2021-01-01
La stagione zero dello sci e della montagna
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Stefano Nicoli/Getty Images
Le nevicate cancellano le tappe della coppa del mondo, l'emergenza Covid svuota le piste. Il presidente dell'Associazione nazionale esercenti funiviari, Valeria Ghezzi, lancia l'allarme: «C'è il rischio reale che la stagione sciistica salti del tutto». Dallo scorso marzo calcolati danni per oltre 20 miliardi di euro per il settore e l'indotto.Quello del turismo invernale, e in particolare dello sci, è uno dei settori che più ha sofferto le chiusure e le restrizioni causate dall'emergenza sanitaria che attanaglia tutto il mondo ormai da quasi un anno. Se nel 2020 qualcosa si era riuscito a salvare con i mesi di gennaio e febbraio rimasti per così dire intatti, nel 2021 tutta l'intera stagione sciistica potrebbe essere a rischio. A lanciare l'allarme è stata anche la presidente dell'Associazione nazionale esercenti funiviari, Valeria Ghezzi, che in una dichiarazione rilasciata all'agenzia Agi ha detto: «Speriamo di aprire gli impianti di risalita tra il 20 e il 30 gennaio, vedremo, ma devo anche dire che c'è il rischio reale di non aprire gli impianti e quindi di non poter dare il via alla stagione invernale». Una stagione che in condizioni normali avrebbe dovuto cominciare lo scorso novembre, ma che di fatto è stata bloccata dai decreti per contrastare la seconda ondata della pandemia. Le Regioni della zona alpina hanno calcolato che dallo scorso marzo, quando cominciarono i vari lockdown in giro per tutto il mondo, in Italia si siano persi circa 20 miliardi di euro per tutto il settore e l'indotto relativo e filiera. Si tratta di una cifra enorme, vicina all'1% del Pil nazionale. Un calo del 70% del fatturato rispetto alla media degli ultimi anni. Il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, aveva fatto capire che per riparare il danno subito dalle Regioni interessate sarebbe stato previsto dal governo un ristoro di 250 milioni di euro da dividere tra i territori interessati.È sbagliato però parlare soltanto di sci, perché attorno all'industria dello sci ruota un'intera economia di montagna con in ballo migliaia di posti di lavoro, circa 120.000, e la maggior parte di questi prevedono contratti stagionali. Gli assessori delle Regioni alpine - Valle d'Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento - in una nota congiunta dello scorso novembre avevano detto senza mezzi termini che «senza l'apporto della stagione invernale per la montagna è il disastro totale. Chiudere durante le festività natalizie significherebbe pregiudicare irrimediabilmente l'intera stagione, molti non aprirebbero nemmeno più».In Italia si contano 2.200 impianti di risalita, il 95% dei quali sono associati Anef. 3.683 sono le piste di sci per un totale di 6.700 chilometri, mentre per quanto riguarda lo sci di fondo si calcolano 239 anelli per una lunghezza totale di 1.926 chilometri. E a proposito delle piste, quello invernale è anche il periodo in cui ogni anno si disputano le tappe della coppa del mondo di sci. Molte di queste sono state cancellate o rinviate a causa delle abbondanti nevicate che hanno riguardato il Nord Italia in queste settimane. La tormenta di neve che si è abbattuta negli ultimi giorni su Bormio ha convinto gli organizzatori a spostare il SuperG maschile sulla pista Stelvio di almeno 24 ore per avere più tempo per pulire la pista, mentre il gigante femminile di Semmering, in Austria, è stato addirittura cancellato.C'è poi da fare i conti con i costi della neve. La produzione di neve artificiale costa tra i 3,40 e i 3,80 euro al metro cubo. Facendo i calcoli su una pista lunga un chilometro, larga 40 metri e profonda 40 centimetri, un impianto deve spendere per l'intera stagione circa 60.000 euro. In Trentino si è calcolato che per innevare tutti i 1.600 ettari di piste presenti sul territorio servono 24 milioni di euro.
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