2019-10-28
L’avviso di sfratto arriva dritto a Palazzo Chigi
Disfatta dell'inciucio di governo, staccato di oltre 20 punti dalla coalizione trainata da Matteo Salvini (dove Fdi doppia Fi). Il M5s crolla sotto l'8%: grosse grane per Luigi Di Maio. E per Giuseppe Conte, i cui rapporti con il fondo indagato nello scandalo Vaticano raccontati dalla «Verità» finiscono ora anche sul «Financial Times».Che gli italiani non sopportassero i voltagabbana era cosa nota, ma che li avessero in odio anche i compagni, ossia persone che per anni sono state disposte a digerire ogni capriola in nome della ragione di partito, è stata per noi una sorpresa. Eppure è ciò che a quanto pare è accaduto in Umbria, ossia in una delle regioni più rosse del Paese. Per tradizione, ad amministrare i borghi di Perugia, Terni, Norcia, Assisi e Gubbio è sempre stata la sinistra. Per oltre 70 anni il Pci prima, il Pds poi, i Ds e il Pd hanno sempre dettato legge e quando, in qualche caso, i comunisti non sono riusciti ad avere la maggioranza assoluta, cioè ad avere voti sufficienti per fare da soli, hanno spartito il potere con i compagni di Rifondazione, cioè con la sinistra estrema. Negli ultimi tempi qualche crepa nel muro di Foligno si era intravista, perché il centrodestra aveva cominciato a conquistare Comuni dove mai aveva messo radici. E alle ultime elezioni c'era stato il gran balzo della Lega di Matteo Salvini, che aveva ottenuto una percentuale pari a quella del Pd e del Movimento 5 stelle messi insieme.Che dunque in Umbria si fosse avviato un fenomeno nuovo, che i partiti tradizionalmente forti nella zona non fossero in grado di controllare, ci era parso chiaro. Certo, neppure noi immaginavamo che il cambiamento sarebbe stato di tali dimensioni, capace cioè di spazzare via anni e anni di clientelismo rosso. A contribuire a ciò che pare la fine di un'epoca hanno contribuito diversi fattori. Il primo è senza dubbio la gestione della ricostruzione. Nonostante le rassicurazioni dei governi che si sono succeduti negli ultimi tre anni, ci sono paesi colpiti dal sisma del 2016 dove non è neppure iniziata l'opera di rimozione delle macerie. A parole, i ministri si sono sempre dimostrati solidali con i terremotati, ma nei fatti nulla è stato fatto e vedere che la persona a cui era stato dato l'incarico di occuparsi di avviare i lavori con il nuovo governo è stata premiata con la nomina a ministro delle Opere pubbliche certo è parso a tutti gli elettori umbri un vero e proprio schiaffo.Non solo. L'Umbria è stata di recente al centro di uno scandalo della sanità che ha costretto la presidente della Regione alle dimissioni. Gli inquirenti hanno messo le mani su un sistema di nomine che certo non premiava il merito, ma solo l'appartenenza a un partito. Un'inchiesta che ha messo in evidenza un metodo di gestire la cosa pubblica non nell'interesse della collettività, ma a vantaggio di una casta politica, una specie di cupola degli affari e degli incarichi. Per questo la legislatura regionale si è chiusa in anticipo. E per tale motivo, 703.000 elettori sono stati chiamati alle urne. Ma invece di capire che lo scandalo avrebbe richiesto di fare piazza pulita, gli uomini del Pd si sono arroccati a difesa del sistema, pensando che bastasse un'alleanza contro natura con i 5 stelle e un candidato non strettamente legato al vecchio sistema per poter continuare i soliti giochi. Gli italiani però non sono fessi e così pure gli umbri, dunque non hanno gradito le operazioni di trasformismo fatte al solo scopo di conservare la poltrona.Oltre alle questioni locali, agli scandali del sistema di potere e alla mancata ricostruzione, sul voto di ieri hanno però probabilmente anche pesato le questioni nazionali. Nonostante Giuseppe Conte avesse provato a mettere le mani avanti, dichiarando con una certa dose di disprezzo che le elezioni in Umbria valevano quanto quelle di Lecce, questa è la prima volta che gli italiani, anche se solo una parte di essi, dicono la loro sul governo e sulla capriola di quest'estate che ha portato il Pd, cioè il partito degli sconfitti, di nuovo alla guida del Paese. Quale sia il gradimento della nuova coalizione che si è impadronita dell'Italia, impedendo che a decidere il futuro politico del Paese fossero gli elettori, da ieri è chiaro a tutti. Chi sta a Palazzo Chigi è in minoranza e nonostante si arroghi il diritto di decidere per tutti, prima o poi dovrà fare i conti con le urne. È questo il messaggio che arriva dall'Umbria. Agli italiani non piace l'alleanza giallorossa e ancor meno piace la manovra tasse e debito che Pd e 5 stelle hanno varato. Per dirla con Beppe Grillo, il voto di ieri è un gigantesco vaffa al governo, un no grande come una casa, anzi grande come l'Umbria, all'ammucchiata con cui Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e compagni si sono presentati all'appuntamento elettorale. Ora, se ha coraggio, l'armata Brancaleone radunata da Matteo Renzi (anche se in Umbria non ha voluto metterci la faccia, sottraendosi alle foto di rito, è il vero artefice dell'operazione di trasformismo che ha confermato Conte a Palazzo Chigi) dovrebbe smobilitare e consentire agli italiani di scegliersi il governo che desiderano. Ovviamente, questo coraggio mancherà, dunque prepariamoci a un'opposizione lunga almeno fino alla conclusione della legislatura, con gli occhi bene aperti per evitare le trappole che gente come la coppia Renzi & Conte metterà in atto pur di non andare a casa.