2021-12-09
Le iniezioni anticipate di Draghi per il Colle
Nella sua corsa verso il Quirinale il premier ha come ostacolo principale la situazione della pandemia. In particolare teme un aumento dei contagi proprio nei giorni delle votazioni. Per questo ha dato ordine di accelerare la campagna vaccinale.La campagna vaccinale si incrocia con quella del Quirinale. Secondo Augusto Minzolini, che lo ha scritto sul Giornale, Mario Draghi esiterebbe a prolungare lo stato di emergenza per il Covid in quanto la decisione mal si concilierebbe con una sua possibile nomina a presidente della Repubblica. Secondo il direttore del quotidiano berlusconiano, l’ex governatore della Bce non farebbe una gran figura se mollasse Palazzo Chigi per il Colle mentre dichiara egli stesso che siamo ancora nel pieno della pandemia. L’addio al governo potrebbe risolversi in uno scioglimento anticipato delle Camere, visto che in Parlamento ci sono partiti, tra i quali Fratelli d’Italia e la Lega, ma anche leader come Giuseppe Conte e perfino Enrico Letta, che non vedono l’ora di correre alle urne. Alcuni vorrebbero vedere confermate dalle elezioni le previsioni dei sondaggi, altri, come i due ex premier, ambirebbero a disfarsi di una serie di nemici interni, in modo da poter controllare meglio i gruppi di Montecitorio e Palazzo Madama. Certo, il ragionamento di Minzolini è influenzato dalle ambizioni di Silvio Berlusconi, il quale aspira, come Draghi, a sostituire Sergio Mattarella. Ma anche se fossero ispirate da Arcore, le osservazioni del direttore del Giornale non fanno una grinza. Non a caso il leader di Forza Italia, nei giorni scorsi ha sottolineato che il presidente del Consiglio deve restare al suo posto fino al 2023. Se si riuscisse a imbullonarlo alla poltrona, il Cavaliere eliminerebbe un pericoloso concorrente nella corsa al Colle. Dunque, meglio enfatizzare il contrasto tra la dichiarazione dello stato di emergenza e l’addio al governo. Anche perché la sostituzione di Draghi a Palazzo Chigi non sarebbe cosa facile. Si aprirebbe infatti una crisi al buio, senza sapere chi mettere al posto dell’ex governatore, il quale dovrebbe dimettersi per poi nominare il suo successore, oppure lasciare a Mattarella, in carica fino ai primi di febbraio, la nomina del nuovo premier. Nel primo e nel secondo caso, cioè con Draghi già eletto, ci sarebbe un periodo di reggenza, magari breve, che dovrebbe essere affidato al ministro con maggior anzianità di servizio, cioè Renato Brunetta, e non è detto che nella frastagliata maggioranza che oggi supporta il governo tutti siano d’accordo. Ma anche se tutti accettassero come un premier pro tempore il responsabile della Funzione pubblica, poi comunque bisognerebbe trovare un presidente del Consiglio in grado di condurre a termine la legislatura. Nei giorni scorsi si sono fatti i nomi di Daniele Franco, cioè dell’alter ego di Draghi, e di Marta Cartabia, ministro della Giustizia in quota Mattarella, ma nessuno dei due sembra avere il piglio per condurre il Paese in un momento di emergenza. Soprattutto, nessuno dei due sembra aver la determinazione di tenere unita una maggioranza multicolore come quella attuale, dove nel Pd non si vede l’ora di regolare i conti con Italia viva, riducendone la pattuglia, e dove nel Movimento 5 stelle si osservano con trepidazione gli sviluppi della guerra sotterranea fra Luigi Di Maio e il suo ex pupillo, Giuseppe Conte. Perfino Draghi a volte fatica a tener tutto unito, prova ne sia il suo stupore per lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil, una decisione che certo intralcia un po’ il suo cammino verso il Quirinale.Come dicevamo, le osservazioni sugli ostacoli che incontrerebbe una nomina di Draghi non sono infondate. Tuttavia, i problemi e la loro soluzione si possono guardare anche con gli occhi di chi sta a Palazzo Chigi e non solo ad Arcore. Infatti, per l’ex governatore della Bce il vero impedimento sarebbe rappresentato non tanto dalla dichiarazione dello stato di emergenza, che già esiste nei fatti, ma dall’aumento dei contagi e soprattutto dal rischio di un incremento dei decessi. Un alto tasso di mortalità rappresenterebbe un fallimento della campagna vaccinale e, così come fino a oggi i meriti per i risultati raggiunti sono attribuiti a Draghi, anche gli insuccessi ricadrebbero su di lui, sulla sua immagine, sulla sua figura di persona che si è caricata sulle spalle il peso di un Paese in un momento difficile. Si spiega in questo modo anche la pressione esercitata sul sistema per spingere ancora di più le vaccinazioni. Nonostante l’Italia abbia numeri migliori di altri Paesi, sia per contagi che per decessi, agitare nuove chiusure in caso di peggioramento dei dati e accelerare le iniezioni della terza dose, allo scopo di rivaccinare 30 milioni di italiani entro il 30 gennaio, è fondamentale per tenere sotto controllo per un tempo determinato l’epidemia. E la fine di gennaio coincide proprio con la nomina del nuovo capo dello Stato. Naturalmente è un caso che l’elezione del nuovo inquilino del Colle e l’obiettivo della struttura commissariale coincidano. Ma è un fatto che la campagna vaccinale e quella del Quirinale si intrecciano.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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