2019-08-26
Marco Gervasoni: «L’Europa vuole un governo asservito»
Lo storico della politica: «L'establishment considera i nuovi partiti inadatti e si sente più rassicurato dai dem che offrono maggiori garanzie di subalternità all'Ue. E ama prendere il potere senza legittimazione popolare».Marco Gervasoni, commentatore, saggista, storico (insegna alla Luiss storia comparata dei sistemi politici, e all'università del Molise storia contemporanea), lei ha recuperato il nomignolo «Cagoia» per descrivere l'eventuale governo giallorosso. Spieghiamo che non è un insulto ma una citazione dannunziana? «In dialetto triestino “cagoia" è una lumaca senza guscio. Poi l'espressione è diventata, per evidenti ragioni, il nome di un personaggio sempre terrorizzato. Gabriele D'Annunzio, nella sua creatività, usò questo termine contro il governo Nitti, con due accuse: quella di aver paura e di essere subalterno alla Francia. Mutatis mutandis, siamo in una situazione non dissimile».Chi sarebbe Francesco Saverio Nitti in questo caso? Era pur sempre uno statista…«Nitti era un gigante rispetto agli attori del “cagoia" di oggi. D'Annunzio e i fascisti lo accusavano di essere anti italiano. Invece era un patriota, diversamente da alcuni protagonisti odierni».Esaminiamo la posizione di tutti gli attori. Cominciamo dal presidente Sergio Mattarella. Qualcuno dice: deve solo prendere atto dell'esistenza di una maggioranza aritmetica nelle due Camere. Qualcun altro, in modo più convincente, annota che non sarebbe opportuno autorizzare il coagularsi in Parlamento dell'unione degli sconfitti alle europee contro i vincitori.«Siamo alle solite. Nella nostra Costituzione i poteri del Quirinale sono tanto ampi quanto vaghi, e infatti molti presidenti li hanno interpretati in modi diversi. Certo, però, i costituenti non pensarono a una figura totalmente neutra e notarile (come in Austria e in Germania), anche perché è lui a nominare premier e ministri. Per questo l'idea che Mattarella possa semplicemente registrare l'intesa tra coloro che - non secondo i sondaggi ma secondo le europee - sono minoranza nel Paese, dovrebbe porre qualche problema, a mio parere».Matteo Salvini. Ha sbagliato i tempi oppure ha fatto bene a sparigliare, rendendo evidente che la crisi era inevitabile, tra no-Tav, no-tagli di tasse, no-tutto? «I giudizi si daranno alla fine: ad esempio, se si dovesse andare al voto, sarebbe difficile sostenere che abbia sbagliato. In più, la sua struttura è quella di un leader di piazza, da repubblica presidenziale, e quindi è naturale che si muova meno a suo agio negli intrugli e nelle combinazioni parlamentari. Ma a mio avviso ha fatto bene a rompere: come ha ammesso Giorgetti, il governo era inoperativo da mesi. E non solo per responsabilità di M5s, ma pure del “terzo partito" (Conte, Tria, Moavero), figure messe lì per “controllare la democrazia". È la solita storia: in Italia c'è chi non si fida del popolo».E la tempistica?«Ha fatto bene. Se avesse rotto prima, avrebbero tentato lo stesso l'operazione giallorossa. Se l'avesse fatto dopo la manovra, avrebbe dovuto accettare una legge di bilancio deludente».Nicola Zingaretti. È padrone del partito o la maggioranza renziana dei parlamentari lo mette sotto ricatto?«Nessuno può essere padrone del Pd, neanche se tornasse Togliatti, che peraltro dubito si iscriverebbe a quel partito… È diviso tra fazioni che si sparano addosso come in Libia».Da questo punto di vista, non gli converrebbe andare alle elezioni? Potrebbe liberarsi dei renziani e scavalcare nel voto M5s, posizionandosi come antagonista di Salvini e riconsolidando un bipolarismo normale.«Certo che gli converrebbe. Ed è quello che deve aver pensato Salvini credendo di avere Zingaretti dalla sua parte. Ma, negli ultimi 20 anni, tra andare al voto e andare al potere senza legittimazione popolare, il Pd e i suoi antecedenti hanno sempre preferito la seconda ipotesi».Matteo Renzi. Gli si può dire tutto, ma ha riconquistato il centro della scena. Abilità sua o debolezze altrui? «Nel regno dei ciechi, l'orbo è re. E lui “tiene" i suoi anche su posizioni contraddittorie: li ha fatti passare dal #senzadime contro M5s all'entusiasmo per il governo con i grillini…».Non le pare che l'opinione pubblica sia irritata al riapparire del Giglio magico? «Renzi è rimasto al 4 dicembre 2016, quando deve aver subito un trauma. È ancora convinto di avere con sé il 40% degli italiani».Sia Renzi sia Carlo Calenda hanno fatto trapelare ipotesi di scissione. C'è spazio per movimenti di centrosinistra distinti dal Pd? «Se dovesse esserci un sistema proporzionale puro in funzione anti-Lega, è chiaro che Renzi farà la scissione. Nel dopo voto, ogni partitino sarebbe determinante. Per Calenda il caso è differente: ora tiene una posizione certamente più