2024-05-21
Le concessioni a Spinelli e Aponte sbloccate dal «team» di Mr. Msc
Gianluigi Aponte e Aldo Spinelli (Ansa)
Nelle carte dell’inchiesta sul porto di Genova la «clausola» per l’affidamento del Terminal rinfuse studiata dal manager Alfonso Lavarello, vicino all’armatore, e caldeggiata in comitato di gestione da Carozzi.Dietro la clausola che ha sbloccato la proroga per la concessione trentennale del Terminal rinfuse non c'è la mano di Aldo Spinelli o di Giovanni Toti, arrestati come corruttore e corrotto su ordine del Tribunale di Genova, ma piuttosto quella del deus ex machina del porto Gianluigi Aponte (non indagato), il patron della compagnia Msc, primatista mondiale nel trasporto dei container. Un personaggio che nelle cronache dei media è rimasto defilato, ma che gli atti depositati in Procura svelano quanto abbia pesato nelle decisioni.Gli investigatori annotano che «la clausola inserita nel testo della concessione su iniziativa» di Giorgio Carozzi, membro del comitato di gestione del porto, era stata «modificata su suggerimento di Lavarello (Alfonso, ndr) per conto di Aponte». Una postilla che «rendeva superata ogni questione legata della durata della concessione, in quanto riconosceva la facoltà dell’Autorità di sistema di revocare la concessione stessa in caso di cambiamento di destinazione d’uso dell’area portuale».Proprio mentre il comitato di gestione stava per deliberare sulla proroga della concessione per il Terminal rinfuse gli inquirenti hanno appreso che una «clausola», introdotta da Andrea La Mattina (rappresentante della Regione nel board che decide in porto), era stata oggetto di confronto anche con Gianluigi Aponte e con i suoi collaboratori, i quali ne richiedevano una trasformazione. Infatti il 29 ottobre 2021 viene captata una conversazione tra Carozzi, ex giornalista indicato dal Comune di Genova nel comitato di gestione del porto, e Lavarello, che gli investigatori hanno così riassunto: Lavarello «si informava sulla questione della concessione e, su indicazione dell’armatore Aponte, dominus di Msc e socio degli Spinelli nella Terminal rinfuse Genova Srl attraverso la società lussemburghese Itaterminaux Sarl, chiedeva all’interlocutore di perorare una modifica di un passaggio della delibera da presentare al prossimo Comitato di gestione». E il passaggio riguarderebbe proprio la clausola in questione. Aponte avrebbe avanzato la richiesta di eliminare dal documento la frase «qualsiasi mutamento», che considerava «furbastra», per sostituirla con «mutamenti in tal senso». La richiesta di cui Lavarello si sarebbe fatto portavoce, ricostruiscono ancora gli investigatori, sarebbe stata suggerita e formulata attraverso una mail inviata a Carozzi. E proprio Carozzi avrebbe approvato la modifica. Ed è ancora Carozzi a suggerire di «girare» la prima parte della bozza della delibera a un terzo uomo: il presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. Lavarello a quel punto chiama Signorini e gli chiede una previsione rispetto alla presentazione della proroga in Comitato di gestione. Signorini, però, non si limita a informarlo sulle date nelle quali probabilmente si sarebbe tenuta la riunione, ma, facendo riferimento alla durata trentennale della concessione, gli avrebbe anche rappresentato «che alcuni membri del comitato rimanevano ancora contrari». Lavarello, con la sua risposta, sembra quasi strizzargli l’occhio e afferma «che prima del comitato di gestione si sarebbero dovuti risentire per non “fallire” nel raggiungimento dell’obiettivo». Ma gli incroci di telefonate non sono finiti. È Signorini a chiamare Carozzi per informarlo di avergli girato su WhatsApp «una nota che, a sua volta, aveva ricevuto da Aponte». Ed è a questo punto che, come svelato dalla Verità nei giorni scorsi, Signorini avrebbe indicato l’armatore come «boss». I due continuano a confrontarsi. Per Carozzi la nota era «ben fatta». Poi, facendo riferimento ad Aponte, avrebbe riferito a Signorini che «l’armatore, evidentemente autore del documento, stesse iniziando a stancarsi della situazione di stallo, considerando Spinelli poco credibile». Carozzi si riserva di condividere con Lavarello il testo della delibera non appena pronta, «informandolo», annotano gli investigatori, «che avrebbe voluto anche farlo esaminare ad avvocati per evitare di essere chiamato in Procura». Carozzi deve essersi convinto che la delibera nella sua formulazione originaria avrebbe portato rogne: «Perché hanno aperto tutto questo casino, cosa ha provocato? Ha provocato che quelli della Procura hanno aperto il faro e adesso ti seguono passo passo ma non sono mica scemi eh, menomale che ci sono».Alla fine la famosa clausola finalizzata a consentire all’Adsp di revocare la concessione in caso di mutamenti nella destinazione d’uso dell’area portuale, così come suggerita da Aponte, finisce davvero nella delibera. Ed è proprio Carozzi, che nel comitato di gestione avrebbe dovuto fare gli interessi del Comune e che in realtà sembra aver indossato la maglietta da ultrà