
La stretta di Matteo Salvini ha svelato il gioco delle organizzazioni, che non sono in missione umanitaria bensì politica: scaricare immigrati in Italia. Avessero solo voluto salvarli, sarebbero approdate altrove.La sinistra ha un nuovo idolo. È la Capitana Carola, la comandante della Sea Watch 3, una giovane tedesca di ferro pronta ad affrontare il martirio pur di andare alla guerra contro l'altro Capitano, quello leghista. Da giorni si preparava la costruzione del mito della donna che sfida il ministro dell'Interno, un format di sicuro successo per il circo dell'informazione. Infatti giornali e tv non parlano d'altro che della ragazza che soccorre i migranti e che da quasi due settimane procede a zig zag al limite delle acque territoriali italiani. E l'obiettivo era evidentemente il braccio di ferro con Matteo Salvini. Ci fosse stato davvero bisogno di soccorrere delle persone in pericolo di vita, come dice la legge del mare, il capitano Rackete avrebbe potuto fare rotta su porti molto più vicini di quello di Lampedusa, dirigendosi verso le coste tunisine o verso Malta. Ma l'intenzione dell'organizzazione che finanzia la Sea Watch - e di chi la sostiene e le fa da megafono - non è mai stata solo quella di salvare gli immigrati, bensì di portare a compimento un'azione politica, dimostrativa contro l'attuale governo. La Ong tedesca voleva violare le norme italiane e rompere il blocco disposto dal Viminale. Non fosse entrato in vigore il decreto Sicurezza che dispone il sequestro delle navi che fanno la spola tra Lampedusa e le coste libiche, quasi certamente il natante dell'associazione tedesca avrebbe attraccato da giorni in qualche porto italiano, perché questo è ciò che la Sea Watch e le imbarcazioni delle altre Ong hanno sempre fatto, ignorando volutamente le disposizioni contrarie. Del resto, i traghetti umanitari in questi anni sono riusciti a scaricare impunemente decine di migliaia di cosiddetti profughi, alimentando un'invasione che ha riempito le nostre città.Da un anno, però, al ministero dell'Interno c'è un tipo come Salvini, il quale ha messo in pratica ciò che da tempo il Viminale stava studiando, ma che nessun politico in precedenza aveva avuto il coraggio di attuare: il blocco dei porti. Nei primi mesi il divieto di attracco è stato più virtuale che reale, perché le tensioni politiche avevano impedito di approvare norme restrittive che consentissero il sequestro delle navi delle Ong e pesanti multe nei confronti di chiunque favorisse il reato di clandestinità. Ma dopo le europee le cose sono cambiate e ciò che prima sembrava impossibile, per l'opposizione di una parte del Movimento 5 stelle, ora è diventato legge. Le navi delle organizzazioni che vanno a prendere i migranti per traghettarli a casa nostra possono essere confiscate, le Ong multate e chi si macchia di un reato come la violazione delle leggi italiane può finalmente essere processato.E così, per cercare di forzare la mano, ecco spuntare la Capitana. Ovviamente per colpevolizzare gli italiani che non vogliono i migranti una donna va meglio di un uomo. Non a caso le portavoce sono quasi tutte ragazze. Mandare avanti un volto femminile è meglio che spedire davanti alle telecamere un barbuto come Fratoianni (il parlamentare della sinistra) o come Orfini. Con loro in video, la gente cambia subito canale, mentre con una carina come Carola oppure come Giorgia Linardi, c'è la possibilità di farsi ascoltare. Del resto anche l'agenzia dell'Onu per i profughi ha sempre puntato sulle signorine, mandando avanti a perorare la causa dei rifugiati prima Laura Boldrini e poi Carlotta Sami. Sì, insomma, il format scritto dalla regia della Ong pare perfetto. La Capitana, la sfida al Capitano, l'appello dei migranti e poi la decisione di giocare il tutto per tutto e di violare le acque territoriali italiane, l'alt della Guardia di finanza e della Guardia costiera, i divieti e così via. Una storia pronta per la prima pagina e per fare il giro del mondo, con Carola magari agli arresti e tutti a criticare quel cattivone del ministro dell'Interno che non si fa commuovere né dai migranti, né dalla timoniera. E così Carola Rackete rischia di diventare la nuova leader di una sinistra che di leader non ne ha più. Non a caso, a Lampedusa i compagni stanno accorrendo per accoglierla come una madonna. Fratoianni, Orfini, Delrio, Magi: tutti in missione per mettere sul podio l'eroina che ha dichiarato guerra al Capitano. Zingaretti è rimasto a Roma a presidiare il bidone, cioè il Pd, ma non ha perso tempo e, impugnata carta e penna, ha rivolto un appello urgente al presidente del Consiglio, chiedendo un intervento per porre fine alla situazione drammatica dei migranti che da 14 giorni sono in balia di Salvini. Ci fossero stati dubbi sulla deriva della sinistra, ora non ci sono più. Dal Pd a Sinistra italiana passando per + Europa siamo davanti a una zattera senza direzione, pronta a imbarcare chiunque pur di conquistare un titolo nel notiziario della sera. Per finire, una sola domanda: ma gli incontri urgenti con Conte, Zingaretti perché li chiede per la Capitana e i 43 migranti e mai per gli italiani? Dai lavoratori dell'Ilva a quelli della Whirlpool, di motivi per sollecitare una riunione a palazzo Chigi ce ne sarebbero migliaia, ma guarda caso non sembrano interessare il segretario del Pd. E allora cambi il nome al partito e lo chiami Pdm, che sta per Partito dei migranti ma anche per Partito di minoranza.
Il presidente colombiano Gustavo Petro (Ansa)
Il leader colombiano Petro, che sullo scandalo delle armi non collabora, attacca l’azienda: «Mi offende, faccio causa».
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Il giudice De Moraes revoca i domiciliari all’ex leader: «Pericolo di fuga durante la veglia di preghiera organizzata dal figlio». Atteso il ricorso sul tentato golpe.
Bruxelles ha stanziato 11 miliardi ai Paesi sub-sahariani: fondi finiti a chi non aveva bisogno. Corte dei Conti: «Zero controlli».
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Per la prima volta nella storia, quasi l’intera Assemblea francese ha bocciato la legge finanziaria. C’è la concreta possibilità di arrivare a una sorta di proroga che costerebbe 11 miliardi. Nelle stesse ore Moody’s migliorava il giudizio sul debito italiano.
C’era una volta l’Italia pecora nera dell’Europa. Era il tempo in cui Parigi e Berlino si ergevano a garanti della stabilità economica europea, arrivando al punto di condizionare la vita di un governo e «consigliare» un cambio della guardia a Palazzo Chigi (come fu la staffetta tra Berlusconi e Monti con lo spread ai massimi). Sembra preistoria se si guarda alla situazione attuale con la premier Giorgia Meloni che riceve l’endorsement di organi di stampa, come l’Economist, anni luce distante ideologicamente dal centro destra e mai tenero con l’Italia e, più recente, la promozione delle agenzie di rating.





