Da lunedì 11 in vigore le nuove norme, Italia divisa fra regioni gialle e arancioni. Ma si lavora già all’ennesimo giro di vite Intanto l’Iss ammette il flop del lockdown di Natale: «Aumento di contagi non riconducibile a catene di trasmissioni note»
Da lunedì 11 in vigore le nuove norme, Italia divisa fra regioni gialle e arancioni. Ma si lavora già all’ennesimo giro di vite Intanto l’Iss ammette il flop del lockdown di Natale: «Aumento di contagi non riconducibile a catene di trasmissioni note»Chiudere il recinto, ammettendo però che i buoi sono scappati. Potrebbe essere questa l’estrema sintesi della mole di dati contenuti nel monitoraggio dell’Iss sulla diffusione del contagio e delle dichiarazioni a corredo, rese da Silvio Brusaferro e da Franco Locatelli nel corso della conferenza stampa con cui, ieri, sono state illustrate le ragioni epidemiologiche alla base delle nuove misure restrittive. La chiave è in una frase, stringata, facilmente comprensibile a dispetto dell’usuale linguaggio utilizzato in documenti di questo tipo: «Si osserva», si legge, «di nuovo un aumento nel numero di casi non riconducibili a catene di trasmissione note». In soldoni, vuol dire che il lockdown natalizio (i dati si riferiscono alla settimana che va dal 28 dicembre e il 3 gennaio) imposto dal governo, lungi dallo schiacciare la curva del contagio, non ha nemmeno consentito alle autorità sanitarie di tracciare i focolai, la maggior parte dei quali è ormai fuori controllo. A fronte di ciò, le prime ordinanze del ministro della Salute Roberto Speranza lasciano facilmente intuire che l’esecutivo continuerà a solcare la strada già tracciata nel periodo festivo e che pure non ha avuto effetti tangibili, al di fuori dell’ulteriore strangolamento delle attività e degli esercizi colpiti dalle misure. Così, prima ancora che la conferenza stampa della cabina di regia avesse inizio, Speranza ha annunciato l’ordinanza che ha preso a «ricolorare» l’Italia dopo le uniformi chiusure natalizie. Si comincia con Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia, che da lunedì 11 gennaio saranno in zona arancione. Per queste regioni, dunque, l’arancione previsto per tutto il Paese nel week end dal cosiddetto «decreto ponte» si protrarrà per almeno due settimane. Questo vuol dire, ricapitolando, che si potrà circolare dalle 5 alle 22 nel proprio Comune, ma non si potrà uscire da esso, salvo che nei casi previsti (comprovati motivi di lavoro, salute e necessità) da riportare sull’autocertificazione. Bar e ristoranti, dunque, nelle regioni citate continueranno a essere chiusi, salvo che per asporto o consegne a domicilio, mentre gli altri negozi resteranno aperti e riapriranno i centri commerciali, salvo che nei giorni festivi e prefestivi. Restano chiuse, come è noto, anche palestre e piscine. Quanto alle altre regioni, la decisione iniziale del governo è stata quella di metterle tutte in zona gialla, senza per ora decretare alcuna area rossa, ma la situazione del famigerato indice Rt sembra inesorabilmente andare, per un cospicuo numero di regioni, verso un imminente passaggio all’arancione e per alcune delle neo arancioni non è escluso l’arrivo del rosso. C’è da ricordare, infatti, che per le zone gialle la verifica della situazione e un eventuale irrigidimento delle misure è previsto dopo una settimana, mentre per le altre dopo almeno due settimane. Inoltre, nell’ultimo decreto emanato dall’esecutivo, sono state introdotte soglie più severe per il passaggio da giallo ad arancione e da arancione a rosso, tanto che allo stato delle cose e in mancanza di un’inversione di tendenza, la spada di Damocle del lockdown duro pende già su Calabria, Emilia Romagna e Lombardia, con un gruppo nutrito di regioni sulla soglia dell’arancione (tra le quali spiccano Lazio, Piemonte e Puglia). Per il momento, però, giova ricordare come ci si deve comportare in zona gialla, dato che tale condizione riguarderà, nei prossimi giorni, la maggioranza degli italiani: spostamenti consentiti all’interno della propria regione, riapertura di bar e ristoranti fino alle 18 e fino alle 22 per l’asporto o la consegna a domicilio, negozi aperti regolarmente, mentre centri commerciali aperti nei giorni feriali, sempre chiuse palestre e piscine. Di fronte al lungo protrarsi dello stop a settori come la ristorazione e lo sport e a una situazione economica che ha ampiamente varcato in molti casi la soglia della disperazione, diventa vitale una sollecita messa in campo, da parte dell’esecutivo, di nuove ed efficaci misure di sostegno economico. Le cose, però, complice il braccio di ferro tra il premier Giuseppe Conte e il leader di Iv Matteo Renzi che sta paralizzando la politica, non stanno andando in questa direzione. Mentre monta il malumore tra i lavoratori maggiormente penalizzati dalle chiusure, a causa del ritardo dei bonifici per il periodo natalizio (promessi ma non arrivati), non è ancora chiara la forma che dovrà assumere e le misure che dovrà contenere il nuovo decreto Ristori di gennaio, per il quale, secondo gli orientamenti filtrati, si dovrebbe procedere a un ulteriore scostamento di bilancio pari a 20 miliardi. Per ora, di certo c’è che tra gli atti sospesi nel 2020 e quelli pronti già per il 2021, 50 milioni di cartelle esattoriali sono in viaggio verso le cassette della posta degli italiani, e che senza un sollecito intervento legislativo che ne attenui, ne ritardi o ne annulli l’impatto sulle già disastrate finanze dei contribuenti, la situazione di milioni di famiglie potrebbe risultare definitivamente compromessa.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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