2018-09-04
La tempesta africana sui servizi spinge Manenti verso Leonardo
Il caos dall'altra parte del Mediterraneo accelera i ricambi nell'intelligence. Per il direttore dell'Aise, legato alla linea di Marco Minniti, si prospetta un futuro nella partecipata. Alessandro Pansa, invece, guarda verso Palazzo Chigi.Non è un caso che nel momento in cui in Libia la situazione si fa sempre più preoccupante il governo decida di mettere mano a un ricambio dei vertici dei servizi segreti. Lo sanno bene le barbe finte di Forte Braschi, sede dell'Aise, dove da mesi c'è una forte tensione per come è stato gestito negli ultimi anni proprio il dossier libico. C'è chi parla di una riedizione del famoso scontro tra Niccolò Pollari e Gianni De Gennaro, con le varie fazioni di agenti segreti a rinfacciarsi una situazione sempre più incandescente in Cirenaica, dove l'Italia è esposta economicamente con i giacimenti dell'Eni. Di sicuro qualcosa non ha funzionato nell'ultima legislatura con l'asse di ferro tra il ministro dell'Interno Marco Minniti e il direttore dell'Aise Alberto Manenti. «Non si spiegherebbe altrimenti», fa notare una fonte dell'intelligence, «come negli ultimi giorni si sia ribellata a Fayez Sarraj persino la popolosa tribù di Tarhouna, città natale proprio di Manenti. Suona un po' come presagio…». Del resto lo stesso ministro dell'Interno Matteo Salvini si è ritrovato un organigramma dei servizi segreti identico a quello della precedente legislatura, frutto di quel blitz dell'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dell'ex ministro dell'Interno Minniti prima delle elezioni del 4 marzo. C'è un punto fondamentale: il problema dell'immigrazione non è risolvibile senza la stabilizzazione della Libia. Il fatto che il ministro Elisabetta Trenta sia stata nei giorni scorsi a Vienna, nell'incontro informale tra i ministri della difesa dell'Unione Europea, per cercare di modificare la missione Sophia (Enavfor Med), l'operazione per colpire il traffico dei migranti, è indicativo di quanto sia importante il dossier libico. La Libia è da tempo una pentola a pressione, ora pronta a esplodere. L'esecutivo gialloblù ha ereditato dal precedente sia gli interlocutori sia le strategie, ma ora stanno emergendo tutte le criticità. L'intelligence italiana non ha saputo fornire negli ultimi anni il necessario supporto alla risoluzione della crisi libica. Sin da quando nel 2011 i francesi decisero di bombardare la Libia il nostro ruolo è stato simile a quello di un osservatore passivo. C'è bisogno di discontinuità, di un cambio di passo rispetto alle politiche dell'ex numero uno del Viminale, quelle finite negli anni al centro di inchieste di numerosi quotidiani internazionali. Nell'agosto dell'anno scorso il Times di Londra lo scrisse in un pezzo. «Rome “paying Libyan traffickers" to stem flow of Mediterranean refugees». Il nostro Paese era sospettato di aver pagato 5 milioni di dollari ai trafficanti libici per impedire loro di inviare migranti attraverso il Mediterraneo. Il presidente del consiglio era Gentiloni e il ministro dell'interno Minniti. Chi oggi si indigna per le immagini dei migranti torturati perché allora taceva?». Si tratta di accusa di Paesi esteri che hanno nell'area i propri interessi da tutelare. Sono quindi tutte da verificare. Intanto i nomi per sostituire Manenti e Alessandro Pansa al Dis sono quelli già emersi negli ultimi mesi. Anche se stanno creando non poche tensioni all'interno dell'esecutivo. A muoversi molto è il ministro Trenta. L'esponente dei 5 Stelle starebbe spingendo innanzitutto il segretario generale Carlo Magrassi al posto di Claudio Graziano come Capo di Stato maggiore, mentre per l'Aise starebbe facendo di tutto per nominare Gianni Caravelli come direttore: Caravelli vice di Manenti a Forte Braschi è l'attuale responsabile delle operazioni in Libia. Altri nomi sono quello di Enrico Savio, attuale vice direttore del Dis, che malgrado non abbia esperienza operativa ha sempre ricoperto importanti ruoli nel management sia privato che pubblico: in questi mesi sta portando avanti con successo la ristrutturazione della nuova sede dei servizi di Piazza Dante. Vanta ottime relazioni con gli interlocutori dell'alleanza atlantica e potrebbe essere una buona soluzione per rivitalizzare un ambiente fortemente demotivato dalla gestione Manenti. L'altro in predicato per la direzione dell'Aise è Carmine Masiello, ora vice direttore Dis, che, nonostante un passato nella Folgore, paga lo scotto di aver ricoperto l'incarico di consigliere militare di Renzi e Gentiloni. Mentre per il Dis è sempre più caldo il nome di Elisabetta Belloni che dalla Cooperazione del ministero degli affari esteri conosce molto bene il dossier libico e ha lavorato a stretto contatto con l'intelligence. Tra i nomi che circolano c'è anche quello di Franco Gabrielli, attuale capo della Polizia, per il Dis, un profilo che conosce molto bene l'ambiente dei servizi. E Pansa e Manenti? Per il primo si profilerebbe il ruolo di Autorità delegata a palazzo Chigi. Anche se Di Maio avrebbe posto una sorta di veto, immaginando per Pansa un più leggero ruolo di consulente. Il secondo direttore avrebbe provato a candidarsi per il Dis ma i limiti di età non glielo consentono. Oggi è chiamato a dare le dimissioni e per lui sarebbe pronta una scrivania in Leonardo grazie all'amico e presidente De Gennaro. L'ipotesi è quella che possa sostituirlo al settimo piano di Piazza Monte Grappa. Mentre De Gennaro volerebbe al Quirinale dove potrebbe sostituire l'attuale consigliere per la sicurezza di Sergio Mattarella, Rolando Mosca Moschini. Per Manenti sarebbe una opportunità e per il governo una giusta via di uscita. Un modo per rivedere i vertici dei servizi senza creare una frattura con il passato che non farebbe bene nemmeno al Paese. In questo momento delicato in Libia serve certo un cambio di passo ma non è certo opportuno cambiare tutte le gambe.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)