2022-05-19
Giulio Tremonti: «Le mire dell’Ue sulle nostre spiagge vanno spente con Carta e trattati»
Giulio Tremonti (Imagoeconomica)
L’ex ministro dell’Economia: «Contro la Bolkestein basterebbero la Costituzione e l’accordo di Lisbona 2007. Ma si fa finta di nulla in nome del mercatismo che rende la concorrenza un’ideologia. E con il ricatto del Pnrr».Nei giorni in cui la tenuta del governo è minacciata dallo stallo del disegno di legge Concorrenza, bloccato in commissione Industria al Senato dal dicembre scorso, è quasi d’obbligo ascoltare il professor Giulio Tremonti. Già ministro dell’Economia, è stato tra i primi a denunciare i limiti e i pericoli del «mercatismo», un neologismo di cui la stessa Treccani gli attribuisce la paternità, definendolo come la «tendenza economica e politica a conformarsi totalmente alle logiche liberiste del mercato, senza adottare alcuna contromisura protezionistica». Ma questa volta pare proprio che da Bruxelles facciano sul serio, infatti la legge annuale sulla concorrenza è una riforma cosiddetta «abilitante» del Pnrr, senza la quale non riceveremo i pagamenti delle rate semestrali. Per i burocrati di Bruxelles la concorrenza deve esserci anche nell’assegnazione in concessione a favore di soggetti privati delle aree demaniali marittime. Da qui una lunga disputa con Roma, che ha subito una brusca accelerazione, da quando nel 2018 una legge promossa dal ministro Marco Centinaio aveva esteso al 2033 la durata delle concessioni. Subito dopo, con una lettera di messa in mora, la Commissione ha ridotto a carta straccia le norme nazionali, fino ad arrivare nel novembre 2021 a una sentenza del Consiglio di Stato che è stata tranciante: la durata delle concessioni potrà estendersi fino al 31 dicembre 2023, data entro la quale le concessioni balneari devono essere riassegnate tramite gare pubbliche. La pretesa della Commissione trova fondamento giuridico nella ormai famigerata direttiva Bolkestein del 2006 sulla liberalizzazione dei servizi: la fornitura di servizi ad accesso limitato (come gli stabilimenti balneari che sorgono necessariamente su aree demaniali) deve essere preceduta da una gara, non sono tollerate posizioni di monopolio. Ma, come spesso accade, il diritto comunitario genera figli e figliastri, con l’Italia spesso in quest’ultimo ruolo.Cosa succede professore? Il governo riuscirà finalmente a imporre il rispetto della Bolkestein?«Questa estate Palazzo Chigi sembra vagare tra “Coccia de Morto” e “Ultima spiaggia”. Questa dell’ultima spiaggia non è tanto una ironia sul futuro della compagine governativa, quanto la base per una riflessione sulla direttiva Bolkestein. In effetti in questi anni molto è stato fatto e detto e giudicato sulla Bolkestein ma - credo - riservando non sufficiente considerazione a un elemento essenziale: l’elemento costituzionale. E infatti tutti gli elementi e argomenti sinora sviluppati sono stati “Bolkestein su Bolkestein”: quale ne fosse la ragione quale il campo proprio di applicazione, quale il suo grado di precisione, eccetera».Invece quale dovrebbe essere la linea d’attacco di chi la osteggia?«Per contro non è stata riservata sufficiente considerazione a un dato essenziale: la Bolkestein è del 2006, il Trattato di Lisbona è non solo successivo (2007), ma superiore per forza giuridica. In specie nel Trattato è disposto quanto segue: “L’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri e la loro identità nazionale, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compresa il sistema delle autonomie locali e regionali”. Questo disposto è perfettamente allineato con i principi costitutivi originari e propri dell’ordinamento europeo, a partire dal Trattato di Roma del 1957. Un Trattato per cui gli Stati devolvevano a Bruxelles quanto necessario per integrare il Mec, ma espressamente si riservano tutte le altre competenze e in specie le competenze sovrane. È stata in questa logica la riserva statale espressa in materia di imposizione diretta. Questo - no taxation without representation - il nucleo democratico della sovranità statale. Il senso politico dell’insieme si trova nella frase allora formulata dal cancelliere Adenauer: “Che la foresta non sia tanto fitta da impedire la visione dell’albero”».Insomma, il diritto europeo ha tracimato dall’alveo originario, travolgendo le competenze nazionali. Quali le cause e quali i rimedi?