2020-06-18
Giuseppi tira
a campare ma se lui ce la fa l’italia crepa
Non ho l'abitudine di rivendicare previsioni azzeccate: non facendo il mago ma il semplice cronista, non ho infatti interesse a pubblicizzare alcuna capacità predittiva. Tuttavia, oggi vorrei fare un'eccezione e ricordare un articolo scritto sulla Verità qualche giorno fa, quando Giuseppe Conte annunciò gli Stati generali. L'editoriale cominciava così: il presidente del Consiglio vuole perdere tempo... e si concludeva spiegando l'inutilità dell'adunata di star a Villa Pamphili. A dire il vero, non serviva essere un esperto di oroscopi per immaginare come sarebbe finito il simposio organizzato dal premier. Avendo lunga frequentazione di congressi, seminari e dibattiti, per me è stato facile immaginare che la passerella di Vip si sarebbe risolta in una lunga chiacchiera, con gran dispendio di telecamere e di tempo. E così è stato. Anzi è ancora, visto che la sfilata non si è conclusa e proseguirà stancamente fino a sabato, senza che nel frattempo sia uscita un'idea concreta dalla discussione.Del resto, di cosa c'è da stupirsi? Qualcuno poteva forse pensare che invitando Ursula von der Leyen ci sarebbe stata consegnata la bacchetta magica che avrebbe fatto uscire il Paese dalla crisi? La presidentessa della Ue ci ha detto cose che gli italiani sentono dal secolo scorso, ovvero che l'Italia ha bisogno di riforme. Bisogna ridurre la burocrazia, aumentare l'efficienza, diminuire i tempi della giustizia, far crescere gli investimenti eccetera. Cioè suggerimenti che ognuno di noi avrebbe potuto fornire senza bisogno di scomodare i vertici dell'Unione europea. Non molto diversi sono stati i discorsi degli altri illustri ospiti. Ognuno a modo suo ha detto cose risapute e perfino il grido d'allarme dei commercianti, unito al j'accuse confindustriale, era roba già sentita, in quanto nelle ultime settimane non si è parlato d'altro che delle attività commerciali chiuse e delle aziende che rischiano di fare altrettanto. Peraltro, i rappresentanti delle categorie economiche, insieme con quelli dei lavoratori, oltre che sui giornali avevano già espresso le loro opinioni nelle dovute sedi, ovvero nelle commissioni parlamentari.Se un Giuseppe Conte a corto di idee avesse dunque voluto trarre ispirazione dai suggerimenti di imprese e sindacati, non avrebbe dovuto fare altro che rileggersi ciò che era stato già messo agli atti, senza organizzare una kermesse fra stucchi dorati e giardini fioriti. Ma il presidente del Consiglio, lanciando gli Stati generali, non aveva bisogno di raccogliere le idee chiedendo alle parti sociali quali fossero i problemi italiani. Il capo del governo doveva fare la famosa ammuina, cioè dare la sensazione di fare qualche cosa e di non rimanere nell'ora più buia del Paese con le mani in mano. Tuttavia, la sceneggiata napoletana si sta rivelando per quel che è, ovvero una sfilata di pareri e in qualche caso di critiche, ma nulla di più. Non ci sono un piano, una proposta concreta, un documento che possano essere tramutati in una legge. Ci sono i titoli dei dossier, ma dentro il dossier manca il testo. E soprattutto i soldi. Quella di Villa Pamphili è un'enunciazione di problemi da risolvere e di idee da attuare, ma non c'è nulla per tradurre in pratica ciò di cui si discute.Non a caso a Giuseppe Conte è scappato di dire che se ne parlerà a settembre, come se il Paese fosse possibile rimandarlo alla stregua di un qualsiasi studente che alla fine dell'anno scolastico si sia fatto trovare impreparato in qualche materia. Qui non si può rimandare, perché se non si decide in fretta, a settembre si conteranno il numero delle aziende fallite e quello dei disoccupati. Questa non è l'ora di pensare alle ferie estive rinviando a settembre la soluzione dei problemi. Questa è l'ora delle decisioni e se il premier non è in grado di decidere ha una sola alternativa: dimettersi.Capisco che Conte abbia fatto proprie le massime andreottiane e pensi che il potere logora solo chi non ce l'ha, così come pure ritenga che tirare a campare sia meglio che tirare le cuoia, ma la sua sopravvivenza politica significa la morte del Paese. Più lui tira a campare, più l'Italia farà fatica a campare. Il premier avrà anche imparato a nuotare tra gli scogli della politica, ma non ha imparato a governare. Governare significa essere capaci di decidere, eppure Conte ha imparato l'arte di non decidere. La sola che dal suo punto di vista è in grado di allungargli la vita a capo del governo.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)