. E la tensione sale. Ci sono cuoche come Susanna Del Cipolla che cercano di ridere per non piangere e da Lucignano, borgo d'incanto dell'aretino, posta: «Neanche a Cenerentola è stata fatta una tale carognata: lei poteva tornare a mezzanotte». Su tutte le furie è una vera signora del teatro italiano, Lina Sastri: «Felice che i teatri possano riaprire? Ma come fanno a riaprire, con il coprifuoco? Chi lavora non può andare a vedere uno spettacolo nel pomeriggio e la sera non si farebbe in tempo a rientrare a casa, specie nelle grandi città; nelle arene, nei teatri antichi, negli spazi all'aperto, è difficile organizzare una recita con il sole che tramonta ben dopo le otto di sera». Le fa eco Gianmarco Mazzi, amministratore e direttore artistico dell'Arena di Verona: «Il coprifuoco alle 22 come stabilito dal governo è una sentenza di morte per il mondo dello spettacolo dal vivo . È una decisione illogica, abbiano allora il coraggio di dirci che le arene devono rimanere chiuse. Stavolta non rimarremo in silenzio. Se sarà necessario, io, il sindaco di Verona e magari anche Il Volo, ci incateneremo, come mi invitava a fare Dario Fo per far valere le proprie ragioni». Poi Mazzi avanza una proposta, condivisa da tutti i gestori dei teatri e anche dai ristoratori: «Il biglietto di un concerto, con data, nominativo, orario di inizio e di fine dell'evento valga come autocertificazione per tornare a casa». È la stessa proposta che avanza Paolo Bianchini, leader del Mio (Movimento imprese ospitalità di Federturismo) che ha animato le proteste dei ristornati a Roma: «Il coprifuoco è un'aberrazione considerando che il Comitato tecnico scientifico non si è affatto pronunciato per queste restrizioni. Bisogna trovare delle soluzioni o il comparto è morto: ad esempio facciamo sì che l'orario della ricevuta fiscale valga da lasciapassare». La ristorazione, i pubblici esercizi sono i più delusi e più colpiti. Il presidente della Fipe Confcommercio, la maggiore organizzazione di settore, Lino Enrico Stopani mette in mora il governo: «Il coprifuoco alle 22 addirittura fino al 31 luglio è scientificamente e socialmente incomprensibile e incoerente con le finalità che si propone: comprime orari e favorisce comportamenti disordinati e opposti. Le chiusure devono essere accompagnate da sostegni equi, come peraltro suggerito dalla stessa Banca d'Italia. Abbiamo già pagato con oltre 22.000 imprese chiuse nel 2020, la perdita di 250.000 posti di lavoro e ingentissimi danni economici». Sta andando in crisi tutta la filiera. La Coldiretti è tornata a chiedere sostegni anche per il comparto agricolo. Il vino, con le chiusure di questi mesi, ha perso dall'inizio dell'anno un altro miliardo di fatturato. Chi teme un danno a lento rilascio è il comparto turistico. Il vicepresidente vicario di Federalberghi, Nicola Ferruggio, dalla Sicilia nota: «Proporre una stagione estiva a mezzo regime ci pone battuti in partenza rispetto ad altre mete estive che garantiscono aperture no limits, come molte destinazioni nel Mediterraneo». Durissima la protesta dell'Associazione Parchi Permanenti Italiani. Il presidente Giuseppe Ira imputa a Mario Draghi un'inaccettabile disparità di trattamento: «Posticipare l'apertura al primo luglio non ha senso né è corroborata da prove scientifiche. I nostri parchi sono tutti all'aperto: riaprono i giardini pubblici, ma non noi; riaprono le piscine, ma non i parchi acquatici. Ci appelliamo anche al ministro del Turismo Massimo Garavaglia. Nel 2020 il 20% dei parchi ha rinunciato all'apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Ora può darsi che non riapra più». C'è davvero un clima da coprifuoco.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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