La Rav, che collega Aosta a Courmayeur, fa parte del 10% di tratte su cui saranno alzati i pedaggi: dopo il +52,69% del 2018, i Benetton ottengono un ulteriore 6,3%. Sconti per i residenti (ma solo se hanno il Telepass): i più spremuti saranno i turisti.
La Rav, che collega Aosta a Courmayeur, fa parte del 10% di tratte su cui saranno alzati i pedaggi: dopo il +52,69% del 2018, i Benetton ottengono un ulteriore 6,3%. Sconti per i residenti (ma solo se hanno il Telepass): i più spremuti saranno i turisti.Macinare sempre nuovi record, macinare sempre più soldi. L'autostrada Aosta-Entrèves via Courmayeur sembra la Juventus, sbarcata anche nel listino maggiore di Piazza Affari e in fuga verso l'ottavo scudetto consecutivo. Ma con una piccola, non insignificante, differenza: nei successi del Raccordo autostradale valdostano (Rav) di Autostrade e quindi della famiglia Benetton non ci sono né il talento né la fantasia né la tecnica di un Cristiano Ronaldo, ma solo una misteriosa abilità nell'ottenere rincari dei pedaggi a raffica dal governo di turno. Così che se i 126 chilometri della Torino-Milano costassero ai cittadini in proporzione ai 32 chilometri che solcano la Valdigne e portano alla catena del Bianco, il pedaggio alla barriera di Rho-Pero sarebbe di 49,14 euro. Ovvero quasi quattro volte quello di adesso. C'era aria di scampato pericolo, la vigilia di Capodanno, ad Aosta. I Gavio, che gestiscono l'autostrada tra Torino e la barriera di Aosta Est, avevano fatto sapere che per il nuovo anno non avrebbero chiesto al ministero guidato dal grillino Danilo Toninelli i consueti ritocchi all'insù. Una buona notizia non solo per i torinesi, ma anche per i tanti milanesi e genovesi che s'immettono in autostrada a Ivrea per raggiungere le varie località della Vallèe, tra seconde case e gite in giornata. Gite che ora diventeranno ancora più costose, perché Autostrade per l'Italia ha chiesto e ottenuto un rincaro del 6,3% per il suo tratto in Valle d'Aosta, che era già il più caro d'Italia e aveva registrato un incremento del 52,69% nel 2018, grazie al distratto governo Gentiloni. Con i gialloblù al potere, il ministro Toninelli aveva affermato che non ci sarebbero stati aumenti «nel 90% della rete». La Valle d'Aosta, che in effetti è piccolina, ora scopre di essere in quello sfortunato 10% restante. E i Benetton, che dalla tragedia del ponte Morandi in poi hanno preso diverse batoste dall'esecutivo, si sono evidentemente rifatti dello stop nel resto d'Italia accanendosi sui caselli valdostani.Per capire di che assurdità si stia parlando basta mettere mano alla calcolatrice. Giravano da qualche giorno delle stime sui rincari medi per chilometro già abbastanza folli. Ma erano sbagliate per difetto. Sono stati diffusi calcoli sui pedaggi da Aosta Ovest a Courmayeur, ma a meno di fare la statale per 12 chilometri tra Brissogne e Saint Pierre, i calcoli vanno fatti a partire da Aosta Est. Inoltre, che uno esca a Morgex (magari per andare a La Thuile), o a Courmayeur, il costo è sempre lo stesso. E allora il viaggio tipo, tra Aosta Est e Morgex costerà 11,60 euro per 29,7 chilometri di autostrada, per un costo medio di 0,39 euro al chilometro. Se i Gavio, che gestiscono i 126 chilometri della Torino-Milano, fossero parimenti esosi, il pedaggio totale sarebbe di 49,14 euro. Roba che forse nascerebbero i gilet gialli anche da noi. La politica locale, che ovviamente copre solo una piccola parte del problema, è insorta come un sol uomo. Per come può farlo, naturalmente, un Davide contro Golia e in una Regione che nel 2018 ha visto tre giunte. Prima dello scherzaccio di San Silvestro, il presidente Antonio Fosson aveva scritto a Toninelli chiedendo di non concedere gli aumenti richiesti «per non penalizzare ulteriormente l'accessibilità verso la nostra regione» e perché anche i valdostani tornino a utilizzare la A5 per «le loro esigenze di spostamento all'interno del nostro territorio». Nei giorni scorsi, da parte dell'amministrazione valdostana era stata fatta trapelare sulla stampa locale anche una sorta di minaccia in caso di via libera ai rincari: l'acquisizione delle quote private della Rav. Si tratta di mettere le mani in un piatto assai ricco, ma poco accessibile persino per una Regione ricca. Le azioni della Rav sono per il 42% in mano alla Regione, che quindi beneficerà dei rincari anche se oggi si lamenta, e per il 58% sono della Sitmb spa, ovvero la società privata che gestisce il traforo del Monte Bianco. E nel traforo troviamo, a loro volta, Autostrade per l'Italia con il 51%, l'Anas con il 32%, la Regione autonoma con 10,6%, il Cantone e la Città di Ginevra con il 6,2% complessivo. Insomma, per chi sta facendo saltare per aria il casinò regionale di Saint Vincent (la Procura di Aosta ha appena chiesto il fallimento per 11 milioni di debiti), sembra davvero uno sparo nel buio minacciare di prendersi autostrada e traforo del Bianco. Tuttavia, per non saper né leggere né scrivere, Autostrade ha diffuso una nota per spiegare ai valdostani che gli aumenti non li riguarderanno, ma colpiranno turisti e viaggiatori di passaggio: «L'incremento non si applica ai pendolari e ai residenti in Valle d'Aosta». Ovviamente a patto che abbiano il Telepass e che aderiscano al sistema di agevolazioni riservato ai residenti «facendone richiesta». Nell'era di Internet e dell'informazione in tempo reale, forse qualcuno sperava che la notizia delle esenzioni restasse confinata ai media locali. Invece milanesi e genovesi l'hanno letta e questo rischia di non aumentare l'appeal delle località valdostane.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





