2020-10-29
L'allarme dei servizi segreti sul flusso di migranti in arrivo dalla Tunisia
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Il tunisino Brahim Aoussaoui, l'attentatore di Nizza, era arrivato a Lampedusa il 20 settembre. Nell'ultima relazione della nostra intelligence si spiegava la difficoltà di controllo degli arrivi in Sicilia, un traffico gestito da reti criminali italo-tunisine coinvolte anche nel contrabbando di sostanze stupefacenti.Nonostante l'emergenza sanitaria il terrorismo islamico non ha mai lasciato l'Europa. Il killer che ha colpito nella chiesa di Nizza è sbarcato a Lampedusa assieme ad altri migranti. A confermarlo sono i nostri apparati di sicurezza secondo le quali nell'isola c'è stata la prima registrazione di Brahim Aoussaoui, tunisino nato il 29 marzo del 1999. Era arrivato sull'isola il 20 settembre. Prima avrebbe rispettato la quarantena, poi sarebbe stato trasferito in un Centro per migranti a Bari. Il passaggio sarebbe avvenuto il 9 ottobre, doveva essere rimpatriato ma non è stato fatto. Proprio sulla tratta di Lampedusa si era incentrato il lavoro dei nostri apparati di sicurezza, che nella relazione depositata in parlamento a marzo avevano avvertito sul flusso continuo di immigrati dalla Tunisia. Proprio su questo il Viminale di Luciana Lamorgese avrebbe dovuto porre particolare attenzione. «Alla particolare attenzione di Aise e Aisi» si legge «è stato anche il flusso di migranti che, lungo la rotta tunisina, ha continuato a muovere alla volta delle coste siciliane. In proposito, le segnalazioni intelligence, lette a sistema, pongono in luce l'esistenza di due distinte direttrici: quella che attinge la Sicilia occidentale – gestita da reti criminali italo-tunisine coinvolte anche nel contrabbando di tabacchi lavorati esteri e di sostanze stupefacenti – e quella che interessa Lampedusa, in capo ad organizzazioni di trafficanti tunisini che non hanno sin qui evidenziato collegamenti con soggetti e gruppi attivi in ambito nazionale». Per la nostra intelligence, «di rilievo, inoltre, quale ulteriore conferma della duttilità operativa dei sodalizi delinquenziali maghrebini, quanto rilevato circa l'impiego del territorio tunisino per trasferire sul litorale italiano gruppi di migranti provenienti dalla Libia, convogliati nel Paese contermine via terra, dalla Tripolitania occidentale, o via mare, dalle località costiere di Sabratha e Abu Kammash. Quanto al versante del Mediterraneo orientale e balcanico terrestre, le risultanze intelligence hanno evidenziato l'estrema eterogeneità degli attori che gestiscono le relative tratte, ponendo in luce come abbiano concorso ad alimentare il fenomeno non solo network strutturati, ma anche micro-gruppi e singoli passeur». Non solo. «Nello stesso quadrante hanno costituito oggetto di monitoraggio informativo anche le metodologie operative di gruppi criminali risultati attivi nell'organizzazione di trasferimenti per via aerea, in alcuni scali balcanici – con documenti falsi o con l'uso fraudolento di documenti autentici – di migranti, principalmente eritrei e somali». E, «quello dell'approvvigionamento di documenti di identità e di titoli di viaggio contraffatti ha continuato a rappresentare, del resto, un settore cruciale nella gestione criminale dei flussi migratori, oltre che un insidioso spazio di potenziale contiguità tra circuiti delinquenziali e terroristici. Altro dato ricorrente ed ormai consolidato è quello del ruolo svolto dai social media quali bacheche virtuali per l'offerta di "assistenza" e per la promozione dei viaggi irregolari, confermato da evidenze intelligence che hanno fatto stato di veri e propri "annunci pubblicitari", con l'indicazione di tratte, tariffe e servizi opzionali». Del resto, «le azioni di stampo jihadista realizzate in Europa nel 2019, in lieve ripresa rispetto ai precedenti 12 mesi, confermano l'insidiosità di una minaccia che resta prevalentemente endogena e che ha visto, in linea di continuità con gli ultimi anni, l'attivazione di lone wolf, il ricorso a mezzi facilmente reperibili e pianificazioni poco sofisticate». Daesh, lo stato islamico, continua a rappresentare «il principale ispiratore, attraverso gli appelli al jihad reiterati dalle "case madri" mediatiche o lanciati e ripostati dai sostenitori sparsi nel mondo, il cui ruolo è parso tanto più rilevante quanto più è andato ridimensionandosi» l'apparato propagandistico ufficiale. «L'eterogeneità del profilo degli attentatori è valsa a ribadire l'ampiezza del novero dei soggetti a rischio: individui con trascorsi criminali o con pregressi contatti con locali circuiti radicali», scrivono ancora i nostri servizi «sostenitori attivi di organizzazioni terroristiche; internauti dediti al consumo e alla diffusione di manuali per la realizzazione di attentati fai da te. Anche nei casi in cui più nitida è risultata la matrice jihadista, la spinta ideologica ha spesso interagito con altri fattori di carattere socio-psicologico e ambientale (disagio personale, risentimento nei confronti dell'Occidente, desiderio di rivalsa, etc.), secondo modalità e tempi variabili e talora inserendosi nelle fasi finali del percorso di mobilitazione». Secondo le nostre agenzie di spionaggio e controspionaggio, tutte gli attentati degli ultimi due anni, sono «da leggersi come altrettante manifestazioni "emerse" di un fenomeno che resta largamente "carsico" e sottotraccia e, come tale, ha impegnato massivamente tanto l'Aisi e l'Aise. L'attivazione dei singoli self-starter, infatti, non esaurisce la minaccia jihadista sul Continente europeo che, come ribadito dalle operazioni di controterrorismo condotte nell'anno, ha fatto ancora registrare tentativi di aggregazione e pianifcazioni concertate».
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