
L'ex segretario di Rifondazione: «Gli strati più bassi della popolazione si sentono abbandonati, in molti virano sui sovranismi». La sconfitta sarebbe un male minore: «La priorità è spezzare l'asse governista che ha messo il debito al centro del sistema».Onorevole Fausto Bertinotti, come valuta lo scenario politico che abbiamo davanti agli occhi? «La vedo malissimo». Per la sinistra italiana? «Per la politica, prima di tutto. Ma anche e soprattutto per la sinistra italiana. E purtroppo mi sono ormai quasi adattato a questa condizione, che tuttavia mi pare terribile». Come mai? «La politica mi appare ormai morta e sepolta. E il governo si è come chiuso dentro un suo paradigma, che è del tutto refrattario a quel che accade nel Paese reale».Ma se è così pessimista, anche per i destini della sinistra, come mai dice anche che è preferibile andare al voto? «Perché è l'unica cosa da fare per rompere la coazione governista che sta uccidendo il centrosinistra italiano. Però, visto che è un tema molto delicato, mi deve dare modo e tempo di spiegarlo per bene». Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione comunista, oggi è fra gli esponenti più critici, a sinistra, con la scelta del governo. È convinto che l'«antisalvinismo istituzionale» agevoli la marcia di Salvini verso il potere, pensa che il dibattito sul Mes abbia segnato un punto di non ritorno su una strada che lui considera «tecnicamente suicida». Ovvero il riconoscimento della «sovranità assoluta del debito». Da dove partiamo? «Dalla politica dei partiti. Che a me oggi sembra abbia prodotto un referto di morte inappellabile. Io ero già scettico già al momento della formazione del governo. Quello che hanno fatto in questi mesi, purtroppo, mi ha confermato in tutti miei peggiori timori». Non vede possibilità di ripresa, passata la finanziaria? «Assolutamente no. Meglio votare al più presto che incancrenirsi in questa condizione». Non ha paura della possibile vittoria di Salvini? «Io vedo in questa stagione un nuovo, orribile protagonismo della destra, sospeso in equilibrio tra populismo e reazione. Ma ciò che gli si vorrebbe opporre mi sembra vecchio e perdente. Dentro le acque di questa crisi il salvinismo naviga, prospera, cresce. Dentro la prigione del governismo la sinistra istituzionale si corrode e muore». Se è vero, andare a votare per la sinistra sarebbe un suicidio.«Ad agosto pensavo che sarebbe stato meglio andare alle elezioni per una ragione del tutto elementare. Nel fenomeno che noi chiamiamo “salvinismo" il motore più rilevante è l'onda su cui Salvini surfa con grande abilità. Ed è un'onda di rabbia e di protesta contro il rigore». Anche il M5s e il Pd di Zingaretti dicono di voler superare il rigore. «A parole. Ma poi propongono politiche di governo che in nome della stabilità e della compatibilità hanno eletto il debito e il rigore a sovrani assoluti del sistema. È stato così anche per questa manovra». C'erano le clausole di salvaguardia da disinnescare. «E l'anno prossimo ce ne saranno delle altre. Questo dogma della centralità del debito ha destrutturato lo stato sociale. E il governo giallorosso viene percepito come un elemento di continuità assoluta con queste politiche. Del resto, come puoi apparire in discontinuità con un presidente del Consiglio che ha guidato due governi di segno opposto?». Non le piace Conte? «Non è questione di gradimento personale. Nel linguaggio classico questa politica si chiama “trasformismo"». Non l'ha convinta il modo in cui il premier ha spiegato il suo cambiamento di maggioranza? «Lui o un altro non cambierebbe nulla. È la forza del processo che conta».Quindi gli uomini sono addirittura indifferenti?«Rispetto alla forza dei cambiamenti di cui stiamo parlando, sì: ho imparato a non guardare la politica dal buco della serratura del fatto personale, ma a valutare le dinamiche di lungo periodo». Quali, per esempio?«La governabilità. Il segno forte che i governi dei diversi Paesi europei, in concerto fra di loro, stanno imprimendo a questa Europa».Sembra un Bertinotti sovranista. «È una semplice analisi di quello che abbiamo o davanti agli occhi. I dogmi del rigore europeo stanno masticando le macchine politiche, le hanno ridotte in poltiglia. Non sono più le forze politiche che compongono i governi, ma i governi che si scelgono le forze politiche! Il governo Conte è un esempio clamoroso. La metamorfosi del M5s da forza sovranista a compatibilista lo è. Sono i governi che modellano le forze politiche, in nome della governabilità, e sulla scorta delle loro esigenze. Il resto sono sussulti, spasmi dei cooptati. Hanno litigato sulla manovra. Ma su cosa? Sulle briciole. Gli elementi strutturali non sono mai in discussione, anche se litigano tutti i giorni su dettagli ridicoli. Se nel vocabolario della politica vengono messe fuori uso parole come “programmazione, patrimoniale", o “pieno impiego" mi preoccupo». Piena occupazione nel pieno della crisi è difficile.