2018-07-26
Le app per il sesso libero s’inventano il comitato di controllo anti molestie
Match è l'azienda leader nel campo degli incontri online grazie al successo di brand come Tinder e Meetic. Per fermare i comportamenti scorretti ha reclutato un gruppo di «esperti», tra cui la fondatrice del Me too.Match group, la mastodontica azienda americana che gestisce Tinder, Okcupid e Match, cioè i principali app e siti Internet di incontri del mondo, ha deciso di creare un board che si riunirà quattro volte l'anno per impedire le molestie. Di questo comitato fresco di creazione farà parte anche una spaventamolestatori Doc, ovvero la fondatrice del movimento Me too Tarana Burke. È curioso che proprio Tarana - la quale poche settimane fa aveva rilasciato interviste in cui affermava che il Me too avesse deviato dallo scopo originario, occupandosi di tutto tranne che di molestie vere - sia stata arruolata nella fantomatica squadra degli «acchiappazozzoni» di Match group. Evidentemente, ora può includere anche sé stessa nel gruppo delle sacerdotesse del movimento che, grazie al ritorno di immagine, hanno ottenuto incarichi professionali (incarichi che però, a ben guardare, lasciano il settore della molestia sessuale esattamente com'è). Non si può pensare che le molestie si possano davvero combattere sul campo assai ambiguo delle piattaforme di appuntamenti, il cui pressoché unico scopo, soprattutto per gli uomini, è quello di rastrellare un incontro sessuale per la serata. Pare difficile, infatti, che la Burke possa presentarsi con una mazza da baseball agli incontri organizzati tramite Tinder onde poter difendere la malcapitata ragazza che - visto il partner in carne e ossa - decidesse di cambiare idea e non volesse più titillarcisi la virtù…È chiaro che l'idea - farraginosa e irrealizzabile - è quella di bloccare i molestatori a monte, cioè durante gli scambi di messaggi e fotografie che poi portano all'appuntamento vero e proprio. I membri del board antimolestie, infatti, dovrebbero mettere a punto strategie di controllo che trasformino il carnaio virtuale in avanguardia del politically correct sessuale. E come faranno? Controllando le frasi dei dialoghi online? Intervenendo sulle parole usate dagli utenti, un po' come fanno gli algoritmi di Facebook? Immaginiamo già i risultati… «Sei così bella che sto pensando di amarti e onorarti per il resto della mia vita» andrà bene, mentre «sei così bella che ti violenterei seduta stante magari invitando alla “festa" anche mio zio e mio cugino» no. Oppure si analizzerà il luogo indicato per l'appuntamento? «In piazza» andrà bene e «a casa mia o a casa tua?» invece no? E se poi quello che mi ha invitato in piazza mi dà una botta in testa, mi trascina in un vicolo buio e mi stupra chiamando con un fischio anche i noti cugino e zio che stavano appostati in attesa?È risaputo che il predatore sessuale, perché la vittima si fidi di lui, si presenta come il principe azzurro, mica come lo stupratore seriale. Ed è ipotizzabile che - qualora una donna riceva in chat approcci eccessivamente scomposti, che le facciano scattare il campanello di allarme riguardo alla capacità del potenziale partner di rispettare un eventuale «no» durante il faccia a faccia - ebbene interrompa già da sola il dialogo con il balordo in questione e non si presenti assolutamente all'incontro. In realtà, il board anti stupro non nasce dalla volontà di fornire un servizio davvero sicuro: se così fosse, questi controlli, pur con tutta la loro inevitabile inefficacia, sarebbero stati già presenti al momento dell'esordio sul mercato di tali app. Okcupid è stata lanciata nel 2004, Tinder nel 2012, e siamo certi che lo stuolo di disavventure che le iscritte potrebbero raccontare sia infinito (e certamente ne avrebbe da raccontare anche qualche iscritto, perché violenza e malcostume comportamentale non sono esclusiva del maschio, come sostiene la narrazione del Me Too). Se pure esistesse una volontà di ferro di renderle sicure al cento per cento, ciò risulta impossibile perché le variabili che scatenano la molestia e la violenza sono incontrollabili. E quindi inevitabili dalle stesse app. Il punto è che le società vogliono pararsi da eventuali richieste di risarcimenti danni, esattamente come quando le compagnie produttrici di sigarette hanno iniziato a scrivere sui pacchetti che fumare fa male.Avvenne, se vi ricordate, dopo richieste di risarcimenti milionari da parte di fumatori che avevano sviluppato patologie e ai quali la legge aveva dato ragione sul fatto che non erano stati avvisati del rischio di salute che correvano. Infatti, proprio nel 2011, un'utente di Los Angeles del sito Match.com denunciò la piattaforma dopo il secondo appuntamento con un uomo conosciuto lì sopra. Era un professionista del cinema e della tv, che alla donna era sembrato molto affascinante e interessante al primo appuntamento, ma alla fine del secondo incontro l'aveva seguita fino in casa e costretta a subire un assalto sessuale. La donna poi aveva fatto un po' di ricerche online e aveva scoperto che l'uomo era stato già condannato per reati sessuali: se Match.com avesse operato un controllo, il maniaco non si sarebbe potuto iscrivere sulla piattaforma e trovare - comodamente seduto sul divano - nuove vittime per le sue pulsioni.Resta, però, che la verità è sempre la stessa: con questa mossa Match group potrà sostenere di lottare contro le molestie, senza poi farlo veramente. La facciata sarà salva, la sostanza intatta. L'unica azione veramente efficace da parte della società, per evitare le violenze che possono scaturire dall'uso delle sue piattaforme, sarebbe chiudere i propri siti e ricominciare a veicolare l'idea, casomai, del sesso che si fa per amore e con amore, all'interno di una coppia stabile. In questo modo si smitizzerebbe la pericolosa separazione tra sessualità e sentimento che ha creato, nei decenni, numerosi altri danni alle donne, agli uomini, alla famiglia e alla società. E si limiterebbero sul serio i pericoli che corrono le donne cercando su Internet appuntamenti hot invece che ricette per cucinare una bella cena per sé stesse, marito, figli e cane.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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