2021-05-29
Lamorgese fa felici le coop rosse. Più soldi ai migranti
Incremento del 100% dei costi per accogliere i clandestini. Spese su per personale e stoviglie. Previsto boom di sbarchi.Non basta il sostegno dell'Ue, con l'Italia capofila, per la ripresa socio-economica della Libia, ovvero dare soldi non riuscendo a risolvere con la diplomazia e la politica il problema dei flussi migratori, ma nuovi costi si prospettano per il nostro Paese per l'accoglienza. Come da decreto del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, datato febbraio, le varie prefetture italiane stanno predisponendo i nuovi bandi per la gestione dei migranti nei vari centri di accoglienza che avranno il pienone considerato il numero degli sbarchi negli ultimi giorni in netto aumento rispetto il precedente governo con Matteo Salvini al Viminale e comunque con arrivi già triplicati rispetto al 2020. Ma non soltanto i migranti saranno di più ma anche i rimborsi per la gestione dell'accoglienza, quei costi fissi di gestione che erano stati tagliati dal governo gialloverde per evitare il business scandaloso che tante cooperative avevano fatto sulla pelle degli stranieri e ai danni dei nostri conti pubblici. Basti ricordare l'inchiesta battezzata dai pm romani Mafia Capitale (la Cassazione ha poi escluso il carattere mafioso degli atti criminali) che coinvolse anche le cooperative guidate da Salvatore Buzzi che definiva l'accoglienza la vera cuccagna da cui si ricavano più soldi che dal traffico di droga.Ora a dare un «colpo» alle casse dello Stato ci pensa il ministro Lamorgese, infatti, ha deciso di raddoppiare la quota rispetto a quella che era fino al 2020 compreso il kit di primo ingresso per singolo migrante, che passa appunto da 150 a 300 euro di costo. Non basta. Come racconta dettagliatamente il direttore del Tempo, Franco Bechis, con l'avvento della transizione ecologica, tutto deve essere fatto ormai con l'occhio «green» nel rispetto della sostenibilità e allora sono state aumentate, oltre alla voce «personale», altre che non esistevano, come la sostituzione «ecologica» delle stoviglie usate per i pasti dell'accoglienza con l'introduzione di «stoviglie monouso biodegradabili e compostabili», ovvero 0,60 euro al giorno di costo in più per ogni migrante ospitato. A prescindere dalla presenza o meno di minori nel centro, ogni gestore riceverà 15 centesimi in più per i pannolini per neonati fino a 30 mesi di età. A spulciare le varie voci che fanno lievitare i costi dei centri di accoglienza, quella più pesante, divisa per i migranti, è quella relativa al personale. Oltre a prevedere un piccolo aumento della paga oraria di alcuni operatori, c'è un costo in più finora non previsto. Si offre, infatti, ai migranti ospitati nei centri italiani un servizio piuttosto oneroso: quello dell'assistenza fornita da psicologi che operano con i migranti ospiti 8 ore a settimana nei centri fino a 50 posti, 16 ore in quelli fino a 100 posti, 24 ore a settimana in quelli fino a 300 posti e così a salire. La presenza oraria dovuta dagli psicologi è identica a quella degli assistenti sociali che spesso forniscono un sostegno non dissimile. Poi, oltre ai già previsti vitto e alloggio, assistenza sanitaria, assistenza sociale e mediazione linguistica culturale, il Viminale ha aggiunto qualche altro «benefit» ovvero i corsi di lingua italiana e l'orientamento legale e al territorio, l'erogazione di beni come materiale didattico, ludico, nonché farmaci e altre prestazioni non coperte dal Ssn. Alla fine, infatti, se per le schede telefoniche restano 5 euro e il pocket money a 2,50 (come ai tempi di Salvini), per trasporto e materiale ludico si fissa 1,80 euro al giorno. Insomma, servizi interessanti ma non certo gratis e che quindi peseranno sulla collettività ed il conto è presto fatto: il costo medio di un immigrato di un centro di accoglienza da 50 persone con il ministro Lamorgese passa da 26,35 euro a 33,47 euro, praticamente i famosi 35 euro che vennero sforbiciati. Alle casse pubbliche così un centro da 50 persone che all'anno costava 389.637 euro, con gli aumenti stabiliti dalla Lamorgese ora costa 524.505 euro, vale a dire il 35% in più di prima. Un centro da 100 posti costava 921.625 euro, ed ora si pagherà ogni anno 1.210.340 euro, con un incremento del 31,32%. Percentuali che si ottimizzano soltanto nel caso di un centro con 300 occupanti: il costo annuale a pieno regime passa da 2,7 a 3,1 milioni di euro con una crescita più calmierata pari al 13,78%. Come scrive Bechis, però, crescendo ancora avviene l'esatto contrario: con 600 posti fino all'anno scorso (prezzi erano quelli dell'ultimo decreto Salvini) il costo annuale era di 3,8 milioni di euro. Ora sale a 5,54 milioni di euro, con un incremento del 44,13%. Mentre per i centri di accoglienza di 900 posti, che ai contribuenti oggi con la scelta della Lamorgese, verranno a costare 8,1 milioni di euro l'anno, e non più 5,6 milioni come costavano prima, con un incremento quindi del 44,08%. Visti i numeri degli sbarchi l'accoglienza torna ad essere un affare anzi, come sottolinea la leader di FdI Giorgia Meloni, «dal governo Draghi arriva un bel regalo al business dell'immigrazione mentre l'Italia è in ginocchio, la povertà è in aumento, le aziende rischiano di chiudere e i ristori sono insufficienti».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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