2024-11-27
L’abbaglio della sinistra sui barbari di periferia
I progressisti inquinano il dibattito attribuendo ai bianchi occidentali caratteristiche e disagi tipici invece delle nuove generazioni di migranti. Il patriarcato, se presente, si manifesta infatti nelle famiglie di teppisti dove l’esempio è il padre autoritario (e assente).Da giorni un po’ dappertutto si cerca disperatamente di slegare la questione migratoria dal doloroso tema della violenza e in particolare della violenza sulle donne. Si tenta di dimostrare che il cuore del problema sia il comportamento dei «maschi bianchi occidentali» e il retaggio patriarcale di cui essi sarebbero intrisi. Ma la realtà, al solito, disintegra i pregiudizi e denuda tutte le contraddizioni. Quanto accaduto a Milano, nel quartiere Corvetto - ultimo episodio di una lunga e annosa serie di barbarie di periferia - mostra che non soltanto l’immigrazione e le questioni di genere sono indissolubilmente avvinte, ma pure che su entrambi i temi stiamo clamorosamente sbagliando mira. Il paradosso sta nel fatto che nel dibattito pubblico si tende ad attribuire ai maschi europei caratteristiche e disagi che invece caratterizzano largamente una parte delle nuove generazioni di migranti. Di conseguenza si vorrebbero indirizzare presunte azioni educative sui primi quando sarebbero eventualmente i secondi ad averne maggiore necessità. In più, elemento ancora peggiore, si fraintendono completamente - spesso con dolo - le cause della violenza, e si evita così di porvi rimedio (o per lo meno provare a farlo). Si insiste molto, è noto, sulla cosiddetta mascolinità tossica. Eppure si tende a sorvolare su quella esibita dai giovani e giovanissimi delle banlieue italiane. Una manifestazione violenta che andrebbe sicuramente affrontata come questione di ordine pubblico, ma che con tutta evidenza scaturisce da lacerazioni culturali. Ed è proprio qui che sorge il problema. Da queste parti si attribuiscono a tutti i maschi comportamenti che sono propri soprattutto di una ristretta ma pericolosa fascia della popolazione, quella dei teppisti delle periferie, volgarmente detti maranza. In alcuni casi, essi vengono addirittura idealizzati, presentati come gli ultimi rivoltosi veri in una società che ha sterilizzato il conflitto. In Francia numerosi autori e autrici di sinistra si sono cimentate sulla questione. Tra queste Louisa Yousfi, il cui saggio sui barbari contemporanei è stato di recente tradotto in Italia. Costei, quando non incensa, giustifica. «Nelle banlieue il tema della barbarie assume una maggiore rilevanza perché i giovani rivoltosi, in genere uomini dei quartieri popolari che provengono da esperienze di immigrazione, sono considerati i veri barbari», scrive. «Questa parte della popolazione è allo stesso tempo stigmatizzata dai razzisti tout court e fatta oggetto degli slanci di civilizzazione della sinistra che, per restare al tema delle rivolte, ritiene che ci siano dei modi di lottare più legittimi di altri. Nella missione di civilizzazione del discorso della sinistra, questi giovani assumono comportamenti che sono in fondo controproducenti perché non è distruggendo tutto che si fa politica; ci sarebbero pure delle rivendicazioni che potrebbero essere considerate ma la scelta della violenza non facilita il compito, non possiamo che reprimerle. Bisogna invece dire che questa violenza è inevitabile, perché è una forma di resistenza. È una violenza che resiste a un’altra violenza che è sistemica e che ha fondamento nel vero potere. Semmai la violenza dei rivoltosi è l’espressione di un’impotenza perché tutte le altre strade per la resistenza sono bloccate». La violenza - condannata in ogni altra circostanza - viene quasi santificata se proviene dai presunti oppressi. Dove sta l’enorme abbaglio? Eccolo: la sinistra ritiene che quella esibita dai barbari di periferia sia virilità, che essi in qualche modo rappresentino il maschile allo stato brado. Una parte (minoritaria) dei progressisti per questo si esalta, un’altra sostiene invece la necessità di combattere non questi maschi patologici, ma tutto il maschile. In realtà, fenomeni come quelli a cui sempre più spesso assistiamo anche nelle nostre città non dipendono da una esondazione della virilità e dalla persistenza del patriarcato. Semmai dipendono dal contrario, e cioè dalla assenza del padre e dalla mancanza di un maschile positivo. Il patriarcato, se è presente, si manifesta nelle famiglie dei teppisti con la presenza di padri autoritari. Ma spesso questi padri spiccano per la loro totale assenza (che forse è pure peggio). Si produce così una mascolinità degenerata, che del maschio forte assume soltanto i tratti caricaturali e patologici: l’ossessione per il denaro, l’esibizione volgare di gioielli e abiti griffati, il machismo patetico, la propensione alla rissa. Da dove derivi tutto ciò lo ha ben spiegato tempo fa Luigi Zoja. «Oggi, dal tramonto del patriarcato non emerge una società con caratteristiche maggiori femminili, che si suppongono più attente alla relazione e al sentimento. Il mondo postmoderno e postpatriarcale non è affatto postmaschile. Casomai, valorizza qualità prepaterne del maschio: quelle di lottatore (contro concorrenti), di cacciatore (di femmine, ma anche di successo e di reddito, richieste da una vita economica sempre più competitiva)», scrive l’autorevole psicoanalista. E continua: «II buon padre era una polarità estrema, pazientemente costruita con molte troppe regole e artifizi della civiltà: ma per fortuna è esistito». Quando deve spiegare quale sia l’opposto del buon padre, Zoja fa ricorso all’immagine dei centauri. «Ecco gli esseri capaci solo di lottare e di possedere con la violenza le donne, non di scegliere il legame con compagna assumersi una e la responsabilità dei figli che il rapporto erotico getta nel mondo», spiega. «II mito ci dice che i centauri si comportavano così: tutti e sempre, come individui, ma anche come gruppo». In questo quadro, osteggiare la virilità, perseguitarla e metterla al bando non serve certo a fare diminuire la violenza anzi la amplifica. La mascolinità debole che la nostra società ha imposto cerca, per reazione, modelli feroci e devianti come quelli offerti dall’immaginario della trap. Coloro che già vivono intrisi di questa mascolinità, poi, per molti versi la rafforzano trovandosi di fronte a una alternativa molle e poco stimolante. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: mentre sui giornali si discute di rieducare gli studenti secondo stravaganti linee guida neofemministe, i barbari guadagnano terreno e mettono a ferro e fuoco le città. Compiacendosi del caos che diffondono.
Ecco #DimmiLaVerità dell'8 settembre 2025. Il generale Giuseppe Santomartino ci parla dell'attentato avvenuto a Gerusalemme: «Che cosa sta succedendo in Medio Oriente? Il ruolo di Hamas e la questione Cisgiordania».