2020-02-29
Lazzaretto Italia in mondovisione. Juve-Inter si gioca a porte chiuse
Naufraga il tentativo di salvare l'immagine del Belpaese compromessa dalle scelte scellerate del governo. Il match di Torino con lo stadio vuoto è lo spot globale delle nostre contraddizioni. Caos anche sulle scuole.L'Emilia Romagna è la terza Regione italiana più colpita, ma se ne parla pochissimo. Complici i media amici, il governatore dem è riuscito a defilarsi dal tritacarne politico.Lo speciale contiene due articoli.Avendo compreso che compromettere l'immagine dell'Italia e sclerotizzarne il centro produttivo costerà economicamente e politicamente, il governicchio ha cambiato linea: si torna alla normalità, il Covid-19 è un'influenza appena più aggressiva, gli infetti non hanno quasi mai bisogno di ricovero e i malati stanno guarendo. Ma il danno è fatto. E sarà difficile rimettere in moto, con un maquillage sulla conta dei contagi, la metà del Paese che s'è bloccata e l'altra metà che resta terrorizzata. È proprio la gestione dilettantesca dell'emergenza ad aver irritato Sergio Mattarella, che con il suo discorso di ieri sulle «paure irrazionali» ha censurato il caos provocato dall'imperizia di Giuseppe Conte. Tanto più che nonostante gli appelli e le veline antiallarmiste (cui i media ufficiali si sono tendenzialmente adeguati), proseguono i segnali contraddittori, che erodono ulteriormente la già compromessa fiducia dell'opinione pubblica e, comunque, non rendono proprio l'idea di una situazione normale.L'aspetto più clamoroso riguarda il derby d'Italia, Juventus-Inter. Nei giorni scorsi s'era fatta largo l'ipotesi di rinviarlo a lunedì, aprendo tuttavia l'Allianz Stadium di Torino ai tifosi. Ma, alla fine, Regione, prefetti, sindaci e presidenti delle province piemontesi hanno convenuto di far giocare il match domani sera, a porte chiuse. Sarà uno scenario apocalittico: Cristiano Ronaldo e Romelu Lukaku daranno l'assedio alle reti in un silenzio tombale, rotto soltanto dalle imprecazioni degli allenatori. Il turno d'andata, lo scorso ottobre, era stato la partita più seguita della storia di Sky Italia: una media di 3,2 milioni di spettatori, con picchi sopra i 4 milioni. Considerando che la gara viene trasmessa in oltre 200 Paesi e che ora è una vera sfida scudetto, nel momento più critico per i bianconeri, non è assurdo supporre che a seguirla in tv, nel mondo, sarà un numero di appassionati vicino al miliardo di persone. Quasi un settimo della popolazione del globo vedrà uno stadio deserto, uno scenario postatomico tipo Ken il guerriero. Persino Cr7, intervistato da Sky, ha dovuto ammettere: «Sarà strano giocare senza tifo». Altro che normalità. Altro che l'amministrazione Appendino, che nel capoluogo sta assurdamente preparando la festa di fine epidemia. Se va tutto bene, perché lo Stadium sarà vuoto? Perché i supporter della Juve sono stati ammessi a Lione e non nella loro città?Nel frattempo, proseguono le precauzioni nelle serie minori e negli altri sport. Non sono una vetrina planetaria, però in Lombardia le attività dilettantistiche sono lungi dall'agognata normalità: saranno riaperti impianti e palestre, ricominceranno le competizioni, ma resteranno senza pubblico. Non era tutto sotto controllo? In Sardegna, per dire, non è stato registrato alcun caso di coronavirus, eppure a Cagliari è stata rinviata la corsa femminile prevista per l'8 marzo. Al contempo, l'assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, ha annunciato che è pronto un piano per «isolare» fino a 110.000 persone.Non è soltanto lo sport a presentare uno scenario schizofrenico. L'altro capitolo dolente è quello delle scuole; e cosa c'è di più normale degli alunni che vanno a lezione? A esclusione delle zone rosse, la pressione per riportare tutti in aula è forte. Su questo si sono esposte in prima persona sia la titolare del Miur, Lucia Azzolina, sia il viceministro, Anna Ascani. Nondimeno, l'orientamento non è univoco. Il Nord Est è orientato per la riapertura. La Lombardia, invece, vuole prorogare l'ordinanza per un'altra settimana, inclusa la chiusura delle scuole. La Liguria decide domani. Nelle Marche, invece, prosegue il braccio di ferro con Roma. Il governatore, Luca Ceriscioli, non molla: dopo l'annullamento della prima ordinanza da parte del Tar, ne ha siglata un'altra, tenendo fino a oggi i ragazzi a casa. Frattanto, il suo esecutivo regionale polemizza aspramente con il compagno di partito, il ministro pd delle Autonomie, Francesco Boccia. A Roseto degli Abruzzi, dove era risultato positivo solo un uomo brianzolo, in villeggiatura con la famiglia, subito isolata, gli istituti d'istruzione sono stati interdetti agli studenti sino a oggi. A suggerire tanta prudenza è anche il timore delle Procure: basti pensare all'amara sorte dei medici di Codogno, praticamente «denunciati» dal