2020-03-29
La speranza è il rimedio decisivo pure contro l’epidemia da patogeni
Se subentra la disperazione, è difficile farcela. Nella società è presente un'inadeguatezza che riguarda un sistema dove la cattiva salute è legata anche a diffusa infelicità. Dovuta a questioni non solo economiche.Sbarazzarci di Covid-19 non sarà facile. Ma soprattutto non basterà; prima ce ne convinciamo e prima ne usciremo. Il virus del pipistrello, come abbiamo visto anche in queste settimane, è stato infatti l'ultimo avviso della grave malattia del mondo contemporaneo, ricco di tecniche, ma debole fisic e psicologicamente. Come ha osservato su Il Rosso e il Nero lo stratega finanziario Alessandro Fugnoli: «Che società che amano sentirsi ipertecnologiche non si siano tenute una scorta strategica di mascherine e fatichino a riconvertire impianti per produrle è un piccolo esempio di quanto ci siamo arrivati impreparati». Eppure bastava leggere i bollettini dell'Oms per sapere che l'epidemia era «non solo prevedibile, ma prevista», come ha dichiarato al Daily Telegraph il professor Andrew Cunningham, vicedirettore scientifico della Società zoologica di Londra. L'inadeguatezza non riguarda però solo i politici, ma un intero sistema dove la cattiva salute è legata anche a una diffusa infelicità, fonte di molti guai, compresa l'incertezza nel decifrare i fenomeni e prendere le decisioni. Una società incerta tra vivere o lasciarsi cancellare è poco vitale e fatica a battersi con le difficoltà. È quanto accade oggi in Occidente. Il disastro è stato documentato con precisione negli ultimi studi dello scienziato Angus Deaton (vincitore per questo del Premio Nobel) e della moglie Anne Case, entrambi docenti all'università americana di Princeton. In essi si racconta come l'Occidente sia stato dal 2015 in poi colpito da una vera e propria epidemia di disperazione che in alcune città (New York soprattutto) ha addirittura arrestato il processo, in atto da tempo, di graduale allungamento della vita, che ora invece si sta accorciando. I maschi, soprattutto bianchi (di gran lunga le vittime più numerose anche nell'epidemia di coronavirus), sono i più colpiti. I neri sono poi entrati nel gruppo in seguito, con il diffondersi della diffusione di droghe addizionate di fentanyl, un oppioide antidolorifico 100 volte più potente della morfina; usato sempre più spesso come droga, come l'ossicodone, praticamente «eroina legalizzata dalla Federal drug administration». Nei primi 18 anni del secolo più di 200.000 americani sono morti di questa roba, che ora arriva clandestinamente dal Messico e «la più letale, dalla Cina».Attenzione però: l'«epidemia di disperazione» denunciata dai Deaton ormai non è più limitata a New York e neppure agli Stati Uniti. Sull'ultimo numero dell'autorevole Foreign Affairs è infatti comparso il loro ultimo studio che racconta come si stia diffondendo anche nel resto del mondo sviluppato. Tutto è poi raccolto nel libro Deaths of Despair and the Future of Capitalism, (Princeton University Press). Anche la medicina più tecnicizzata sa ormai bene che la speranza è il rimedio (l'immunizzante) decisivo contro ogni sorta di agenti patogeni, virus e batteri. Se la speranza viene sostituita dalla disperazione diventa difficile farcela.A cadere nella disperazione è stata, dall'inizio del 2000 in poi, soprattutto la generazione che in quegli anni si avviava all'età di mezzo: dai 25 ai 65 anni (tardivi figli del '68 americano). Le cause delle morti premature erano soprattutto tre: avvelenamenti involontari (quasi sempre da overdose), cirrosi, e suicidi; nel solo 2017 i morti per overdose sono stati più numerosi degli americani morti in tutta la guerra del Vietnam. Dopo, i suicidi sono aumentati di un terzo in vent'anni, e oggi sono due volte e mezzo gli omicidi: i maschi americani bianchi sono pericolosi soprattutto per sé stessi. Nella disperazione occidentale - dicono i dati - domina la droga (ogni droga, a cominciare dalle «leggere» che aprono la strada alle altre, e l'alcol, causa delle cirrosi), e la depressione, principale motivo per cui la si assume, cercando di nasconderla drogandosi. A sgombrare la strada alla droga e al suicidio contribuisce la scarsa formazione culturale e la debole preparazione alla vita; il gruppo sociale più a rischio è quello dei due terzi di bianchi senza neppure il diploma universitario di bachelor (il primo livello). Per quanto carente e svuotata sia la formazione occidentale, essa propone pur sempre regole e aspetti di ricerca di senso e di formazione alla vita indispensabili all'orientamento nel lavoro e nel mondo. Quando ciò manca, le droghe e ogni tipo di autodistruzione hanno campo libero: senza una direzione e qualcuno che te la mostri, la vita non va avanti. Nell'americana «società senza padri» affermatasi fin dagli anni Sessanta negli Usa, nella quale oggi la maggior parte dei figli cresce in famiglie dove il papà viene espulso da separazioni e divorzi, la formazione universitaria è rimasta come l'unico luogo dove in qualche modo vengono insegnate regole e princìpi di realtà e conoscenze che prima si imparavano anche a casa, soprattutto nel rapporto con il padre, dagli anni Settanta in poi svalutato in quanto «autoritario» . È anche per questo che «per gli americani nati dopo il 1970 il tasso di suicidio per quelli che non sono stati al college è più del doppio che fra i diplomati», come spiegano i Deaton. Lo smantellamento della figura paterna non è però l'unico aspetto della famiglia coinvolto nell'epidemia di disperazione che accorcia la vita ai gruppi più fragili, negli Usa e anche nel resto del mondo industrializzato. L'altro è il matrimonio, reso più complicato per tutti dal diffondersi dei divorzi, ma comunque impossibile per i giovani bianchi poveri e senza solide formazioni professionali e (anche per questo) finiti tra droghe, dipendenze da sostanze e comportamenti autodistruttivi. «Con i loro bassi stipendi», scrivono i Deaton, «pochi di questi maschi poco preparati sono considerati sposabili. Aspetti come questi sono centrali nell'istillare disperazione e spingere al suicidio o altre azioni autodistruttive, come l'alcolismo e l'abuso di sostanze».La novità è che l'epidemia di disperazione fra i maschi poveri, cresciuti senza padri, con formazioni lavorative vacillanti, e in una situazione di arresto negli ascensori sociali (per non parlare del neppur larvato razzismo nei confronti del maschio povero), è ormai presente in tutte le società a «capitalismo avanzato», da quelle anglosassoni a quelle latine. Non a caso anche in Italia, durante l'ultimo governo, il tentativo di varare una legge (decreto Pillon) che equiparasse con soluzioni già adottate in molti altri Paesi la posizione di padre e madre nell'educazione dei figli, ha suscitato proteste furibonde in quasi tutto l'arco politico. Le uniche ad avere una posizione e una situazione sociale diversa sembrano le società dell'Est Europa, riluttanti a seguire il modello occidentale così com'è, senza sottoporlo a sostanziose verifiche e modifiche. Per ripartire bene non basterà l'helicopter money (peraltro indispensabile), la liquidità abbondante. Dobbiamo ritrovare la speranza, per tutti (maschi bianchi compresi): figli separati dai padri, e tanti altri. Ne riparleremo.