2020-03-23
La strage delle partite Iva
Oltre 4 milioni di lavoratori autonomi rischiano di perdere 9 miliardi di euro e di dover chiudere ogni attività. Ma il governo li ha sostanzialmente ignorati.Il segretario degli artigiani di Mestre Renato Mason: «È enorme l'arretrato della pubblica amministrazione. Bisogna pensare al futuro».Lo speciale contiene due articoliOltre 4 milioni di lavoratori rischiano un crollo del proprio giro d'affari e un'alta percentuale anche la chiusura. È il popolo delle partite Iva, quelli corteggiati da ogni partito quando si tratta di prendere voti ma dei quali ci si dimentica appena si varca la soglia di Palazzo Chigi. Pur rappresentando le fondamenta del Paese, pagano il prezzo più alto di ogni crisi economica perché non hanno nessun paracadute sociale se non i risparmi accumulati nei periodi più felici. Per costoro non c'è né cassa integrazione, né assegno di disoccupazione. Il governo ha deciso, tramite l'ultimo decreto legge, un indennizzo di 600 euro ma le modalità di erogazione appaiono confuse. Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ha smentito l'ipotesi di un «click day», cioè una sorta di lotteria, ma di sicuro non tutti rientreranno nel beneficio perché c'è un plafond da rispettare. Partite Iva sono non solo artigiani, commercianti, imprenditori edili, professionisti, ma anche quanti (sempre più numerosi) operano nel settore informatico innovativo e nelle nuove tecnologie. Sono giovanissimi ma anche cinquanta-sessantenni, espulsi dal ciclo produttivo e non ancora in età da pensione. Confcommercio ha stimato una perdita di fatturato per una platea di 3,9 milioni tra commercianti, artigiani, lavoratori autonomi non iscritti alle casse di previdenza e assistenza private, lavoratori delle attività artistiche e di intrattenimento, di almeno 9 miliardi. Questo sottobosco dell'economia reale rischia di uscire con le ossa rotte dal blocco produttivo causato dal coronavirus. I danni possono propagarsi come il virus, con un effetto a cascata. Le partite Iva sono un mondo interconnesso, che vive di commesse intrecciate tra loro; se un anello cede, crolla un'intera filiera. Negli ultimi anni le partite Iva hanno avuto una crescita sostenuta. Secondo l'Osservatorio del ministero dell'Economia, nel 2019 sono aumentate del 6,4% (545.700 nuove attività), rispetto all'anno precedente. Il commercio conta il maggior numero di aperture (+19,7%), seguito da professioni (+17,1%) e da costruzioni (+12,4%). Il 44,8% è stato avviato da giovani fino a 35 anni e il 32,5% da soggetti tra 36 e 50 anni. A determinare il considerevole incremento rispetto al 2018 sono le persone fisiche, grazie alle adesioni al regime forfettario, per il quale dal 2019 il limite dei ricavi è stato esteso a 65.000 euro. Gli incrementi maggiori si hanno proprio in Lombardia (+11,6%), la Regione maggiormente colpita dal Covid-19, e in Piemonte (+11%).Questi numeri lasciano intuire l'entità delle ripercussioni economiche conseguenti alla serrata. Una prima valutazione l'ha fatta l'Acta, l'Associazione dei freelance più volte consultata dal governo in queste settimane. Ha effettuato due sondaggi a distanza di 17 giorni. «Abbiamo rilevato un forte peggioramento, la categoria è in ginocchio», afferma la presidente Anna Soru. E sciorina i numeri. Dalla rilevazione pubblicata mercoledì scorso emerge che quasi il 50% degli intervistati non ha lavorato nell'ultima settimana. Coloro che hanno subìto almeno una cancellazione o sospensione delle commesse, sono aumenti dal 62,9% della settimana dal 14 al 16 marzo, all'89,3%. Solo il 10% non ha ancora registrato alcun impatto sugli ordini. La metà ha subito cancellazioni per un valore di oltre 2.000 euro.«È un valore medio», precisa Anna Soru, «trainato dai valori molto alti di pochi. I freelance sono di solito sottopagati, hanno scarso riconoscimento professionale e quindi sono già normalmente in difficoltà economiche. Figurarsi ora». I più colpiti sono gli interpreti (valore mediano di quanto cancellato pari a 4.500 euro), gli operatori nel turismo e nell'organizzazione di eventi (3.000 euro). Il bilancio a fine anno non potrà che essere disastroso. Il 60,5% degli intervistati si attende un calo del fatturato superiore al 30% (erano il 17,5% nella precedente rilevazione), di questi il 26,4% un crollo di oltre il 60% (rispetto al 2,9% della precedente rilevazione).