
L'edificio nella periferia Nord di Torino era stato sequestrato nel 2017 dalla municipale. Riaprirà sabato col patrocinio del Comune a guida M5s. Proteste da Fratelli d'Italia: «È un luogo di preghiera mascherato da centro culturale dove si diffonde il radicalismo».Due anni fa, la municipale di Torino sottoposte a sequestro i locali di una moschea abusiva in via Aquilia, periferia Nord del capoluuogo piemontese. Il luogo di culto, come spessissimo accade in Italia, era celato sotto le sembianze di un centro culturale islamico. La novità è che sabato prossimo, sempre nella forma di centro culturale, la struttura riaprirà i battenti, con tanto di patrocinio del Comune. All'inaugurazione parteciperà anche un personaggio piuttosto controverso, Gabriele Iungo, ex docente della Cattolica convertito all'islam. Oggi Iungo, il cui nome musulmano è Shayk Ibrahim, dichiara di lavorare presso l'Osservatorio di Al Azhar per il contrasto all'estremismo. Eppure, la sua storia di personaggio pubblico è costellata di prese di posizione tutt'altro che moderate. Nel 2009 partecipò a Pomeriggio 5 di Barbara D'Urso, a un dibattito in cui difendeva il velo integrale, al fianco di Maria Giulia Sergio. La ragazza fu la prima italiana in assoluto ad arruolarsi tra i foreign fighters in Siria. Perciò fu condannata in contumacia a 9 anni. La Sergio, alias Fatima, è sparita nel 2014, forse caduta in battaglia. Sui social, Iungo era stato pizzicato anche a inneggiare a un terrorista saudita, avvezzo a farsi riprendere mentre sgozzava prigionieri russi e volontari della Croce rossa.Eppure, il Comune guidato dalla grillina Chiara Appendino (modernissima quando si parla di femminismo e agenda Lgbt: chissà come concilierà quest'inclinazione con la benevolenza verso i musulmani) non si è fatto scrupolo a garantire che la riapertura del centro islamico avvenisse sotto la sua egida.Furiosi il capogruppo di Fdi in Regione Piemonte, Maurizio Marrone e la sua collega di partito, la deputata Augusta Montaruli, secondo i quali la natura di moschea di quello che dovrebbe essere solo un centro culturale è ben visibile già dal logo della struttura. Che infatti si autodefinisce «moschea la Palma». In Comune se ne saranno accorti?Il simbolo di Torino, dicono i due esponenti di Fratelli d'Italia, «viene sporcato da ombre inquietanti di integralismo contiguo al Califfato, una vergogna che segna l'apice di un percorso intrapreso da Appendino con il patrocinio comunale alle feste islamiche, le piscine vietate agli uomini perché riservate alle donne musulmane e l'apertura alla finanza coranica». Perciò entrambi denunciano una vera e propria «colonizzazione islamica a 5 stelle» del capoluogo piemontese.«Vista la vicinanza alla Francia, d'altronde, la Regione ha una posizione strategica per i fondamentalisti musulmani», spiega alla Verità l'onorevole Montaruli. «Torino ha conosciuto una stratificazione di amministrazioni di sinistra, culminata con quella pentastellata, che hanno completamente abbandonato le periferie, lasciando che si trasformassero in quartieri ghetto, spesso preda degli estremisti islamici. Basti pensare alla zona di Porta Palazzo, una terra di nessuno suddivisa tra clandestini di religione musulmana, foraggiati dai centri sociali ed edifici occupati dagli abusivi».Quanto all'opportunità di assicurare luoghi di preghiera anche ai fedeli islamici, la Montaruli è lapidaria: «Il diritto internazionale sancisce un principio di reciprocità: nei loro Paesi i cristiani non sono affatto al sicuro. Quando le cose cambieranno, si potrà riparlare della possibilità di costruire moschee in Italia».Bisogna sottolineare che l'islam non ha mai sottoscritto con lo Stato l'equivalente maomettano dei Patti lateranensi. Anche per questo delle strutture presentate alle autorità come centri culturali vengono in verità utilizzate come autentiche moschee. E siccome l'islam non ha un «Papa», cioè un capo religioso che possa stabilire un'interpretazione della dottrina valida per tutti, c'è sempre il rischio che in queste realtà che sfuggono a un controllo capillare s'infiltrino predicatori radicalizzati. Lo aveva illustrato alla Verità, solo pochi mesi fa, Magdi Cristiano Allam, sempre solerte nel denunciare i pericoli del fondamentalismo musulmano. «Stiamo parlando di vere e proprie moschee», aveva commentato, «che per aggirare i rigidi paletti legali alla realizzazione di edifici di culto, si registrano come centri islamici». La sostanziale inconciliabilità tra i nostri principi costituzionali e gli articoli di fede islamica è, secondo Allam, la ragione per cui non esiste un vero concordato tra imam e Stato italiano: «Nei centri islamici si predica quello che ha detto e ha fatto Maometto, che di per sé è incompatibile con le leggi italiane». Leggi di cui qualunque Comune italiano deve garantire l'osservanza. Anche quando rispettarle non è abbastanza «multiculti».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.