2019-07-25
L’Antitrust Usa indaga sulla Silicon Valley
Il Dipartimento di giustizia controllerà se le pratiche dei colossi del Web danneggiano i consumatori e la concorrenza. La mossa è un antipasto della prossima campagna elettorale: Donald Trump non vuole perdere consensi fra i lavoratori impoveriti dall'online.Lo scontro tra l'amministrazione Trump e la Silicon Valley rischia di riesplodere. La divisione antitrust del Dipartimento di giustizia statunitense ha annunciato martedì un'indagine sui grandi colossi tecnologici. In particolare, l'intenzione sarebbe quella di esaminare se le società del Web «si stanno impegnando in pratiche che hanno ridotto la concorrenza, soffocato l'innovazione o danneggiato in altro modo i consumatori». Nonostante non siano state specificate le «piattaforme online leader di mercato» su cui verranno accesi i riflettori, è abbastanza evidente che il governo americano voglia occuparsi di giganti come Facebook, Amazon, Google e Apple. «Senza la disciplina di una significativa concorrenza basata sul mercato, le piattaforme digitali potrebbero agire in modi che non rispondono alle richieste dei consumatori», ha detto martedì in una nota Makan Delrahim, direttore della divisone antitrust del Dipartimento di giustizia. In precedenza, lo stesso Dipartimento e la Federal trade commission (che ieri ha dato a Facebook una multa di 5 miliardi di dollari per violazione della privacy nel caso Cambridge analytica) avevano cercato di dividersi le attività di controllo sul comparto tecnologico, con il dicastero guidato da William Barr che si sarebbe dovuto specificamente occupare di Google. Ciononostante l'indagine recentemente annunciata si preannuncia ben più estesa e quindi non esclusivamente concentrata sulla società di Mountain View. Come primo passo, il Dipartimento di giustizia esaminerà con ogni probabilità documenti forniti dalle aziende sotto inchiesta, potrebbero seguire colloqui con i loro dipendenti e tentativi di ottenere informazioni dagli altri attori del mercato (dagli utenti ai concorrenti). L'annuncio dell'indagine arriva del resto dopo giorni di tensione tra il Congresso e alcuni colossi della Silicon Valley. Facebook è, per esempio, finita nell'occhio del ciclone a causa della sua valuta, Libra. David Marcus, in rappresentanza dell'azienda, ha dovuto affrontare qualche giorno fa una testimonianza di cinque ore davanti alla commissione per i servizi finanziari della Camera dei rappresentanti, con i deputati che si sono mostrati particolarmente preoccupati in materia di privacy. Come che sia, alla base di questa indagine potrebbero celarsi anche svariate motivazioni di natura politica. Innanzitutto, non bisogna trascurare che la questione dei colossi della Silicon Valley risulti un tema particolarmente sensibile nella campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2020. Alcuni mesi fa, la senatrice del Massachusetts e attuale candidata alla nomination democratica Elizabeth Warren aveva avanzato una proposta per arginare le tendenze monopolistiche dei colossi tecnologici. Una proposta principalmente articolata in due parti: vietare alle società di organizzare un maketplace prendendovi parte con l'offerta dei propri servizi e imporre norme più severe in tema di fusioni aziendali potenzialmente anticoncorrenziali. Lo stesso Donald Trump, in questi due anni di presidenza, ha talvolta lasciato intendere che i colossi della Silicon Valley potrebbero costituire un problema in termini di antitrust. E adesso sembrerebbe essersi deciso ad agire, anche se è ovviamente ancora presto per capire quali esiti potrà produrre questa indagine. A oggi, il principale caso di antitrust che abbia coinvolto, negli Stati Uniti, un gigante tecnologico è avvenuto ai tempi dell'amministrazione Clinton, quando - tra il 1992 e il 2001 - il Dipartimento di giustizia cercò di stabilire se Microsoft stesse abusando della sua posizione di mercato. D'altronde, i problemi sul tavolo non riguardano soltanto i rischi di monopolio. Un altro degli attuali candidati alla nomination democratica, il senatore del Vermont Bernie Sanders, ha avviato da tempo una decisa battaglia contro Amazon in materia di tasse e rivendicazioni salariali. Trump, dal canto suo, ha più di una ragione per avercela con i colossi della Silicon Valley. Non solo, salvo rare eccezioni, il presidente ha spesso riscontrato una certa ostilità politica da parte di queste realtà. Ma, in particolare, gran parte dei dissidi sono sorti sulla delicata questione della libertà di espressione. Numerose galassie conservatrici americane accusano Google, Facebook e Twitter di censura, oltre che di propagandare ideologie progressiste. Sotto questo aspetto, Trump ha deciso di intestarsi la battaglia a tutela del primo emendamento proprio per tener salda la presa sull'elettorato conservatore. Un elettorato che non risulta tuttavia l'unico a nutrire scarse simpatie per questi colossi. Non dimentichiamo che, già nel 2016, Trump ha fatto della difesa dell'industria tradizionale americana (soprattutto automobilistica) uno dei propri cavalli di battaglia. In questo senso, tre anni fa il magnate newyorchese ha vinto intestandosi la rappresentanza dei colletti blu della Rust belt: una quota elettorale - storicamente vicina al Partito democratico - che guarda con sempre maggiore sospetto alle società ipertecnologiche (soprattutto per la questione della robotizzazione del lavoro). Oggi, sembra proprio che il presidente voglia riprendere quella battaglia, per cercare di garantirsi la rielezione nel 2020.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)