«Sono a terra anche comunicatori, pubblicitari, designer, consulenti delle imprese. Chi ha potuto ha reagito con la ben nota flessibilità che caratterizza questo mondo», spiega Soru: «C'è stato un aumento del lavoro a distanza del 32% e una modifica dei servizi offerti». La leader Acta si attende qualcosa di più dell'indennità di 600 euro previsto dall'ultimo decreto del governo: «Servono altri provvedimenti soprattutto sulle scadenze fiscali e contributive di fine giugno, rinviando al 2021 il pagamento di contributi e fisco e una rateizzazione senza interessi».Anche Anna Rita Fioroni, presidente di Confcommercio professioni, associazione con oltre 20.000 aderenti su 338.000 partite Iva iscritte alla gestione separata, parla di una situazione da codice rosso. «Le guide turistiche hanno perso tutta la stagione primaverile ed estiva. Gli annullamenti sono arrivati a pioggia. Allo stremo sono i consulenti d'azienda, chiamati con incarichi a tempo legati a esigenze specifiche. Chi lavora nel web marketing, i grafici di Internet, già ci prospettano un calo significativo del fatturato. C'è poi il mondo dei servizi che, anche se con gradazioni diverse, sta subendo il fermo del mercato. Sono figure che hanno introiti medi annuali inferiori a 20.000 euro». Fioroni guarda al dopo emergenza: «Bisogna capire il funzionamento del fondo residuale per il reddito di ultima istanza, perché è necessario coprire tutti gli esclusi dai 600 euro, compresi i professionisti iscritti agli ordini. Sulla sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei versamenti di tributi e tasse, sono da considerare i tempi di ripresa per l'economia, dal momento che la crisi di liquidità continuerà a lungo». In allarme il settore dello sport. Assosport (produttori di articoli sportivi), Assofitness e Anif-Eurowellness (impianti sport e fitness) parlano di 1 milione di posti a rischio. La chiusura dei centri sportivi, fanno sapere le associazioni, già tragica per titolari e personale impiegato nelle migliaia di impianti, palestre, piscine e campi sportivi di tutta Italia, rischia di avere ricadute pesanti sull'intera filiera produttiva, mettendo in ginocchio le aziende che producono attrezzature, abbigliamento e calzature per il fitness». Piangono le partite Iva dello spettacolo. La fondazione Centro studi doc parla di circa 340.000 lavoratori fermi e stima una perdita di 8 miliardi in un solo mese di blocco dell'attività. La cooperativa Doc servizi (attiva nella fornitura di servizi nel mondo dello spettacolo) sottolinea la sofferenza di musicisti, tecnici, attori, dj, fotografi o videomaker, che hanno visto annullate date e collaborazioni a causa dei divieti imposti ai locali pubblici. Luca Gaburro, segretario generale di Federagenti (40.000 soci), accende i riflettori sulla situazione degli agenti di commercio: «Da tutta Italia ci arrivano segnali preoccupanti. All'inizio di febbraio avevamo quantificato un calo degli ordinativi del 40%, ora siamo completamente fermi. Un agente di commercio ci ha chiamato disperato perché intermedia prodotti cinesi. È stato fatto di più per i lavoratori dipendenti». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-strage-delle-partite-iva-2645571345.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-stato-e-debitore-di-60-miliardi-cominci-a-darceli" data-post-id="2645571345" data-published-at="1758124022" data-use-pagination="False"> «Lo Stato è debitore di 60 miliardi. Cominci a darceli» «Tutto il mondo delle partite Iva è in asfissia economica. Il governo, giustamente, si sta occupando all'emergenza ma bisognerebbe anche cominciare a mettere nero su bianco una strategia per il dopo, per ridare ossigeno alle imprese. Non sappiamo quanto durerà la propagazione del contagio e quando potranno riprendere le attività, ma di sicuro sarà fondamentale che il rubinetto del credito sia aperto. E su questo nutro seri dubbi». Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre, una delle associazioni più rappresentative del mondo dell'artigianato, disegna uno scenario buio. Teme che l'accesso al credito diventi più difficile per le partite Iva? Eppure il governo ha messo in campo diversi strumenti che dovrebbero garantire il flusso dei finanziamenti. «Le partite Iva sono le attività più fragili: non hanno ammortizzatori sociali, se non lavorano non guadagnano, non hanno alcun paracadute. Già prima del blocco avevano difficoltà nel rapporto con le banche. Al 31 dicembre 2019 c'è stato un ulteriore calo del 4% del credito». Non riescono a soddisfare le garanzie richieste dalle banche? «Le piccole banche territoriali hanno scarse risorse e quindi mi aspetto che siano ancora più severe nel valutare le garanzie per concedere finanziamenti. Andrebbe applicato il principio della proporzionalità». Che cosa intende? «Non si possono seguire gli