2022-03-06
«Le ragazze amano ancora portare pellicce»
Il presidente Norberto Albertalli e l’ad Elena Salvaneschi di TheOneMilano, in calendario dal 13 al 15 marzo: «Tante giovani modificano e poi sfoggiano quelle ereditate da mamme e nonne. In fiera presenteremo la certificazione furmark che copre tutta la filiera e creeremo un’area per gli artigiani».TheOneMilano, il salone dell’haute à porter, scalda i motori per l’edizione numero 11 (dal 13 al 15 marzo alla Fiera di Milano), organizzata in concomitanza con Micam, Mipel e Homi. Sotto l’hashtag #BetterTogether si riuscono 1.400 espositori. In campo tutte le novità che riguardano la moda femminile e l’accessorio fino alla pelle e alla pellicceria per il prossimo autunno/inverno. TheOneMilano nasce dall’unione di Milanovendemoda e Mifur, nata nel 1996 grazie al presidente (tuttora in carica anche per TheOneMilano) Norberto Albertalli. L’ad, Elena Salvaneschi, e Albertalli, raccontanto le novità alla Verità.«La vera partenza», spiega Salvaneschi, «è negli anni Ottanta quando la grande moda stava per sbocciare. La sinergia nasce nel momento in cui il settore pellicceria ha verificato di avere circuiti di distribuzione che andavano al di là della specializzazione e che i capi in pelo finivano nelle boutique di moda. Da lì la necessità di creare una fiera che avesse anche contenuti fashion. Di fiere di moda era pieno il mondo, non abbiamo perciò ritenuto di dover far nascere un soggetto nuovo. Così abbiamo deciso per quella unione sfociata in TheOneMilano».Le fiere a causa del Covid hanno subito un contraccolpo. Cosa vede nel domani?E.S. «Guerra a parte, fino alla settimana scorsa vedevamo una grande voglia di tornare in presenza. Abbiamo creato la fiera digitale nel 2017, consolidatissima, funzionantissima. Alwaysonshow.com ha con consentito alle aziende di rimanere in contatto con i buyer anche durante la pandemia ma non sostituisce assolutamente l’esperienza fisica. Va bene se si vivono le due cose in parallelo, con una prevalenza del fisico e lasciando il digitale per tutto il resto dell’anno».Tornare sul fisico significa anche affrontare il rischio della mancata mobilità internazionale causa pandemia e conflitto.E.S. «Abbiamo lavorato tutti insieme in modo da fare pressioni sul governo perché risolvesse la problematica dei compratori russi che avevano vaccini non riconosciuti dall’Ema. Il governo aveva sbloccato l’impasse ma ora ci è arrivata addosso la guerra. Abbiamo aziende molto spaventate, perché per la moda il mercato russo è molto importante. Le imprese ci interpellano e questo dimostra che la fiera e l’associazione di categoria che la rappresenta sono un punto di riferimento importante».N.A. «Purtroppo sono stati colpiti dei mercati per noi fondamentali. Già c’era il problema dei trasporti con Far East, Corea e Cina che rappresentano il resto dei nostri mercati importanti. Perdere Russia, Ucraina, Kazakistan e tutta quell’area è un bel contraccolpo. In teoria avrebbero dovuto partecipare 250 buyer dalla Russia e dai territori limitrofi. Ma è sempre più un problema». E i pagamenti?N.A. «Altra tematica da affrontare, è tutto collegato. Si vive ora dopo ora». Quanti marchi parteciperanno?E.S. «Ci saranno 94 brand, provenienti da 11 Paesi, poco più della metà dei tempi pre pandemia. Le aziende sono preoccupate, tante hanno deciso di rinunciare. E poi alcune ci hanno chiamato quando era troppo tardi. La macchina fieristica non si organizza in un giorno». N.A. «Durante le edizioni normali avevamo un 63% di partecipazione internazionale. Ora i numeri sono cambiati e sono tornati più brand italiani».In un momento in cui gli stilisti di fama inneggiano al fur free, c’è ancora un mercato della pelliccia?E.S. «Certamente, anche perché ci sono Paesi che necessitano di questo prodotto che sia di moda o meno. La Cina e la Russia chiedono questo. In Italia, dove facciamo rilevazioni di mercato, in inverno ci sono tante pellicce indossate da ragazze giovani. C’è il fenomeno del restyling o dell’upcyling, la rimessa a modello. Tante ragazze hanno recuperato la pelliccia della mamma o della nonna e se la sono fatta ammodernare. Anche alla prima della Scala c’erano tante signore impellicciate. La presa di distanza degli stilisti, rispettabile senza dubbio, è lontana dal Paese reale che con certe garanzie decide che la pelliccia va bene».N.A. «Il valore della produzione della pellicceria a livello retail, nel 2021, è stata di 727 milioni di euro».E per chi vuole garanzie?E.S. «In fiera presenteremo una certificazione che si chiama “furmark” che copre tutta la filiera produttiva. Cliccando sul Qr code del cartellino si può conoscere tutta la storia del prodotto».Tanti marchi usano pelli provenienti dalla catena alimentare. N.A. «Certamente, anche in caso di animali selvatici. Del castoro si usa tranquillamente anche la carne». Qual è il filo conduttore di TheOneMilano?E.S. «Il concetto di slow fashion. Da quando siamo nati abbiamo inventato la parola haute à porter, haute couture e pret a porter. I nostri espositori rappresentano aziende che non producono su misura ma su commessa. C’è grande attenzione al capo singolo. Per questo i buyer di tutto il mondo sono interessati a vedere dal vero certe lavorazioni, tanto che abbiamo previsto un’area dove gli artigiani, dal pellicciaio al calzolaio, alla merlettaia, al sarto da uomo faranno vedere come si realizza un prodotto. Si punta sulla manifattura, su saperi antichi, che sono alla base del made in Italy».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)