«Questo obiettivo non può neanche essere messo all'ordine del giorno, perché è fuori da qualsiasi scenario possibile. Posso fare una citazione d'epoca? Il mio maestro Riccardo Lombardi diceva: se c'è un un paese che raggiunge il 10% di disoccupazione, in quel paese la democrazia si ritrova in una crisi drammatica. Quel paese siamo noi. Chiedo: se tu hai il deficit superiore agli indicatori di Maastricht cosa fai?» Semplice: riduci il deficit e il debito. «Senza dubbio. Con il mal di pancia.... Ma lo fai. Perché il debito è una variabile indipendente. Mentre la disoccupazione è dipendente. Keynes, se potesse assistere a questo spettacolo, si suiciderebbe!». È il tema del Mes di ieri. «Si, il vero dibattito sul Mes è questo: perché conferma e mette al centro della scena l'assoluta centralità del debito. La Grecia è lì a dimostrare che non è una passeggiata». Il Pd di Zingaretti non le pare diverso da quello di Renzi? «Mah... So di dire una cosa difficile: dentro il recinto della politica che oggi esiste non esiste nessuna salvezza».Il Pd per lei è irriformabile. «Le ripeto. Lo spazio per la rinascita della sinistra oggi sta fuori della politica: nelle sardine, nei movimenti ambientalisti impropriamente definiti “gretini", nei jilet jaunes». Nulla può cambiare?«Se la sinistra non guadagna consenso negli strati più poveri, non può risorgere. A fare la differenza tra questi elettori sono quelli che prima votavano Renzi, poi M5s e ora Lega. Ci sarà una ragione per cui tutti i fenomeni nuovi fuoriescono dai movimenti e non dalla politica?».Però mettono radici? «Per me sì. Pensate al movimento di protesta contro le pensioni in Francia. Parte dall'idea che l'età non è quella biologica ma quella indotta dal lavoro e dalla condizione sociale. È una protesta, ma non mette radici. Intanto ci spiega che se un operaio che fa un lavoro usurante ha mediamente sette anni di vita meno di un altro cittadino. In Italia lo abbiamo ignorato». La Francia è più ricca. «È un esempio. La sinistra che sfida la destra sul governativismo, non affronta la crisi sociale».Molti della sua generazione dicono: il governo deve resistere perché bisogna eleggere un presidente della repubblica non salviniano con questa maggioranza. «Rispetto questa posizione. Ma non la condivido più, perché non fa i conti con lo scompaginamento di culture e forze che si è prodotto con questa crisi. Quel ragionamento sulle istituzioni di garanzia aveva senso nel Novecento». Quindi la sinistra non ha nessuna speranza per lei?«Non nel Palazzo. Chi ha previsto le rivolte che attraversano tanta parte del mondo, dal Messico al Cile?»Sono lontane. «Dentro questa crisi nulla è prevedibile tranne una certezza: per contrastare l'onda di Salvini non puoi combatterlo nelle istituzioni».Perché?«Siccome la scelta è di sposare queste istituzioni e queste forme di governo, una parte importante di elettori che ha pulsioni di sinistra, o non le esprime o preferisce il populismo della destra». Perché? «Quando si arriva al conflitto tra l'alto e il basso, tra il popolo e le élite, questo popolo di sinistra preferisce tutto pur di non far vincere le élite. La sinistra politica non si regge fuori dalle istituzioni».Detto così pare un messaggio di disarmo. «Non è vero. Prenda la Gran Bretagna: io non so se Corbyn vincerà o perderà. Ma so che anche se perde ha cambiato l'agenda del Paese».Quindi? «Il quadro sarebbe disperante se non ci fosse l'imprevisto: ma l'unica possibilità che in questo scenario può facilitare un imprevisto uscire dalla prigionia istituzionale».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
L’eurodeputata del Rassemblement National: «Il presidente non scioglie il Parlamento per non mostrare la sua debolezza ai partner europei. I sondaggi ci danno al 33%, invitiamo tutti i Repubblicani a unirsi a noi».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)
- Individuata dagli Usa una base sotterranea finora ignota, con missili intercontinentali lanciabili in tempi ultra rapidi: un duro colpo alla deterrenza del resto del mondo. La «lezione» iraniana: puntare sui bunker.
- Il regime vuole entrare nella ristretta élite di Paesi con un sistema di sorveglianza orbitale. Obiettivo: spiare i nemici e migliorare la precisione delle proprie armi.
- Pyongyang dispone già di 30-50 testate nucleari operative e arriverà a quota 300 entro il 2035. Se fosse attaccata, per reazione potrebbe distruggere Seul all’istante.