2025-01-26
L’aspirante presidente fedele solo a sé stesso
Pier Ferdinando Casini (Imagoeconomica)
Undici legislature, 42 anni in Parlamento ma senza mai fare il ministro, Pier Ferdinando Casini è passato dalla Dc a Berlusconi al Pd, tuonando nel frattempo contro «il male oscuro del trasformismo». Anche nella vita privata, confessò, «non sono stato con le mani in mano».Cognome e nome: Casini Pier Ferdinando. Aka (conosciuto anche come) il bel Pierferdy, Pierfurby, Piercasinando, Polly il bello. Professione: recordman. Per le 11 legislature consecutive, 42 anni, in Parlamento. E per non aver ricoperto alcun incarico di governo.Mai. Pur avendo appoggiato, dal 1983 a oggi, più della metà dei 27 esecutivi che da allora si sono avvicendati. Digiuno di poltrone ministeriali, dunque. Come è potuto succedere?Perché avrebbe dovuto lavorare, sghignazzano i più. Ingenerosi. Provateci voi a rimanere così a lungo sulla scena, riuscendo al contempo a scagliarvi, come fece lui nel 2001, nel discorso di insediamento da presidente della Camera, contro «il male oscuro del trasformismo». Che mica lo riguarda. Sono gli altri ad aver subito una metamorfosi. Lui è rimasto sulle sue posizioni.Al centro (tavola). Spostandosi ogni volta in tempo per non essere travolto dalle cadute (altrui). Un tattico ambizioso ma non impaziente, mix di «bonomia bolognese e furbizia democristiana», per lo scomparso Franco Marini, «appresa alla scuola Dc più alta: quella di Antonio Bisaglia e Arnaldo Forlani». «Sono cresciuto con Forlani» ammetterà Casini: «Potrei parlare per ore senza dire assolutamente nulla». «Sempre comunque a spese dei contribuenti!», lo attaccheranno i grillonzi, per la sua lunga militanza sugli scranni di Camera e Senato. Al servizio delle istituzioni, si è sempre schermito lui. Evocando magari Alcide De Gasperi.Che «affermò coi fatti il suo esempio di rigore morale e la sua chiara consapevolezza degli obblighi e dei doveri della politica», lo celebrò con solennità. «Come diciamo a Napoli, chill’ fa ‘o gallo ‘n coppa alla monnezza», lo infiocinò Paolo Cirino Pomicino, rinfacciando a lui - ma anche a Marco Follini, con lui cresciuto alla scuola di cui sopra, insieme poi nell’Udc - di non essersi mai opposti davvero a una legge ad personam pro Silvio Berlusconi: «Solo chiacchiere». Il suo giudizio abrasivo impallidisce tuttavia davanti al proposito del già missino Teodoro Buontempo, il ruspante Er Pecora, che minacciò di sodomizzare «il cameriere di Forlani»: «E quando dico stupro parlo di violenza sessuale, non faccio una metafora politica», ohibò.Casini è figlio d’arte: il padre fu segretario provinciale della Dc bolognese ma «bucò» l’elezione in Parlamento. Per nemesi, il figlio ci è entrato a 27 anni, e non ne è più uscito. Ma a 24 era già consigliere comunale a Bologna. Un’accelerazione favorita dall’incontro con Bisaglia, un ras Dc che, alle elezioni politiche, gli fa raccogliere 34.000 preferenze, e sbarcare a Roma. Morirà l’anno dopo, lasciandogli in eredità un intramontabile aforisma: «Casini e Follini? È come avere due figli, uno bello, l’altro intelligente». La carriera di Pierfurby non ne risentì, anzi. Perché Casini avrà pure l’aspetto di chi «non ha mai lavorato in vita sua», copyright: Berlusconi. Un bellimbusto da sempre sensibile al fascino femminile, «diciamo che non sono mai stato con le mani in mano», ipse dixit. Uno «sfaccendatamente deputato da quasi vent’anni», per Il Foglio di Giuliano Ferrara a inizio secolo.Abile nel non farsi travolgere dalle impetuose correnti Dc, partito di cui sarà responsabile dell’ufficio stampa e propaganda, grazie alla protezione di Forlani. Tanto che ogni qual volta il segretario compariva in tv, ha scritto Gian Antonio Stella nel libro Tribù Spa, una foto di gruppo del centrodestra nel 2005 , «alle spalle del Coniglio Mannaro» si materializzava lui, perciò ribattezzato «l’onorevole Sfondo». Così accorto da sopravvivere al crollo del Muro di Berlino e della Prima Repubblica.Traslocando politicamente ad Arcore, dove «io ridevo a tre barzellette su 10 raccontate dal Cavaliere, lui sghignazzava 10 volte su 10», è l’amarcord di Clemente Mastella con cui Casini, accompagnato da un altro ex Dc, Francesco D’Onofrio, fonderà nel gennaio 1994 il Ccd, poi Udc dal 2002. Certo, dopo la vittoria di Romano Prodi nel 1996, il Bel Vaporoso fu tranchant: «Il Polo è finito e Berlusconi è destinato a rimanere all’opposizione per secoli». Invece nel 2001 tornò a Palazzo Chigi, facendo incoronare Casini - nel frattempo evidentemente ravvedutosi - terza carica dello Stato. Ma Pier, core ‘ngrato si mise a fare l’occhiolino alla sinistra, contando sulla sponda di Follini e Bruno Tabacci, anche lui nell’Udc, come «spine nel fianco» del leader di Forza