2023-10-11
L’autogol del centrodestra lombardo spalanca la porta al gender in aula
Bocciata una mozione di Fdi in Regione contro l’obbligo di registrare uno studente con un’identità diversa da quella anagrafica. Decisivo lo smarcamento di Forza Italia. Esultano Pd, M5s e associazioni Lgbt.Sono andati in aula senza un’intesa, così il Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato la mozione contro le carriere alias nelle scuole. Presentata da Fratelli d’Italia lo scorso luglio, con primo firmatario Giacomo Zamperini, chiedeva interventi per bloccare la diffusione di regolamenti scolastici che consentono di ottenere un’identità, corrispondente al genere cui «sente» di appartenere lo studente, in sostituzione dell’identità anagrafica ufficiale. La discussione non ebbe luogo in Regione, venne rimandata a settembre perché «c’era un aggiustamento tecnico da fare», spiegò il consigliere Zamperini. Giovedì 7 settembre fu nuovamente rinviata e ieri la mozione, finalmente all’ordine del giorno, è stata respinta. I voti a favore sono stati 35, i contrari 33, 4 gli astenuti e 3 gli assenti, ma la maggioranza richiesta era di 37 su 73 consiglieri presenti quindi il testo non è passato. Solo alcuni consiglieri della Lega avevano sottoscritto la proposta, mentre Forza Italia, come dichiarato da Simona Tironi, assessore regionale alla Scuola, Formazione e Lavoro, ai suoi aveva «lasciato libertà di voto». Giulio Gallera, infatti, ha votato contro. «Le istituzioni come la scuola devono aiutare le persone più fragili. Se la carriera alias serve a non far sentire le persone discriminate, ben venga la carriera alias», è stata la sua dichiarazione prima di respingere la mozione. Il voto era segreto, come richiesto da Luca Paladini (Patto civico), a nome anche di diversi consiglieri di opposizione. Non volevano metterci la faccia? I franchi tiratori devono essere stati almeno 5, il risultato finale è una figuraccia penosa del centrodestra in Regione Lombardia. Il testo era «intollerabile anche per diversi esponenti della maggioranza», è stato l’inevitabile commento di Onorio Rosati (Alleanza Verdi Sinistra), mentre il problema di fondo è che Fdi, Lega e Forza Italia sono arrivati in aula senza unità di intenti. Zamperini assicura che «il testo della mozione era concordato con la maggioranza. Poi nella legittima attività di ogni consigliere può esserci qualcuno che la pensa diversamente ma non c’è stata nessuna divisione interna», ma è una giustificazione che non regge. Si arriva alla discussione uniti, non lasciando che il singolo consigliere cambi idea e mandi all’aria una proposta sulla quale si stava lavorando da mesi. «Le forze di maggioranza sono compatte rispetto alla mozione che abbiamo presentato. La decisione era stata presa da tempo», assicurava il primo firmatario a luglio, in un intervento sul blog di ProVita & Famiglia. Negava che fossero state le forti proteste di studenti e associazioni Lgbt, assieme a quelle di esponenti della sinistra e del M5s, a suggerire l’opportunità di ritirare il testo. Si sarebbe trattato solo di un rinvio «tecnico» il cui scopo, spiegava sempre Zamperini, era di «aggiustare alcune cose, rendere la mozione ancor più condivisibile e ancor più efficace, nell’auspicio che anche altri che volessero sottoscriverla, possano farlo». Invece, non solo nessun consigliere di minoranza ha cambiato idea sull’opportunità delle carriere alias, ma alla discussione si è presentato un centrodestra in ordine sparso, senza prevalenza numerica a favore della proposta avanzata. «Una bella dimostrazione dell’aula», l’ha definita il capogruppo Pd Pierfrancesco Majorino, «che ha rifiutato quest’azione scellerata da parte della destra che vuole decidere sulla vita delle ragazze e dei ragazzi. Evidentemente c’è qualche conflitto interno su altre questioni». Grazie soprattutto a Forza Italia, un testo serio è stato respinto e l’iter di presentazione è risultato una farsa, come pure il voto in Regione. La mozione evidenziava l’illegalità e la pericolosità di un protocollo sempre più diffuso in Italia e nella stessa Lombardia, che induce giovani a sentirsi legittimati in un percorso di transizione, scegliendo il nome che corrisponde alla «propria» identità di genere. Sottolinea la «serie di gravi problemi giuridici, psicologici e sociali», che rischiano «di danneggiare gli stessi studenti richiedenti», ma anche gli altri, costretti a «evidenti criticità legate al diritto alla privacy» nella condivisione di spazi gender neutral.«Penso che in ogni caso l’obiettivo sia stato raggiunto», ha cercato di minimizzare la sconfitta il consigliere di Fdi, alludendo al fatto che in ogni caso era stata sollevata la problematica. «Adesso chi deve prendere iniziative dovrà farlo. Vogliamo avere una normativa chiara e che ogni scuola possa applicare le regole e la legge».
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