2025-04-25
I fondi spingono per l’ad francese, astensione dei Benetton. Minoranza al 36,8%. Assogestioni resta fuori con il 3,67%.Philippe Donnet resta amministratore delegato di Generali e Andrea Sironi presidente. La lista Mediobanca che li ha candidati ha vinto. All’assemblea dei soci raccoglie il 52,38% dei consensi (pari a circa il 36% del capitale totale) e prevale su quella di minoranza presentata da Francesco Gaetano Caltagirone (36,8% dei voti in aula pari al 25% del totale) che ha potuto contare anche sull’appoggio inatteso di Unicredit che ha portato il 6,5%. La proporzione rispecchia quella del cda uscente. L’equilibrio non cambia. Dieci consiglieri alla maggioranza e tre alla minoranza. «Oggi ha vinto la società, ha vinto Generali: il mercato si è espresso nettamente e con grande unanimità. Era una scelta di visione sul futuro del gruppo, o come public company o controllato da un paio di soci», ha spiegato Donnet.La partecipazione all’assemblea ha raggiunto il 68,77% del capitale sociale, un dato che conferma l’attenzione e il peso specifico della partita che si stava giocando attorno alla governance del Leone di Trieste. Secondo una prima lettura dell’esito del voto, la lista Caltagirone avrebbe potuto contare sul blocco di Delfin, Unicredit e Crt, oltre a qualche sostegno - suggerisce qualcuno - proveniente dalle Casse. Non è bastato. Edizione della famiglia Benetton (4,83% del capitale), ha scelto di astenersi a conferma che ormai il gruppo è sempre più lontano dall’Italia. Fondamentale l’appoggio degli investitori istituzionali, del mercato retail e dei piccoli azionisti alla lista Mediobanca, che ha confermato la centralità del gruppo milanese, azionista di riferimento con il 13,04% delle quote.La vittoria odierna dell’ad uscente rappresenta un punto a favore anche dell’operazione di integrazione delle attività di asset management di Generali con Natixis a cui Donnet sta lavorando da qualche mese.Proprio l’alleanza con i francesi era stata al centro dello scontro tra la coppia Caltagirone e Delfin e il management uscente, con l’opposizione preoccupata che i risparmi italiani potessero finire in mani francesi.Su questo tema, Donnet ha cercato di rassicurare gli azionisti affermando che la nuova entità, avrà una governance paritetica. «Non saremo in mani francesi», ha assicurato, aggiungendo che «non c’è nessuna perdita di sovranità nel processo decisionale degli investimenti».«Il mercato si è espresso molto chiaramente e direi anche con grande unanimità. Io ho sempre detto che questo non era un referendum per Natixis. Se lo fosse stato sarebbe stato vinto, ma ho sempre detto che questo era il voto per la scelta di una visione per il futuro delle Generali o come public company indipendente, italiana, internazionale o per una Generali controllata da un paio di soci», aggiunge Il manager è convinto del buon esito dell’operazione con i francesi? «Come amministratore delegato di Generali sono sempre fiducioso, ci prenderemo il tempo necessario per spiegarla con grande trasparenza».In ogni caso il fronte di opposizione non ha certo perso le speranze: «Pur non potendo bloccare l’accordo con Natixis, i tre consiglieri espressi da Caltagirone possono influenzare il dibattito interno al cda e spingere per maggiore cautela o eventuali modifiche. L’appoggio di Unicredit rafforza questa posizione, accreditando una linea più prudente o critica nei confronti dell’intesa», afferma Marta Degl’Innocenti, professoressa di economia degli intermediari finanziari presso l’Università Statale di Milano. La scelta di Unicredit va letta in chiave politica in vista di altre partite certamente al di fuori della questione Banco Bpm e Golden power e anche per un probabile spunto critico proprio sul progetto Natixis. Secondo altri, invece, si è trattato di una scelta dettata puramente da logiche finanziarie. Ad avviso di diversi osservatori, l’esito dell’assemblea rafforza l’asse Donnet-Sironi-Mediobanca, ma non chiude del tutto i giochi. Con tre consiglieri eletti, Caltagirone mantiene infatti una presenza significativa, in grado di rappresentare una voce critica e influente all’interno del consiglio d’amministrazione. «Il risultato è sotto le aspettative della vigilia per il fronte Caltagirone, si ragionava su almeno cinque-sei seggi, ma non va sottovalutato il peso di un terzo del consiglio in opposizione alla governance», osservano alcuni analisti che però dovrebbero anche tenere in conto il calo dei voti della lista Mediobanca.«Tutto secondo aspettative», commenta Pietro Calì. «La vera sorpresa è vedere Unicredit schierata con Caltagirone (alla vigilia si poteva pensare ad una astensione). Sarà importante ancora capire la partita di Mps su Mediobanca, essendo Caltagirone anche azionista del gruppo senese». A tal proposito, indica l’analista, non è un caso che Donnet abbia risposto a una domanda sull’Ops di Mps su Mediobanca con un secco: «Vediamo le cose un giorno dopo l’altro». Per l’analista, comunque, le dinamiche interne fanno pensare che il dibattito sulle strategie future rimane. «Caltagirone», sottolinea Calì «avrebbe voluto più crescita, più crescita orizzontale. Oggi l’azienda è molto focalizzata sul core business. Il titolo sta tenendo conto ma potrebbero esserci forti vendite nelle prossime ore o nei prossimi giorni».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.