2020-12-23
«Le cure ai denti fanno fare gol in A ma riducono pure i dolori da ufficio»
Daniele Puzzilli e Leonardo Spinazzola (G.Sposito/Getty Images)
Il dentista che ha ridato vigore a Leonardo Spinazzola e altri campioni: «Tutti i fisici possono migliorare intervenendo sulla bocca. Un molare occluso può dare pubalgia. Relazioni fra mandibola e schiena o fra l'arcata e il sonno».«Mi ha cambiato la carriera», dice Leonardo Spinazzola, giocatore della Roma e della Nazionale, ruolo terzino. Da quando gli è stato applicato un bite, un apparecchio speciale per la dentatura, i suoi infortuni muscolari sono spariti. Dalla salute dei denti, in effetti, dipende il benessere dell'intero corpo. Una postura ottimale, i dolori alla schiena. Persino i disturbi del sonno. La medicina lo sa da anni, ma pochi ne sono al corrente. A meno che non finisca sotto i riflettori un caso eclatante. Spinazzola si è affidato alle cure del dottor Daniele Puzzilli, odontoiatra specializzato in posturologia, una squadra di 30 persone al suo seguito, diversi studi a Roma, autorità in materia da oltre 20 anni. A lui si rivolgono atleti agonisti, Vip, professionisti di vari settori, con un obiettivo: sistemare la bocca per puntellare la floridezza del fisico. «Con l'avvento dell'era digitale, la tecnologia ha permesso passi da gigante», dice lui, figlio e nipote di dentisti. «Mio nonno aveva lo studio ad Amatrice. Oggi non è rimasto più nulla, ma ricordo bene ancora adesso odori e strumenti del suo lavoro. Un'ispirazione».Leonardo Spinazzola sostiene che lei gli abbia cambiato la vita.«Negli anni, Spinazzola ha sofferto di diversi problemi muscolari. Non era stata presa in considerazione la correlazione tra salute della bocca e infortuni. Attraverso esami elettronici, ho riscontrato in lui un disturbo discendente, un'occlusione che gli impediva la prestazione atletica ottimale, alterava la sua forza e rendeva i suoi muscoli fragili». Gli ha applicato questo apparecchio particolare, il bite.«Lo porta nell'arcata inferiore. È un apparecchio leggero, trasparente, lo tiene durante la notte, negli allenamenti e nelle partite. Azzera il problema occlusale, riallinea la muscolatura mandibolare, ridà sincronia ai muscoli di tutto il corpo, sistemando la postura. Risultato: la sua performance sul campo è migliorata notevolmente, il rischio infortuni è scongiurato».Come mai i calciatori si rivolgono a lei?«Dirigo il reparto di odontoiatria del Coni, mi occupo di posturologia e ottimizzazione del fattore atletico, ho redatto protocolli diagnostici per capire quanto il miglioramento della salute della bocca coincida con il benessere di tutto il corpo. Vale per gli atleti agonisti, ma pure per le persone comuni, i sedentari».Ma che cosa c'entrano i denti con i muscoli di una gamba o con il mal di schiena?«Siamo abituati a immaginare il corpo come un insieme di elementi slegati tra loro. Da lì nasce la nostra abitudine a curare un sintomo specifico quando sorge un problema. Invece il nostro organismo è un quadro complesso, con sistemi neurologicamente collegati. La bocca è attaccata alla mandibola, il legame si estende fino al tendine achilleo». Persino un sedentario può risolvere problemi fisici partendo dalla bocca?«Un dente del giudizio mal curato può causare pubalgia. Alcuni disturbi occlusali sono il fattore scatenante del mal di schiena in diverse forme, e di una postura in ufficio non corretta. Svariati disturbi del sonno sono causati da imperfezioni delle arcate dentali. Dall'eliminazione dei metalli dalla bocca, alle cure canalari, ogni situazione prevede interventi specifici».Spinazzola non è l'unico calciatore in cura da lei.«Luis Alberto, fantasista della Lazio, aveva la necessità di eliminare diverse infezioni dentali. Nel suo caso, la cura è stata diversa dall'applicazione del bite, che è solo una delle tante soluzioni possibili, non l'unica. Alessandro Florenzi, in forza al Psg, ha preso l'aereo da Parigi per venire a Roma nei nostri studi».Perché un calciatore come Florenzi, che gode a Parigi di ogni cura possibile, ha ottenuto il permesso di venire a curarsi a Roma da lei?«Per motivi di fiducia, competenza e opportunità. Florenzi soffriva di disturbi dentali genetici. Abbiamo, nell'arco di sette anni, costruito un percorso per ottimizzarne l'efficienza atletica. Ciò è stato possibile anche grazie a una strumentazione tecnologica ad hoc presente nei miei studi. La sua squadra, il Psg, mi chiedeva di raggiungerlo a Parigi, ma la necessità di utilizzare quell'apparecchiatura ha reso indispensabile che fosse lui a raggiungermi. Così gli hanno messo a disposizione un aereo privato». Qual è il modo corretto di gestire il rapporto con un dentista?«C'è una parola molto diffusa oggi: prevenzione. Vale per tutti gli ambiti della medicina. Effettuare controlli costanti evita di doversi ridurre alla cura di un sintomo specifico, che di solito, quando si scatena, è indice di un problema già avanzato. Oggi poi siamo nell'era digitale: la tecnologia elettronica consente controlli minuziosi, un tempo impensabili».Venire da lei comporterà una spesa elevata.«Competenza e strumentazioni all'avanguardia possono comportare qualche costo in più. Oggi la forbice tra gli interventi ai denti low cost, spesso offerti da cliniche in franchising, e alta qualità del lavoro, si è allargata. Però mi permetto di fare un esempio pratico: tra un'otturazione da 70 euro che dura tre anni, e una da 200 euro che dura 20 anni, c'è una bella differenza. Con la seconda, si ammortizzano i costi, garantendosi un risultato duraturo». Leggenda narra che l'hollywoodiano Dustin Hoffmann sia stato un suo paziente.«L'episodio destò scalpore (ride, ndr). Qualche tempo fa, ricevetti un messaggio su Whatsapp da un numero americano. C'era scritto: “Sono Dustin Hoffmann, mi trovo a Londra per lavoro, mi hanno detto che se venissi lì a Roma, potrebbe aiutarmi"».Che cosa gli ha risposto?«Ho pensato a uno scherzo. Invece, pochi secondi dopo, mi arriva il selfie di Dustin Hoffmann con la bocca aperta, mentre mi indica il dente da curare. Ci siamo messi d'accordo, mi ha raggiunto nello studio una domenica. Dopo le cure, mi sono fatto una foto con lui e l'ho postata sui social. Il giorno successivo, le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia. La bomba era scoppiata».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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