2018-05-05
L’alibi di Oseghale su Pamela: «L’ho trovata in valigia»
Interrogato, il nigeriano arrestato sostiene di aver lasciato la ragazza addormentata a casa sua. Al rientro dallo spaccio, l'avrebbe rinvenuta fatta a pezzi e messa nei trolley. Un modo per incolpare i suoi amici, ma la storia non sembra reggere.Nella nuova funambolica versione di Innocent Oseghale, il nigeriano accusato di omicidio, occultamento e vilipendio di cadavere, spaccio di stupefacenti e violenza sessuale (ipotesi però al momento esclusa dal gip), Pamela Mastropietro era viva e stava riposando sul suo letto quando lui è uscito di casa per andare a spacciare. «Lei aveva assunto eroina e stava male, aveva gli occhi all'insù», ha detto Innocent, proprietario della mansarda degli orrori in cui, secondo l'accusa, è stata uccisa e fatta a pezzi la povera Pamela. Poi, con il solito giochino del rimpallo di responsabilità che si ripete a ogni interrogatorio dei tre nigeriani, ha tentato di scaricare la responsabilità sull'altro indagato: «L'ho lasciata con Desmond Lucky». Desmond è uno dei suoi amici africani, in carcere insieme ad Awelima Lucky (entrambi sono accusati di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere e di spaccio di droga). Sono i due protagonisti dell'inquietante intercettazione ambientale svelata dal capo della Procura di Macerata Giovanni Giorgio l'altro giorno. Awelima avrebbe raccontato a Desmond dell'offerta avanzata da Innocent: violentare la ragazza bianca mentre stava dormendo. Ma ora Innocent, davanti al giudice per le indagini preliminari Rita De Angelis, nega anche questa circostanza. «Non l'ho uccisa io, né fatta a pezzi», ha detto al gip, rivolgendosi un po' in inglese e un po' in italiano, «e tantomeno ho chiamato Awelima per violentarla». Poi è sceso nei dettagli, tentando il tutto per tutto: ossia tirando fuori i nomi dei clienti del suo giro da pusher. «Ero con loro», ha detto Oseghale, «potete chiederglielo». Insomma, l'alibi del nigeriano è legato alle testimonianze dei tossici che riforniva di droga in via Cairoli e in un altra zona che non è riuscito a indicare con precisione. E se per la Procura Oseghale era nella mansarda di via Spalato 124 all'ora in cui è stata uccisa Pamela (aspetto che sarebbe supportato dall'analisi delle celle telefoniche agganciate dal suo smartphone), nell'ultima versione del nigeriano c'è un colpo di scena: il suo rientro a casa, la scoperta delle macchie di sangue e poi l'apertura dei due trolley che contenevano i resti della ragazza. Desmond, invece, era sparito. Ma nella ricostruzione della Procura i due amici erano con lui in quella mansarda che stava per trasformarsi nella scenografia di un film splatter. E Pamela era stata attirata lì proprio da Innocent che, dopo averle fornito l'eroina, l'avrebbe stordita con due colpi in testa, uccisa con i coltelli da cucina e fatta a pezzi con una mannaia. Prima però, secondo l'accusa, avrebbe abusato di lei che, dopo l'assunzione di droga, non era più capace di respingere il rapporto sessuale. Un aspetto, questo, respinto in modo fermo dall'avvocato Simone Matraxia, difensore di Oseghale, che osserva: «Non c'è nessun riscontro indiziario e non a caso il gip ha rigettato la richiesta di applicare a Oseghale la custodia cautelare per questa accusa, che rimane una mera ipotesi investigativa priva di riscontri oggettivi». I resti di Pamela, però, stando all'esame medico legale, sono stati lavati con la candeggina proprio nelle parti intime, segno che Innocent, secondo la Procura, preso dal panico, avrebbe cercato di cancellare ogni traccia dello stupro. I resti di Pamela, a quel punto, sono stati infilati nei due trolley, sui quali sono state trovate le impronte di Oseghale. Per Pamela quello di ieri è stato l'ultimo giorno in obitorio. La salma, chiusa in una bara biancha, è partita per Roma, dove oggi alle 11 verranno finalmente celebrati i funerali nella parrocchia di Ognissanti. Poco prima di lasciare Macerata, però, è arrivato un grosso mazzo di fiori racchiuso da una fascia con la firma «Traini Luca (Lupo)». A consegnarli è stato il fratello di Traini (detenuto per la caccia al nero messa in atto a Macerata dopo il ritrovamento dei resti di Pamela). Il gesto conferma il legame, anche se indiretto (stando alla ricostruzione dei carabinieri Luca e Pamela non si conoscevano) tra l'azione di Traini e il brutale omicidio della ragazza. Lo stesso Traini del resto non nascose di aver agito perché coinvolto emotivamente da quanto stava emergendo dalle indagini sulla morte di Pamela.Un gruppo di militanti di Forza nuova, guidati dalla coordinatrice locale Martina Borra, ha posto una targa simbolica in via Spalato con questo messaggio: «Uccisa e vilipesa il 30 gennaio 2018 dalla mafia nigeriana». Oggi invece il movimento di Roberto Fiore non potrà manifestare in concomitanza con i funerali. Il «niet» è stato deciso dal comitato provinciale per l'ordine pubblico di Macerata. La notizia che Forza nuova era pronta a effettuare un sit in aveva subito innescato la reazione dei militanti dei centri sociali. In Prefettura, temendo nuovi scontri, hanno disposto un rafforzamento della vigilanza per fermare sul nascere eventuali iniziative di gruppi decisi comunque a manifestare. Autorizzato invece il presidio annunciato a Porto Recanati, altra realtà in cui non mancano le tensioni sociali per la consistente presenza di migranti alloggiati in un vecchio hotel che, come raccontato più volte dalla Verità, è diventato la centrale dello spaccio di droga nell'area.Per un ultimo saluto a Pamela si è avvicinato alla bara anche il tassista peruviano che quel maledetto giorno accompagnò la ragazza dalla stazione ferroviaria ai giardini Diaz, luogo nelle vicinanze dello stadio, noto per la massiccia presenza di spacciatori. Lì Pamela ha incontrato Oseghale. Ed è stata la sua condanna a morte.
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