2021-07-27
La Tunisia è nel caos e le nostre coste ora rischiano il boom di sbarchi illegali
Kais Saied silura il premier e sospende il Parlamento. Gli islamisti protestano. Il marasma potrebbe favorire l'emigrazioneLa Tunisia è caduta nel più grave caos politico dai tempi della rivoluzione del 2011. Nella serata di domenica, il presidente Kais Saied ha sospeso il parlamento, licenziato il primo ministro Hichem Mechichi e privato dell'immunità i deputati. In particolare, il capo dello Stato ha avocato a sé il potere esecutivo, annunciando di voler agire con l'assistenza di un nuovo premier e giustificando la sua azione richiamandosi all'articolo 80 della costituzione. In tutto questo, sono stati silurati ieri anche i ministri della Difesa e della Giustizia. Il palazzo del Parlamento è stato inoltre circondato da veicoli militari, mentre - nei suoi pressi - si sono registrati ieri degli scontri tra sostenitori e oppositori del presidente. La mossa di Saied -eletto nel 2019- è arrivata dopo che, lo stesso 25 luglio, si erano tenute delle significative manifestazioni contro il governo: manifestazioni che avevano messo principalmente nel mirino il partito con più seggi parlamentari. Parliamo, nel dettaglio, dello schieramento islamista (e ispirato alla Fratellanza musulmana) Ennahda. Quello stesso partito che ha non a caso aspramente criticato l'atto di Saied: il suo leader (e attuale presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo) Rached Ghannouchi ha in tal senso definito quanto accaduto «un colpo di Stato contro la rivoluzione e la costituzione». Teoricamente la costituzione tunisina consentirebbe un appello a una specifica corte per contestare quanto messo in atto dal presidente. Il punto è che, a causa di pregresse controversie sulla nomina dei suoi componenti, tale corte risulta al momento di fatto incapace di operare. In questo clima, a Tunisi gli uffici della redazione di Al Jazeera (considerata vicina a Ennhada) sono stati chiusi ieri, mentre il parlamento ha dichiarato «nulle» le azioni del capo dello Stato. Ricordiamo che, soprattutto negli ultimi mesi, si era venuta a creare una situazione di forte attrito tra Saied e Mechichi, con quest'ultimo - entrato in carica la scorsa estate - che aveva trovato una sponda proprio in Ghannouchi. Del resto, già a gennaio, la testata The Arab Weekly aveva ipotizzato che il presidente potesse intervenire energicamente per arginare i suoi due avversari. Uno degli aspetti preoccupanti della faccenda è che quanto sta accadendo in Tunisia avrà prevedibilmente delle ripercussioni anche sull'Italia. Il punto è capire verso quale tipo di scenario si stia andando. Se dovesse scoppiare un marasma politico (fino a qualcosa di simile a una guerra civile), è chiaro che una tale situazione di instabilità rischierebbe di rafforzare i flussi migratori verso il nostro Paese. Ricordiamo che, secondo il Viminale, la quota principale di migranti che sbarcano sulle coste italiane sia costituita proprio da tunisini (il 21%, per un totale di 5.805 persone da inizio 2021). Il che pone all'orizzonte una prospettiva drammatica, vista soprattutto la crescente pressione a cui è sottoposta in questi giorni Lampedusa. Tutto ciò, senza trascurare il rischio che corre l'intesa stipulata, lo scorso maggio, tra le istituzioni tunisine e il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, insieme al commissario europeo per gli Affari Interni Ylva Johansson. Un'intesa che, oltre all'assistenza italiana per la manutenzione e la riparazione delle motovedette, prevedeva maggiore flessibilità sui rimpatri e un più solido coordinamento tra Roma e Tunisi sul dossier migratorio. Dovesse invece consolidare il potere Saied (che ha visitato in via ufficiale il nostro Paese il mese scorso), non è al momento chiaro quale linea terrebbe. Va da sé che molto dipenderà dagli sviluppi delle prossime ore e dei prossimi giorni. Anche perché bisognerà capire quali saranno le intenzioni del presidente sul piano della politica interna e di quella estera (non è escluso, sotto entrambi i punti di vista, un ulteriore avvicinamento all'Egitto). In termini di reazioni internazionali, per ora, si sono registrate prese di posizione relativamente caute: se la Germania e gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione, il Qatar ha invece auspicato un dialogo tra le parti. Bruxelles, dal canto suo, ha esortato alla calma, mentre il responsabile della politica estera europea, Josep Borrell, ha avuto una telefonata con Luigi Di Maio sulla questione: questione rispetto a cui entrambi hanno dichiarato di prestare la «massima attenzione». La Farnesina ha poi invocato in una nota il rispetto dello Stato di diritto. Più dura verso Saied la Turchia di Erdogan che, in passato, aveva lasciato intendere di nutrire delle simpatie per Ennhada. Per il momento, l'unica certezza è il colossale fallimento delle cosiddette «primavere arabe»: un fallimento che, con la Tunisia, riguarda anche un Paese dove quel tipo di rivoluzione sembrava inizialmente avere avuto degli effetti positivi. In realtà, il tempo ha mostrato il contrario, non solo a causa di una grave crisi economica, ma anche per la notevole difficoltà incontrata nel gestire la pandemia. Il che, soprattutto negli ultimi sette mesi, ha portato a un crescente malcontento popolare.
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