di Aponte, a informare Lavarello. Resta, però, ancora aperto il problema legato alla durata. Carozzi afferma: «Bisogna ridurre gli anni, sono troppi! Cazzo! Sono troppi dal punto di vista dell’immagine, della sostanza... da tutti i punti di vista». A suo dire la decisione di concedere una proroga trentennale avrebbe potuto produrre guai: «Nemmeno voglio rischiare di prendermi degli avvisi di garanzia. E ho detto tutto». Ma è Lavarello a riportarlo sul suo binario: «Noi abbiamo messo una frase molto intelligente che dice, praticamente "c’è una concessione, questa concessione poi può essere modificata”, giusto? In virtù di questa frase, che nessuno ha contestato, di queste persone, credo che l’Autorità abbia le carte in mano per modificare a un certo punto da rinfuse in qualcos’altro, giusto? [...]. Allora, che ci frega a noi del fatto di andare a ridurla o ad aumentare i tempi? È quello che non riesco a capire...». Lavarello raccomanda anche a Carozzi di evitare una rottura degli accordi raggiunti: «Io credo che alla fin fine, Giorgio, la cosa più intelligente è non rischiare di far saltare tutto, diciamo...». La clausola ormai sembra essere entrata a pieno titolo nella delibera. E a provarlo c’è una telefonata tra Spinelli e Aponte. È l’armatore a riferire a Spinelli che il sindaco Marco Bucci gli avrebbe parlato della clausola: «...in caso il progetto dovesse cambiare in futuro noi ci terremo disponibili a farlo». Il sindaco, in sostanza, l’avrebbe rassicurato: «"Guardi”, mi ha detto, "stia tranquillo, darò istruzioni per 30 anni....” Finito!». Spinelli avrebbe quindi ringraziato, aggiungendo che «si sarebbe recato a Ginevra per mostrargli personalmente il progetto». La conversazione si chiude con Aponte che raccomanda a Spinelli «di andare al preventivato incontro con il sindaco (fissato per il 26 novembre) senza palesare il fatto che fosse a conoscenza di quanto gli aveva appena riferito»: «Comunque, signor Spinelli, facciamo così... io non le ho detto niente, eh? Mi raccomando...».Lavarello, stando alla ricostruzione degli investigatori, avrebbe chiesto a Carozzi ancora una cortesia, ovvero «di riferire a Bucci che Aponte “non chiama nessuno, né Toti, né Signorini, né Bucci”».Nelle intercettazioni Carozzi prova a intestarsi l’operazione «clausola» e riferisce di aver ricevuto da Aponte, tramite Lavarello, «l’assicurazione che "Ginevra" non aveva nulla da ridire su una riduzione del termine».Tra una chiacchierata e l’altra sugli interessi di Aponte, Lavarello e Carozzi si ritrovano a parlare dell’ex presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. L’uomo di Aponte, infatti, in un passaggio di una lunga intercettazione, afferma: «Non capisco come un Burlando, che non è un cazzo di nessuno, possa avere del potere. Ma questi quattro mezzi politici che abbiamo qua m’han spiegato che invece ce l’ha perché c’è una percezione (incomprensibile) perché ha incidenza sulla Culmv (Compagnia unica lavoratori merci varie, ndr)». Carozzi lo contraddice: «No sulla Culmv non ne ha più, ha il potere degli affari, delle congreghe, vabbè quello che noi stiamo combattendo e mi sembra...». Lavarello si incuriosisce: «Ma che potere può avere?». E Carozzi spiega: «Ma non ha potere, ha il potere degli inciuci, no? Gli amici degli amici...».Lo stesso Burlando con Spinelli, in un’intercettazione, si lamenta, parlando quasi sempre in dialetto genovese, di Rino Canavese, il membro del comitato di gestione che rappresenta gli interessi del Comune di Savona, guidato dal centrosinistra.Per i due le merci alla rinfusa dovrebbero rimanere a Genova, soprattutto per l’importanza del cemento, ma Canavese remerebbe contro (e infatti ha votato contro la proroga trentennale). Burlando esclama: «Ti devi alleare con Giulio contro Canavese belin». Poi aggiunge: «Ma allora fa tutto Savona». Spinelli: «Sì infatti bisogna levarlo, bisogna levare Canavese». Burlando: «E lo so». Spinelli: «Adesso con il sindaco di Savona vado a parlarci io». Burlando conclude: «Va bene, va bene dai». Intanto proseguono le schermaglie tra accusa e difesa sulle parole pronunciate durante l’interrogatorio di Roberto Spinelli, figlio di Aldo. Ha davvero detto che Toti avrebbe chiesto «finanziamenti illeciti?». La Procura difende questa versione, contenuta nella trascrizione integrale del verbale, anche se ammette che l’aggettivo «illeciti» non si senta bene. Resta poco comprensibile perché un passaggio così importante non sia stato inserito nel verbale sintetico. L’avvocato Alessandro Vaccaro, difensore di Aldo Spinelli e del figlio Roberto commenta: «“Leciti” o “illeciti" è una tempesta in un bicchier d’acqua... sicuramente la trascrizione a pagina 22 è errata. Infatti, oltre all’immediata smentita da parte del diretto interessato, è sufficiente leggere lo stesso documento a pagina 8 dove a domanda diretta l’interessato chiaramente risponde “non ho mai fatto finanziamenti illeciti, non ho mai promesso...”».
Silvia Salis (Imagoeconomica)
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)