2021-10-08
Le mani di Di Donna anche sul turismo con i favori Invitalia
Secondo i pm, l'avvocato amico di Giuseppe Conte avrebbe trafficato per la ristrutturazione di un hotel e su un progetto del MiseÈ partita la corsa a scaricare l'avvocato Luca Di Donna, l'amico di Giuseppe Conte finito nell'inchiesta sulla cricca del 5 per cento che, secondo la Procura di Roma, trafficava in illecite influenze. Ieri il presidente della Commissione parlamentare antimafia, della quale Di Donna era un consulente a titolo gratuito, d'accordo con tutti i rappresentanti dei gruppi in commissione, ha disposto la revoca dell'incarico che gli era stato conferito su proposta del coordinatore del XX comitato, quello che si occupa delle infiltrazioni mafiose nel tessuto socio economico a causa del Covid e che è presieduto dal deputato Paolo Lattanzio, ex 5 stelle transitato nel Partito democratico. Ma, secondo la Procura di Roma, Di Donna avrebbe trafficato non solo per il Covid. L'altro settore d'interesse era il turismo. E al centro, ancora una volta, c'è Invitalia, l'agenzia nazionale per lo sviluppo d'impresa. Una delle storie ricostruite dagli investigatori porta in Basilicata: a Maratea, dove, immerso nel verde, l'iconico hotel Santavenere, 34 camere e ampi saloni dallo stile ottocentesco, domina sul mare. «Sarà oggetto di un'importante ristrutturazione che mira a innalzare il livello dell'hotel e dei suoi servizi per rientrare all'interno dei circuiti del lusso mondiale». Una comunicazione sintetica, lanciata lo scorso gennaio in pompa magna dalla Arsenale srl, società del gruppo Barletta che ha acquisito il Santavenere e che si è iscritta alla Camera di commercio il 23 luglio 2020. Il pubblico era quello delle grandi occasioni, con il sindaco di Maratea, Daniele Stoppelli, in prima fila. La gestione, però, è stata affidata alla famiglia Melpignano (legata da anni a Massimo D'Alema, a sua volta molto vicino all'ad di Invitalia, Domenico Arcuri), già proprietaria di Borgo Egnazia in Puglia. A guidare la strategia che mirava a fondi pubblici sarebbe stato Gianluca Esposito, avvocato pure lui e in stretto contatto con Di Donna. Esposito, secondo l'accusa, avrebbe sfruttato le sue relazioni personali con funzionari di Invitalia, e si sarebbe fatto promettere da Paolo Barletta, dominus e proprietario delle società del gruppo Barletta e titolare del Santavenere, le solite consulenze farlocche per nascondere, in realtà, la mediazione illecita con Invitalia. La finalità: portare al Santavenere per la ristrutturazione e a un'altra struttura ancora non meglio individuata 30-40 milioni di euro. I magistrati ritengono che il reato ipotizzato sia stato commesso a Roma nel mese di aprile 2021, tre mesi dopo l'annuncio della ristrutturazione. «Valorizzare adeguatamente, anche in chiave turistica, le nostre ricchezze è un dovere e al tempo stesso una grande opportunità», dichiarò all'epoca Barletta che, in quel momento, probabilmente, dagli avvocati mediatori aveva già ricevuto qualche rassicurazione sulla ristrutturazione. Le acque, però, si sono fatte subito agitate sul fronte giudiziario. A luglio saltò fuori che un manufatto sulla spiaggia dell'hotel presentava delle irregolarità e ci fu un intervento dei carabinieri di Lagonegro che ipotizzavano un abuso edilizio. E ora che nell'inchiesta della Procura di Roma, oltre ai mediatori, è indagato lo stesso Paolo Barletta, gli imprenditori si sono chiusi a riccio. Dall'ufficio stampa del gruppo, infatti, fanno sapere che l'azienda non intende spiegare la vicenda. Il secondo affare è, invece, collegato ai fondi del bando pubblicato il 10 dicembre scorso dal ministero dello Sviluppo economico. Il 21 giugno, Pier Paolo Abet, amministratore delegato della Universal trust, nonché direttore tecnico di Task force Italia, e Valerio De Luca (a cui per la Procura è riconducibile la seconda società) si recano nello studio dell'avvocato Di Donna. L'ingresso dello stabile è videocontrollato dagli investigatori che registrano l'arrivo separato dei due, che al temine dell'incontro escono simultaneamente dallo studio. Il 22 giugno Abet invia a Di Donna via mail un documento «nel quale, dopo avere premesso che la sua società è interessata ad alcuni progetti in corso di valutazione presso il Mise […] fa esplicito riferimento al progetto presentato in partenariato con le società Idea75, Exprivia e Politecnico di Bari. indica la Direzione di riferimento […] e gli offre un incarico di consulenza per cominciare concretamente un percorso di collaborazione “come concordato durante l'incontro di ieri, per cominciare concretamente un percorso do collaborazione per seguire professionalmente un progetto"». Gli inquirenti annotano: «Sulla scorta dei riferimenti contenuti nella email, i carabinieri hanno individuato il bando pubblicato dal Mise in data 10 dicembre 2020 per il finanziamento per 217 milioni di euro per la riconversione produttiva nell'ambito dell'economia circolare, settore in cui è impegnata la Universal trust». Contattata da La Verità, Exprivia conferma di aver richiesto a fine febbraio 2021 un finanziamento nell'ambito del bando individuato dagli investigatori per un progetto, presentato insieme a Idea 75 e Politecnico di Bari, mirato «a ridurre il costo dell'energia per l'utente, aumentare la sicurezza della rete e incoraggiare l'uso di fonti rinnovabili». Ma precisa di «non aver mai avuto contatti con Universal trust e con nessuno degli indagati, né di essersi mai avvalsa di consulenti esterni in nessuna fase della partecipazione al bando di gara». Dalla società con sede a Molfetta spiegano inoltre che l'importo del finanziamento relativo all'intero progetto presentato con le altre due aziende, è di 1.170.000 euro, il 50 per cento del costo del progetto, da dividere con i due partner. Sul fronte degli episodi legati alla pandemia oggetto di indagini della Procura, la «ex struttura per l'emergenza Covid19» e Invitalia, invece, chiariscono «di non aver mai assegnato appalti e forniture a imprese rispetto alle quali risultava in alcun modo un interesse dell'avvocato Di Donna o del prof. Esposito e di aver operato secondo procedure regolari e trasparenti». Per la «vicenda di acquisto delle mascherine oggetto dell'inchiesta, il contratto non è mai stato perfezionato e anzi, i prodotti in questione sono stati restituiti». Per i test molecolari, poi, spiegano di aver selezionato le aziende attraverso la pubblicazione di una richiesta pubblica di offerta sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri. Le 59 offerte pervenute sono poi state «rese disponibili su un'apposita piattaforma alle Regioni che hanno scelto le aziende fornitrici e i prodotti coerenti con le proprie esigenze». Per il fornitore Adaltis «a seguito delle scelte effettuate dalle Regioni Sicilia (400.000 test) e Lazio (27.400 test) sono stati sottoscritti due contratti (a giugno e a ottobre 2020) per la fornitura di 427.400 test al costo totale di 3,4 milioni di euro».