2022-10-22
Le frasi di Berlusconi rischiano di toglierci capacità di negoziare
In politica estera Antonio Tajani può avere un ruolo da protagonista. Ma le parole del Cavaliere hanno fatto scattare rigidi paletti.Affrontare il mondo esterno restando concentrati sul proprio ombelico non è mai un atteggiamento conveniente, per il semplice fatto che andare a sbattere in quelle condizioni diventa praticamente una certezza. Purtroppo, questo è lo scenario che sembra delinearsi per la politica estera italiana. Nel senso che, ancora prima di partire, l’agibilità politica del nuovo ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è già delimitata da robusti e alti steccati. E se ciò è accaduto, lo dobbiamo a uno sfruttamento sistematico dei grandi temi geopolitici e strategici in chiave strettamente interna: invece di collaborare alla creazione di una politica seria e unitaria con cui presentarsi agli interlocutori stranieri, i partiti hanno preferito utilizzare le questioni aperte per costruirsi un posizionamento di fronte all’opinione pubblica. Il risultato è la nostra quasi totale insignificanza. Come ovvio che sia, il dossier più complicato fra i numerosi accumulati alla Farnesina è quello ucraino. Fino a oggi, l’Italia ha giocato un ruolo del tutto secondario a livello internazionale, limitandosi a subire decisioni prese altrove. Sarebbe per lo meno deludente se l’esecutivo di destra, che ha scelto come faro l’interesse nazionale, proseguisse sulla stessa linea di subalternità. Soprattutto perché, a breve termine, potremmo trovarci di fronte a un non indifferente cambiamento del contesto. Le elezioni di medio termine negli Stati Uniti, molto attese, potrebbero infatti ridisegnare almeno in parte il quadro. Nei giorni scorsi il repubblicano Kevin McCarthy, che potrebbe diventare in futuro speaker della Camera, ha dichiarato che, qualora vincesse il suo partito, terminerebbe la fornitura di «assegni in bianco» a Volodymyr Zelenzky. Che significa? Beh, che un conto sono gli Stati Uniti guidati dai democratici ancora in odore di clintonismo, e quindi di esportazione della democrazia manu militari sulla base di un supposto «destino manifesto». Un altro contro è un’America in cui si fa largo la corrente repubblicana più isolazionista e meno intenzionata a spendere miliardi di dollari per agire come una sorta di polizia mondiale. Insomma, potrebbe aprirsi una faglia, uno spiraglio da cui inizierebbe a filtrare un poco di luce. Ovvero: si potrebbe addirittura discutere della creazione di un processo di pace, si potrebbe assistere a un, anche leggero, raffreddamento dello scontro. In questa cornice, l’Italia potrebbe effettivamente riuscire a far sentire la propria voce, giocandosi alcune carte. Ma purtroppo è qui che iniziano i problemi. A oggi, discutere di pace appare impossibile. E lo è a maggior ragione per un governo di centrodestra, che non può certo sposare la linea di Giuseppe Conte, il quale con grande astuzia ha messo il cappello sull’argomento approfittando delle aspirazioni governative degli avversari. Per di più, a cianciare di pace ci si è messo pure il Pd, tentando inutilmente di non farsi scavalcare a sinistra, il che ha reso lo spettacolo ancora più grottesco. Tutto ciò dopo che la distinzione moraleggiante fra buoni e cattivi - leggi atlantisti e putiniani - imposta nel discorso pubblico dai cari progressisti ha radicalizzato le posizioni e creato dei tabù dannosissimi. A ben vedere, tuttavia, ciò che più ha ristretto il campo d’azione del nuovo ministro (a maggior ragione visto che si tratta di Tajani) è il lisergico caso degli audio «rubati» di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, in modo superficiale e un po’ scombinato, ha espresso un punto di vista che ha qualche fondamento, e che è pure condiviso da molti, a destra come a sinistra. Il guaio sta nel fatto che le sue posizioni non le ha manifestate pubblicamente, non le ha condivise con il partito per dare la linea. No, le ha dette a tavola e quelle registrazioni uscite per regolare qualche conticino interno (con la Meloni o con una fazione azzurra, poco cambia) hanno scatenato il putiferio, e le inevitabili e immediate accuse di putinismo. Dunque Berlusconi non potrà certo offrirsi di aprire un canale di dialogo privilegiato con la Russia allo scopo di favorire una risoluzione del conflitto: la fuga di notizie, da quel punto di vista, lo ha neutralizzato. Non è tutto. L’audio incriminato ha reso nuovamente Silvio un «impresentabile», e ha certo rafforzato Giorgia Meloni, come ha ben spiegato ieri Maurizio Belpietro. Ma il governo dovrà pagare un prezzo. Per compensare il «putiniano» di Arcore, Fratelli d’Italia, la Lega e addirittura pezzi di Forza Italia sono già dovuti correre ai ripari, precipitandosi a fare professione di fede atlantista e europeista (concetti vaghi che molto spesso sono in contraddizione fra loro). Il risultato è chiaro: gli italiani saranno guardati a vista, e ogni minimo sbandamento rispetto alla linea ufficiale tracciata dagli Usa e dal fronte atlantico verrà considerato alto tradimento. Gli osservatori stranieri, mai sazi di infilare il naso nei nostri affari, staranno a misurare il tasso di (presunto) putinismo di ogni affermazione ufficiale. E l’opposizione italiana farà il resto, non vedendo l’ora di poter gridare al ritorno dei fascisti amici di Putin (concetto già scodellato ieri dal politologo Piero Ignazi). Giorgia Meloni, nei mesi passati, ha scelto una linea molto chiara. Condivisibile o meno che sia, questa posizione, in linea teorica, consentirebbe almeno una possibilità: quella di far sentire la voce italiana ai tavoli (anglofoni) che contano senza essere sospettati di intelligenza con i russi o i cinesi. Che ci piaccia o meno (e a chi scrive non piace granché), questo è il massimo in cui si potrebbe sperare. Se gli Usa, dopo le elezioni, decidessero di ammorbidirsi o addirittura di limitare Zelensky, l’Italia - presentandosi quale fedele alleata saldamente collocata nel solco atlantico - avrebbe se non altro la chance di partecipare alle trattative per la fuoriuscita dal caos. Il fatto è che tale prospettiva, già di per sé circoscritta e non necessariamente eccitante, è appena divenuta parecchio problematica. L’uso che la sinistra ha fatto della pace prima e il pasticcio berlusconiano poi, obbligano i nuovi arrivati a vestire i panni dei filoucraini e filoamericani di strettissima osservanza. Se gli Usa, per esempio, decidessero di limitare l’invio di armi e risorse, potremo ancora cogliere l’occasione per ridefinire il nostro contributo in termini più vantaggiosi per noi senza che ci richiamino subito all’ordine? Per dirla in altri termini: potremo finalmente comportarci da italiani o dovremo continuare ad agire come polacchi, ma senza il gas?
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.