premier. È facile invocare il ritorno alla normalità; è ancor più facile immaginare cosa scatenerebbe il contagio di un minore, a scuole regolarmente funzionanti. E così a Messina, a 1.000 chilometri dai focolai del Nord, il sindaco terrà elementari, medie e licei sbarrati fino a martedì.La città simbolo della reazione al panico da virus dovrebbe essere Milano. Ma anche lì, al netto degli spot di Beppe Sala e sebbene si prepari a riaprire il Duomo, su cinema, teatri e musei è arrivata la frenata del ministro, Dario Franceschini: «Non si può passare dal chiudere tutto a voler riaprire tutto». E i ristoratori sono talmente disperati, da aver provato a rassicurare la clientela annunciando pulizie straordinarie nei locali. Dagli esperti, d'altro canto, non arrivano rassicurazioni che giustifichino un allentamento delle precauzioni. L'Oms ha innalzato il livello dell'allerta globale. Massimo Galli, del Sacco, ha sentenziato: «Quest'epidemia non sarà rapidamente risolta». Durerà più Conte o il coronavirus?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lazzaretto-italia-in-mondovisione-juve-inter-si-gioca-a-porte-chiuse-2645337756.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-i-cronisti-si-scordano-di-bonaccini" data-post-id="2645337756" data-published-at="1757955067" data-use-pagination="False"> E i cronisti si scordano di Bonaccini Mentre i laboratori di tutto il mondo cercano di trovare un vaccino per il coronavirus, in Emilia Romagna, molto più modestamente, sembrano aver trovato il siero contro le rotture di scatole. In un'emergenza in cui i presidenti delle Regioni sono in prima linea, nel bene o nel male, tra la mascherina di Attilio Fontana, i dilemmi calcistici di Alberto Cirio e il protagonismo muscolare del sin qui misconosciuto Luca Ceriscioli, Stefano Bonaccini sembra scomparso dai radar. Parla poco, e non è detto che sia un male, ma sembra anche poco interrogato dai media. Quasi che l'emergenza non riguardasse la sua regione. Eppure, numeri alla mano, non è così. La mappa dei contagi regione per regione aggiornata a ieri sera, infatti, vedeva la Lombardia nella situazione nettamente più critica, con ben 531 infetti sul suo territorio. Il secondo focolaio, come sappiamo, si è innescato in Veneto, dove ieri si contavano 151 casi. L'Emilia Romagna, però, è terza, con ben 145 tamponi positivi tra i suoi abitanti. La quarta regione per numero di casi, la Liguria, appare in una situazione nettamente migliore, con «soli» 19 cittadini infetti. In tutte le altre regioni, i casi sono pochissimi. Il Piemonte, per dire, è spesso al centro delle cronache, eppure al momento si è fermato a 11 contagi. Certamente la coincidenza che vuole la partita più attesa dell'anno capitare a Torino proprio nel pieno dell'epidemia ha contribuito ad accendere i riflettori, ma, in generale, una certa sproporzione nel trattamento mediatico appare evidente. Non c'è nessuna selva di microfoni ad attendere Bonaccini a ogni sua uscita, e questo è un fatto. Va detto che la sua giunta è entrata ufficialmente in funzione solo ieri, quando l'assemblea legislativa regionale si è insediata. Ma per un presidente che è stato riconfermato alla guida della Regione e che viene da un precedente mandato, la scusa del «dateci tempo» non sta in piedi. Né, del resto, il tempo da dare è poi così tanto. Può anche darsi, ovviamente, che il basso profilo mediatico di Bonaccini sia una precisa scelta politica, una sorta di riedizione della strategia elettorale rivelatasi vincente: far parlare gli altri e pascersi nel ruolo del buon amministratore, l'uomo del fare mai sopra le righe. Il protagonismo dei presidenti di Regione, tuttavia, non ha a che fare solo con lo show del blabla politico. Ci sono anche risposte da dare ai cittadini in un momento delicato. Risposte che, dai giornalisti, vengono chieste di continuo a Luca Zaia, per esempio, ma molto meno a un governatore che si trova a dover affrontare una situazione analoga. Stare nell'occhio del ciclone, del resto, comporta una visibilità che non sempre è positiva, poiché aumenta la percezione che il territorio governato dal tal presidente sia in una situazione più critica di altri. Ieri, comunque, dopo la cerimonia di insediamento, Bonaccini ha incontrato i sindaci della regione per fare il punto della situazione. Intervistato a Circo Massimo, su Radio Capital, ha dichiarato: «Il governo non ha proceduto male, anche considerando che c'è stata un'escalation di casi in poche ore. Adesso c'è bisogno che intervenga con misure che diano uno shock all'economia. È la parte più rilevante, anche perché si sta affrontando bene la fase medico-sanitaria». Secondo Bonaccini, «abbiamo bisogno di tornare alla vita normale senza dare segnali contraddittori, e c'è bisogno di un confronto con il governo».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.