«È vero, in specie, che la globalizzazione ha poi portato a una quasi illimitata estensione dell’ideologia del mercato. È vero che, in questi termini, la Bolkestein sublima l’ideologia mercatista concentrandola nella formula della concorrenza, ma restano tuttavia insuperabili i principi costituzionali contenuti nel Trattato e nella Costituzione. Tra l’altro va notato che l’art. 117, primo comma, prevede la concorrenza come competenza esclusiva dello Stato. In questi termini un precedente fortemente indicativo è comunque quello costituito dalla sentenza della Corte costituzionale spagnola (numero 223 del 2015). Una sentenza che, in Spagna, ha escluso l’applicazione della Bolkestein alle concessioni demaniali».Esistono spazi di manovra simili anche in Italia?«Lo stesso dictum può - deve - essere riferito al caso dell’Italia. Nella nostra Costituzione la materia demaniale è infatti regolata nella parte prima e non può essere bypassata da una normativa come quella contenuta nella direttiva. Una direttiva il cui campo di applicazione trova un limite - si ripete - nel combinato disposto del Trattato europeo e della Costituzione italiana. Tutta la giurisprudenza sinora sviluppata sulla Bolkestein è stata sviluppata dal lato del “mercato” ma non può superare gli elementi erariali e demaniali che, per Costituzione, sono centrali nella struttura dello Stato».Nel Pnrr si legge che «la tutela e la promozione della concorrenza sono fattori essenziali per favorire l’efficienza e la crescita economica e per garantire la ripresa dopo la pandemia. Possono anche contribuire a una maggiore giustizia sociale. La concorrenza è idonea ad abbassare i prezzi e ad aumentare la qualità dei beni e dei servizi». Mettere a gara le spiagge avrà questi effetti?«La Bolkestein deriva la sua fama dal caso dell’“idraulico polacco” ed è relativa alla libertà di impresa. Ma in questi termini va notato che, data la nostra geografia, è oggettivamente difficile vedere un mercato europeo per le spiagge italiane, non si vedono sulle nostre frontiere operatori europei che si affollano per accaparrarsi qua e là 100 metri di spiaggia italiana. Né si vedono benefici per i consumatori-turisti europei, perché per questi semmai il rischio è che proprio con la Bolkestein i prezzi vengano a salire. È infatti tutto da dimostrare che con le gare i consumatori avranno servizi e prezzi più bassi, tenendo anche conto del fatto che i servizi resi a una gran parte delle spiagge italiane, si limitano a un ombrellone e poco più».C’è quindi il rischio concreto che i costi superino i benefici?«Ci guadagnerà forse l’erario, ma c’è il rischio che nelle zone meno “ricche” le gare vadano deserte e i consumatori perdano così anche i servizi basici sinora forniti intorno all’ombrellone. Nel tempo si sono sviluppati abusi, privilegi, eccetera? Su questi si può, si deve intervenire, ma con norme italiane».La legge annuale sulla concorrenza è uno dei pilastri del Pnrr. Rischiamo di buttare via il bambino con l’acqua sporca?«Si assume che le riforme in materia di concorrenza siano tra le riforme “abilitanti” per il Pnrr. L’idea degli eurobond per infrastrutture europee e difesa europea è un’idea che ho formulato nel 2003 e certo oggi, con l’emissione dell’eurobond, l’Europa si è messa dal lato giusto della storia. Ma per come si è sviluppato in Italia questo lato, è evidente che questo ha preso la curva di una accentuata sottomissione e nel caso della Bolkestein della sottomissione all’ideologia novecentesca della concorrenza. Una ideologia che, ripeto, non può superare il Trattato europeo e la Costituzione italiana».Una buona idea che è finita con una sottomissione. È di pochi giorni fa la decisione del Tar di Lecce di rimettere il caso alla Corte di giustizia europea. È una soluzione praticabile?«Proprio per le ragioni di cui sopra, vi sono i presupposti per portare il caso alla Corte di giustizia europea. Noto per inciso e in conclusione, a proposito dell’azione di Palazzo Chigi, che il numero delle contestazioni europee fatte all’Italia è da ultimo e verticalmente salito, quasi fino a 100!».