Italia.Che non la prese benissimo: «Quello» lo additò con fastidio «gioca a fare il fenomeno, il presidente super partes, quando lì invece ce l’abbiamo portato noi». Ad una cerimonia ufficiale si rifiutò addirittura di stringergli la mano: «Sta esagerando. Questa me la paga. Non lo perdono» (poi invece lo fece).Quando si separarono definitivamente, Casini picchiò duro: «L’onorevole Berlusconi pretende dagli alleati un servilismo che sono orgoglioso di non aver mai avuto». «Sono stanco di ascoltare la solita litania di slogan e frasi pensate per compiacere la gente anziché dirle la verità». «Se fosse alto quanto ha il naso lungo, sarebbe un metro e 90». «Dubito il Cavaliere abbia mai fatto nulla contro il proprio interesse». Fino all’inarrivabile: «Non moriremo berlusconiani», detto per di più alla Festa dell’Unità!Perché Casini - uno «scemino» (per Rosy Bindi; replica di Pierferdy: «Parla lei, il peggior ministro della storia»), «un ballerino di fila» (Cesare Previti), «un ragazzino di cui non vale la pena di inseguire le cretinate» (Francesco Cossiga), «un carugnet de la sacrestia» (Umberto Bossi) - si unì a Berlusconi, ma non immaginando mai i vincoli politici indissolubili. Pertanto bye bye Silvio, ma pure au revoir a Mastella, D’Onofrio, Follini, Tabacci, Gianfranco Fini (quando questi decise di aderire al neo Pdl, il Popolo delle Libertà), infine alla stessa Udc, nel 2016, per battezzare il suo Centro per l’Italia, anzi: l’Europa (massì, facciamo vedere che abbondiamo).Il cattolicissimo Pier, devoto della Madonna di San Luca, ha derogato dal «sempre e per sempre», su cui si regge l’istituto del matrimonio, anche nella vita privata.Sposato due volte, divorziato due volte.Ma come? Proprio lui, in prima fila al Family Day, tanto da far sbottare Rino Formica: «È un arcitaliano, perfetto rappresentante di un’Italia bigotta e trasgressiva»? Replica serafica: «Non capisco cosa c’entrino le scelte private con la difesa che io faccio della famiglia tradizionale. Che intendo tutelare proprio perché ne ho sperimentato la crisi».Parole del 2006 corrette nel 2023: «Oggi la penserei diversamente».Qualche peccatuccio lo deve comunque aver commesso, se la prima ex moglie, Roberta Lubich, commentando lo slogan dell’Udc nel 2001, «Fedeli al cento per cento», pare abbia sorriso: «Sì, certo, come no».Anche sulla fine del matrimonio con Azzurra Caltagirone, figlia dell’imprenditore-editore Francesco Gaetano, è fiorito un brutto pettegolezzo. Da lui smentito. Ma messo in giro da chi? Al Foglio Casini ha confidato: «Ritengo da un paio di persone. Sospetto che una sia Emilio Fede, l’altra Vittorio Feltri». Uscendo dal gossip: caduto il sire di Arcore nel 2011, Casini si infilerà nelle varie ammucchiate a sostegno dei governi di Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni.Ritrovandosi a capo, con la benedizione di Renzi ancora segretario Pd, della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario (istituita nel 2017 - infieriranno i detrattori - a difesa del Giglio magico fiorentino dopo il fallimento di Banca Etruria).Con il primo governo di Giuseppe Conte si prende una pausa, per poi votare a favore del Conte 2, e of course di Mario Draghi.Ora qualcuno lo vedrebbe in corsa per la leadership di un ennesimo rassemblement centrista, alleato con il Pd.Ma figuriamoci. Casini ha in testa l’appuntamento con la Storia: il Quirinale.Il tentativo del 2022 è andato a vuoto.Anche perché, prima che iniziassero le votazioni, Casini postò una foto di sé medesimo a 19 anni, impegnato in un comizio: «La passione politica è la mia vita!».In calce i buontemponi social, alludendo alle sue disinvolte giravolte, appiccicarono una foto di lui nel 2018, candidato del Pd (!) a Bologna, mentre interloquiva con gli anziani fan della falce e martello sotto i ritratti di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti. «La categoria degli aspiranti presidenti della Repubblica è vastissima», filosofeggia oggi.Sa che da qui a 4 anni (quando si riaprirà la partita per il Colle, e lui avrà 74 anni) può capitare di tutto.L’importante è non scomparire come la Dc, «nata con don Sturzo» ironizzò una volta «e defunta con Don Onofrio».Che pronto ribattè: «La verità è che la Dc è nata nelle sacrestie ed è finita nei Casini». Ps. Il vostro cronista si autodenuncia. Non è venuto a capo di un piccolo mistero. Quale sia la causa del comunicato n. 182 del Mef, il ministero dell’Economia e delle finanze, in data 9 novembre 2010: «La notizia battuta da un’agenzia di stampa, secondo cui il ministro Giulio Tremonti e l’on. Casini avrebbero parlato di “puttanelle”, è assolutamente falsa» (peccato...).
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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