stessi criteri di valutazione, lo stesso rating, per realtà imprenditoriali diverse per patrimonio. Le partite Iva non possono essere valutate come le imprese più strutturate o le società. La richiesta delle garanzie va modulata in base alla grandezza di un'impresa. Per fare questo bisogna alzare la voce in Europa, alla Bce. Bisogna far capire che il nostro sistema economico ha operatori di dimensioni diversi e che la piccola impresa è quella strutturalmente più importante nell'economia italiana. Altrimenti ci muoviamo dentro regole che non consentono di erogare il credito. In questa situazione drammatica ci deve essere un atteggiamento diverso da Bruxelles e dalla Bce». Sono sufficienti le misure adottate dal governo? «Sono provvedimenti di emergenza. Quello che mi stupisce è che nessuno abbia pensato ai mancati pagamenti della pubblica amministrazione. Recuperare questi soldi significherebbe dare alle partite Iva 60 miliardi. Sto parlando di fatture il cui termine di pagamento è scaduto». Occorre pensare a una strategia di sostegno all'economia per il dopo emergenza. Quali leve vanno utilizzate? «Ci sono cantieri con progetti approvati e finanziati che ammontano a 80 miliardi. Sono impastoiati in comitati, autorizzazioni, interventi dell'Anac e della magistratura contabile. Se non si fanno investimenti, le partite Iva come lavorano? Si parla spesso di snellire la burocrazia, di derogare dai vincoli della legislazione ordinaria, ma poi passata l'emergenza non si fa nulla, o si procede in modo episodico». Quali sono i settori in maggior sofferenza? «Una priorità è indubbiamente il turismo. In Veneto, tra le regioni più colpite dal virus, vale il 10% del Pil, pari a 17 miliardi. Le disdette delle prenotazioni coprono tutta la primavera e si spingono fino ad agosto. Significa che sono state compromesse le due stagioni di maggior guadagno. Senza considerare il danno di immagine. I grandi tour operator ci hanno cancellato dalle loro mete. A oggi il 60% delle entrate da questa voce è saltato. Per il Veneto vuol dire perdere 8-9 miliardi che equivale al 4% del suo pil. Ristoranti, alberghi ma anche piccoli esercizi commerciali e artigianali, bar, posti di ristoro potrebbero non farcela, se il blocco dovesse durare a lungo». Nessuno può spingersi a fare una previsione. «Questo è il vero dramma. Il turismo è legato all'immagine di un Paese. Su questo occorre lavorare, lanciando messaggi che l'Italia riuscirà a superare la crisi, che tornerà a essere un luogo sicuro, dove trascorrere il tempo libero in tranquillità. Il prossimo decreto dovrebbe prevedere una serie di iniziative di comunicazione ad ampio raggio. I Paesi nostri competitor sul fronte del turismo non perderanno l'occasione per approfittare delle difficoltà dell'Italia e strappare quote di mercato». Bisogna aiutare a riavviare i consumi interni? «Se gli italiani riprenderanno a viaggiare nella penisola, proietteranno all'esterno un messaggio rassicurante. Non è escluso che dopo settimane di blocco in casa, una volta finita l'emergenza, ci sia un rimbalzo, un maggior desiderio di spostarsi. In caso contrario, molte piccole imprese saranno costrette a ridurre la propria attività, perché langue la domanda. Tutto il mondo delle partite Iva che ruota attorno a queste aziende rischia di saltare. L'attività turistica coinvolge una miriade di figure professionali. È una rete molto estesa». Quali sono le dimensioni di questa realtà di professionisti e piccoli imprenditori? «Le partite Iva sono 5,784 milioni di cui 2 milioni sono società, 765.000 liberi professionisti, 252.000 agricoltori, 1,5 milioni imprenditori che non hanno una società e circa 1 milione di regimi forfettari tra artigiani e commercianti. In Lombardia sono quasi 1 milione, in Veneto 500.000, in Emilia 450.000. Indico queste tre Regioni perché sono quelle più colpite dal virus e dove l'impatto sull'economia si farà sentire maggiormente. Di questa popolazione di liberi professionisti, artigiani e commercianti, la metà, ovvero 2,5 milioni, sono in seria difficoltà. Molti hanno dovuto arrestare l'attività e gli altri hanno ridotto, vicino allo zero, il volume delle prestazioni. Non ci dimentichiamo che questa realtà, già prima dell'epidemia, aveva seri problemi. Un 15% era in procinto di chiudere. La crisi che inevitabilmente seguirà all'emergenza rischia di dare il colpo di grazia. E, non mi stancherò di ripeterlo, le partite Iva non hanno il paracadute degli ammortizzatori sociali come il lavoro dipendente. È arrivato il momento di pensare anche a questo».
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)