
Recep Tayyip Erdogan fa bloccare i migranti che tentano l'attraversamento dell'Egeo e ottiene un invito da Angela Merkel. L'obiettivo è quello di rivedere al rialzo l'accordo del 2016 con cui incassò dall'Ue 6 miliardi di euro.Siamo a un punto di svolta sulla crisi migratoria al confine greco? Stando a quanto riportato ieri dall'agenzia di stampa turca Anadolu, Recep Tayyip Erdogan avrebbe dato ordine alla propria guardia costiera di bloccare i migranti che tentano l'attraversamento dell'Egeo per raggiungere le isole della Grecia: isole che hanno visto un drammatico incremento degli arrivi negli ultimi giorni (la sola Lesbo ospita - secondo Reuters - al momento un totale di circa 20.000 migranti). «Su ordine del presidente, non verrà permesso ai migranti di attraversare l'Egeo, perché è pericoloso», ha dichiarato in tal senso la guardia costiera turca. Uno stop ai flussi migratori in mare, negli stessi giorni in cui l'Oim ha reso noto che - dal 2014 - sono più di 20.000 le persone che hanno perso la vita o sono risultate disperse nelle acque del Mediterraneo.Dopo una telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel, è stato comunque riferito che - il prossimo 9 marzo - il Sultano si recherà a Bruxelles. Per quanto non si conosca ancora il programma di questa visita, è facile immaginare che sarà affrontata proprio la spinosa questione della crisi migratoria. E, nello specifico, è altamente probabile che l'Unione europea si prepari a cedere all'ennesimo ricatto economico turco. Non dimentichiamo d'altronde che - nelle ultime ore - Erdogan avrebbe esplicitamente detto alla Merkel: «L'accordo sui migranti del 2016 non va più bene. Non funziona più e va rivisto». Il riferimento è all'intesa, siglata tra Ankara e Bruxelles nel marzo del 2016: un'intesa, in base a cui la Turchia - in cambio di sei miliardi di euro - si impegnava a bloccare i flussi migratori (prevalentemente siriani) diretti verso il Vecchio Continente. Un accordo che Erdogan ha nei fatti sconfessato la scorsa settimana, quando ha concesso ai profughi attualmente presenti sul territorio turco di sposarsi verso il confine greco. Nelle ultime ore, è risultato addirittura chiaro che il Sultano stesse favorendo l'arrivo di profughi in direzione del suolo europeo: una mossa spregiudicata per incrementare la pressione su Bruxelles.Sulla questione è intervenuto anche il premier greco Kyriakos Mitsotakis, che ha dichiarato: «Siamo onesti: l'accordo (del 2016 con la Turchia, ndr) è morto. È morto perché la Turchia ha deciso di violarlo completamente, a causa di ciò che è accaduto in Siria». «La Turchia», ha proseguito, «sta consapevolmente usando i migranti e i rifugiati come pedine geopolitiche per promuovere i suoi interessi». «Stanno sistematicamente assistendo, sulla terraferma e in mare, le persone che tentano di entrare in Grecia», ha inoltre accusato. Nel frattempo, non accennano a scemare le tensioni al confine terrestre tra Grecia e Turchia: anche ieri si sono infatti registrati scontri tra polizia e migranti, cui ha fatto seguito il lancio di lacrimogeni. In questo clima, Atene ha reso noto di voler realizzare due nuovi campi temporanei per ospitare centinaia di ulteriori richiedenti asilo. «Vogliamo costruire due centri chiusi nella regione settentrionale di Serres e nella grande area di Atene con 1.000 posti», ha detto il ministro delle Migrazioni greco Notis Mitarachi.Insomma, la situazione resta tesa. E il presidente turco mette sempre più evidentemente sul tavolo la sua strategia. Dopo aver temporaneamente accantonato la questione di Idlib con la Russia, il Sultano ha adesso le mani libere per concentrarsi sull'Unione europea, con l'obiettivo di ottenere nuovi (cospicui) foraggiamenti finanziari. Ed è in questo senso che, nelle ultime ore, ha deciso di oscillare scaltramente tra il bastone e la carota. Da una parte, ha chiuso i rubinetti dei flussi migratori sull'Egeo. Dall'altra, ha comunque ribadito che l'accordo del 2016 vada rinegoziato. Erdogan sa del resto quanto il suo potere ricattatorio faccia presa soprattutto sulla Germania. La Merkel teme infatti il verificarsi di una crisi migratoria simile a quella del 2015: una crisi che scosse profondamente la sua popolarità politica e che si trova non a caso alla base del suo attuale declino in patria. In questo senso, Berlino sta cercando di far valere il proprio (considerevole) peso in seno all'Unione europea, per imporre alla fine la linea morbida verso Ankara: il tutto, in barba ad Atene, che auspica invece il mantenimento di una postura aggressiva nei confronti dei turchi. Al recente vertice di Zagabria, il ministro degli Esteri tedesco, Hieko Maas, ha non a caso affermato: «L'Ue deve continuare e rafforzare il sostegno finanziario alla Turchia per l'accoglienza dei rifugiati e dei migranti». Insomma, la Merkel, per i suoi interessi politici interni, sta spingendo l'intera Unione europea a cedere ai ricatti di Erdogan: esattamente come già accaduto - e con quali risultati! - nel 2016. Si tratta della stessa Merkel che, lo scorso novembre, ebbe un po' da eccepire sulla collaborazione dell'Italia con la guardia costiera libica, invocando all'epoca il coinvolgimento dell'Unhcr e delle ong, per «garantire degli standard ragionevoli». Eppure, esattamente un mese prima, Amnesty International aveva pubblicato un report in cui si sosteneva che la Turchia avesse con ogni probabilità deportato illegalmente centinaia di profughi in Siria: quella Siria che - a tutti gli effetti - è una zona di guerra. Non si capisce allora che fine facciano gli «standard ragionevoli», invocati dalla Merkel, nell'arrendevolezza di Berlino verso Ankara. E l'Italia? Il viceministro degli Esteri, Marina Sereni, ha criticato ieri sia il ricatto turco che la linea dura della Grecia. Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte.
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