nobile (no ai grillini) ma del tutto minoritaria. Uscendo non so che cosa potrebbe raccogliere».Luigi Di Maio. Deve dialogare con Zingaretti o riaprire a Salvini? «È nella classica posizione lose-lose. Se accetterà obtorto collo l'ipotesi giallorossa, o non sarà ministro o sarà comunque più debole nel M5s. Se si va a elezioni, è in una condizione difficilissima. Paradossalmente, ciò che dovrebbe tentarlo di più è il ritorno con Salvini. È in mezzo a una divaricazione insanabile: con i gruppi parlamentari presi da “nobili ragioni" come il mutuo in banca e quindi propensi verso il Pd, e i simpatizzanti furibondi contro questa ipotesi. Non escludo che, per far saltare tutto, qualcuno in M5s possa mettere qualunque soluzione al voto su Rousseau».Silvio Berlusconi. Che dovrebbe fare secondo lei? «Davanti a un governo giallorosso, non potrebbe fare solo un'opposizione morbida: sarebbe un esecutivo “madurista" sul piano economico. A mio parere, in sede europea, dovrebbe spendere il suo capitale per rendere meno complesso il rapporto tra Lega e Ppe».Come mai Di Maio ha ritirato fuori a freddo il tema del riassetto tv? È suonata come una sgradevole minaccia anti Cav.«Nel linguaggio politico italiano, evocare il conflitto d'interessi vuol dire minacciare di colpire le aziende di Berlusconi. Una cosa tipica del linguaggio di certa sinistra».Giorgia Meloni. Da un lato ha avuto un comportamento assolutamente lineare. Dall'altro non le pare che possa restare confinata in una posizione di attesa degli eventi e delle decisioni altrui? «La sua coerenza mi pare apprezzabile e anche pagante. E, viste le dimensioni della sua forza, non è che potesse fare molto altro. Se ci fosse un governo giallorosso, sarebbe ovvia per lei un'opposizione dura. In caso di nuovo governo gialloverde, potrebbe anche tentare uno spariglio e dialogare».Non le pare che troppi protagonisti, concentrati su tattica e manovre di palazzo, stiano perdendo di vista il focus sugli elettori? C'è una maggioranza di italiani che vuole meno tasse e immigrazione controllata. Chi ci pensa? «Ci pensano i partiti che hanno questi obiettivi nel loro programma. Il problema è che c'è un establishment, anche editoriale, che li considera “unfit", inadatti. Siamo a un punto in cui ciò che vuole la maggioranza degli italiani è considerato - cito Romano Prodi - una “anomalia da sanare". È la solita storia: una minoranza giacobina pretende di insegnare alla maggioranza come comportarsi».Ci sono manine e manone internazionali che muovono i fili di questa crisi? La sensazione è che Macron e la Merkel non siano stati solo osservatori. E la speaker dei democratici Usa, Nancy Pelosi, è sembrata offrire ai giallorossi un endorsement.«Vogliono un governo subalterno all'Ue, come furono quelli del Pd. Operazione a cui ovviamente partecipa il blocco di comando dell'Ue. E la Francia ha un interesse speciale, anche economico, e ha sempre considerato favorevole a sé il ruolo del Pd».C'è il rischio che Macron e Merkel dicano a Boris Johnson: cediamo qualcosa su Brexit, ma in cambio l'Italia deve restare l'ultimo vagone del treno francotedesco?«Purtroppo, c'è il rischio che Trump e Johnson dicano: “Sull'Italia vedetevela voi". Conte e Moavero nemmeno si sono complimentati pubblicamente con Johnson quando è diventato primo ministro. A maggior ragione, se andasse all'opposizione, la Lega dovrebbe consolidare meglio i suoi rapporti con gli Usa e in generale in direzione atlantica».E la Cina? Pechino ha già una forte influenza sulle sinistre spagnola e portoghese. Vuole fare lo stesso in Italia? «La Cina è interessatissima al Mediterraneo. E un eventuale governo giallorosso sarebbe il più filocinese di tutti: non dimentichiamo che oltre al M5s, ci sarebbe il Pd. Tutta la storia del memorandum sulla Via della seta fu iniziata da Gentiloni».Anche le testate internazionali economico-finanziarie si sono divise. Il Wall Street Journal si è espresso pro voto, pro taglio di tasse e in fondo pro Salvini, mentre Economist e Financial Times (basati in Uk ma sensibilissimi a Ue e asse francotedesco) si sono scagliati contro il voto e contro il leghista.«Il Wsj capisce che populismi e sovranismi hanno una loro dignità, e rispondono a esigenze reali. Ft ed Economist sono invece filo Ue, anti Brexit, anti populisti. Anche se c'è una curiosità nel Ft: nei commenti politici, ha questa linea; ma nelle pagine finanziarie, registra il fatto che gli investitori - ovviamente - vogliano meno tasse. È dura raccontare che un governo “madurista" piacerebbe ai mercati. E non a caso in questi giorni non ci sono state speculazioni sullo spread o di altro tipo tali da accelerare la nascita di quel governo».
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)
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