2022-08-04
La speranza per Archie può venire dall’Italia
Hollie Dance, la mamma di Archie Battersbee (Dominic Lipinski/PA Images via Getty Images)
Anche la Corte dei diritti dell’uomo ha respinto il ricorso della famiglia del ragazzino in coma. Era l’ultima chance per ribaltare la sentenza che impone di staccare le macchine che lo fanno respirare. La madre: «Offerte dagli ospedali all’estero per curarlo».L’ultima speranza per salvare Archie Battersbee si trova fuori dall’Inghilterra, forse in Italia. Martedì sera, dopo che la Corte suprema di Londra ha ricusato il loro appello, i genitori del dodicenne tenuto in vita da un respiratore al London Royal Hospital avevano deciso di giocare la carta del ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo per cercare di evitare che venissero spenti i macchinari che offrono sostegno vitale al ragazzino, trovato privo di coscienza il 7 aprile nella sua casa di Southend, in Essex. Un appello disperato visto che, come già avvenuto in passato, i giudici di Strasburgo hanno rifiutato di intervenire. Con una decisione presa con una procedura d'urgenza, il presidente del tribunale, è stato diffuso in una nota, ha deciso «di non pronunciare la misura cautelare richiesta» e di «dichiarare inammissibili le doglianze dei ricorrenti».Per riuscire a presentare questo ricorso entro il termine fissato delle 9 di ieri mattina, genitori e avvocati avevano svolto un lavoro febbrile nel corso della serata di martedì e nella notte. I genitori di Archie, lo avevano detto chiaramente, ci contavano. «Speriamo e preghiamo che la Corte europea voglia guardare questa volta con favore ai nostri argomenti, noi non intendiamo arrenderci fino alla fine», aveva dichiarato Hollie Dance, la madre del ragazzino, con gli occhi stanchi che svelavano un po’ di ottimismo.Siamo ormai all’ultimo capitolo del braccio di ferro legale tra l’ospedale e i genitori. Per ora, comunque, i genitori di Archie hanno ottenuto un po’ di tempo, durante il quale stanno studiando delle soluzioni alternative. Ieri la mamma ha dichiarato di aver ricevuto contatti dall’Italia e dal Giappone, da medici ed equipe cliniche che sostengono di poter aiutare suo figlio, che invece per i dottori inglesi è clinicamente morto e non ha chance di ripresa. Ipotesi da valutare e da esplorare per i Battersbee, che non hanno intenzione di rassegnarsi. A sostenerli in queste valutazioni sono in tanti, anche il Christian legal centre, che ha aiutato ad elaborare il ricorso e guarda alla sentenza contro Archie come a un pericolo.Il suo caso, infatti, potrebbe diventare un precedente rischioso, visto che si differenzia da altre vicende del passato. Due le ragioni chiave. In primo luogo, non si tratta, come nel caso di Charlie Gard o di Alfie Evans, di bambini nati con una malformazione, ma di un ragazzo di 12 anni, che aveva una vita sociale, un circuito di relazioni ben strutturato, attività, sogni e progetti, e che è stato vittima di un incidente. Permettere che venga comunque spento il respiratore che lo sostiene, significa in qualche modo «autorizzare» che si agisca allo stesso modo anche nel caso di persone adulte. Un modo per sostenere l’idea che alle equipe mediche sia assegnato il compito di decidere fino a quando si può tentare di salvare una vita umana. Secondo i genitori di Archie questo atteggiamento va contro gli articoli 10 e 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e contro l’articolo 6 della Convenzione per i diritti dei bambini, sempre delle Nazioni Unite. Due normative internazionali, secondo le quali da un lato si devono prendere tutte le misure necessarie per assicurare che le persone disabili abbiano diritti uguali agli altri e dall’altro i governi devono fare il possibile per prevenire la morte dei bambini e degli adolescenti.Il secondo aspetto preoccupante riguarda poi le tempistiche. Perché Archie si è sentito male il 7 di aprile, mentre era a casa sua, e quindi è collegato a un supporto vitale in ospedale da quasi quattro mesi, non da anni, con costi che potrebbero apparire troppo onerosi per i bilanci pubblici.Holly Dance aveva sottolineato che si augurava che la Corte europea potesse garantire ad Archie il diritto di continuare a lottare, perché se lo merita, mentre altri non lo hanno fatto. Un attacco diretto al suo Paese d’origine, anche al governo inglese, che ieri si è limitato ad affidare a un portavoce una dichiarazione nella quale si diceva: «Siamo vicini alla famiglia di Archie Battersbee in questo momento di incredibile difficoltà. È giusto che la decisione sul trattamento di Archie sia presa da medici esperti e dai giudici». Una conferma che per l’esecutivo si starebbe procedendo nella giusta direzione.Alla fine, il dato che sembra emergere in questa vicenda, come in quelle di Charlie Gard o Alfie Evans in passato, è che il Regno Unito non è incline a farsi carico di casi clinici complessi e delicati come questi. Tanto che la madre di Archie ha dichiarato ai giornalisti che vuole portare suo figlio altrove: «Se questo Paese non può assisterlo o non vuole prendersi cura di lui, che male c’è a permettergli di andare altrove?». Hollie Dance sembra pronta a fare le valigie e l’Italia è una possibilità concreta.
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