2023-07-20
Le menzogne sul clima. La nuova fede degli ecocomunisti
Non c’è niente da fare: glielo puoi spiegare, gli puoi portare dati che dimostrano quanto siano in errore, puoi descrivere quali siano gli interessi multinazionali in gioco, ma ugualmente non sentono ragioni. Per loro l’ambientalismo duro e puro è un dogma. Hanno sostituito il credo nel comunismo con quello nell’ecologismo e spesso coltivano contro ogni evidenza entrambe le religioni. È il caso di Elisabetta Piccolotti, deputata dell’Alleanza Verdi e Sinistra, oltre che moglie di Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, un disco rotto una serie di banalità sul riscaldamento globale, attaccando chiunque provasse a dubitare che il caldo di questi giorni sia così eccezionale come viene descritto da stampa e tv. A sostegno della tesi sull’emergenza climatica, Piccolotti ha portato la solita balla degli studi che dimostrerebbero la responsabilità dell’uomo nel fenomeno dell’innalzamento delle temperature. «Lo sostiene il 97% degli scienziati del mondo», ha sentenziato senza contemplare alcuna possibilità di appello. Premesso che non mi è chiaro come si faccia a stabilire quanti sono gli scienziati sulla terra e a stimare che il 97% la pensi come Piccolotti, la sentenza della deputata dell’Alleanza Verdi e Sinistra è già stata smontata su queste pagine da Franco Battaglia che, se mi permette la consorte di Fratoianni, in materia è un po’ più autorevole di lei, avendo una laurea in chimica, un PhD in chimica negli Stati Uniti, anni di docenza e di ricerca in Italia e all’estero, oltre a qualche libro all’attivo sulla questione del clima. Tutto nasce da una ricerca del 2013, a firma di John Cook e altri autori, i quali si presero la briga di valutare l’evoluzione del consenso scientifico sulle responsabilità dell’uomo rispetto al surriscaldamento globale. Un’analisi che prese in considerazione 11.944 articoli scientifici pubblicati tra il 1991 e il 2011 nelle cui sintesi apparivano le parole «cambiamento climatico». Di questi, il 66,4% non riferivano alcuna origine antropogenica del riscaldamento, cioè non mettevano in correlazione l’aumento delle temperature della Terra con l’intervento umano. Il 32,6% invece faceva riferimento alle responsabilità dell’industria e in generale della mobilità, lo 0,7% negava alcuna correlazione e lo 0,3% dichiarava di non avere certezze. Dunque, ammesso e non concesso che 11.944 studi rappresentino il cento per cento degli scienziati mondiali, come recitano Piccolotti e compagni, il 66,4 non ha mai parlato di un riscaldamento globale antropogenico, ma solo il 32,6% ha sostenuto l’esistenza della connessione tra il cambiamento climatico e le attività umane. Al contrario, gli scienziati dell’alleanza rossoverde prendono in considerazione solo gli studi che parlano della nostra responsabilità sull’innalzamento delle temperature e concludono che, fatto cento quelli che parlano di Rga (riscaldamento globale antropogenico), il 97% ritiene che sia colpa dell’uomo. Insomma, un falso, che però gli ecocomunisti propalano in tutte le sedi dicendo che il 97% degli scienziati mondiali ha documentato l’influenza umana nel cambiamento climatico, una tesi che ormai si è trasformata in un dogma di fede e chi la mette in dubbio è accusato di negazionismo e di essere contro la scienza - in pratica un troglodita - anche se il moderno pensiero scientifico si basa, da Galileo Galilei in poi, proprio sul dubbio e sulla messa in discussione di ciò che l’autorità vuole accreditare.A sostegno dell’idea che sia tutta colpa nostra, dei nostri stili di vita e dei consumi industriali, poi si citano l’Onu, la Nasa e altro ancora. Beh, sarà il caso di dire che ai mille esperti che lavorano negli istituti collegati alle Nazioni unite, si contrappongono i 1.500 che non la pensano come loro. E lo stesso si può dire della Nasa: ci sono astronauti, ingegneri spaziali e membri dello staff di controllo delle missioni aeronautiche che contestano le tesi dell’agenzia federale americana. Tuttavia, tutto ciò non impedisce agli ecocomunisti di lanciare appelli e di parlare di emergenze straordinarie, forti delle temperature registrate in questi giorni e degli allarmi rilanciati sulla stampa e in tv. Si guarda al termometro di Sanluri, nell’entroterra sardo, che l’altro ieri ha toccato i 47 gradi, ma si dimentica che quarant’anni fa si raggiunse la stessa temperatura e a Macomer, nel 1965, vale a dire quasi sessant’anni fa, si arrivò a quota 48 (ma i 47° più di mezzo secolo fa si raggiunsero anche a Muravera, a Campuomu, a Perdasdefogu, a Suaredda e a Villacidro). E poi basta fare un breve ricerca su Internet per scoprire che l’altr’anno i giornali parlavano di località con 51 gradi e nel 2017 sopra i 50.Del resto, per smontare le bufale è sufficiente ricordare l’allarme di una settimana fa, pubblicato a testate unificate da Repubblica in poi, secondo il quale nel 2022 sarebbero morte in Italia, per caldo, 18.000 persone. Nel 2003, l’Istituto superiore di sanità parlò di 19.000. Perciò cos’è cambiato? Niente, solo la protervia con cui alcuni sostengono a spada tratta le loro tesi rossoverdi.