2020-07-18
La sinistra si accorge che i confini servono
L'ideologia dominante punta il dito contro concetti elementari, come la difesa del territorio nazionale, spacciando la falsa idea che siano solo feticci dei sovranisti. Ma ci sono intellettuali non certo di destra che rivendicano le stesse tesi. Frank Furedi, per esempio. Qualche giorno fa, su Repubblica, Michele Serra ha voluto far mostra di superiorità spiegando che chi non fa parte del fronte progressista è un ignorante. «La destra ha il vantaggio impagabile di non disporre di intellettuali quanti ne bastano a firmare un appello», ha scritto tutto soddisfatto. Ora, non vorremmo dare un dispiacere al noto editorialista, però ci permettiamo di avanzare una considerazione. Mettiamo pure sia vero che a destra non ci sono intellettuali: resta che gli intellettuali di sinistra, quando hanno bisogno di qualche idea nuova, puntualmente si rivolgono a destra, e «scoprono» grandi verità che i conservatori vanno ripetendo - inascoltati - da decenni. Un esempio sono i 150 intellettuali inglesi e americani che hanno firmato un appello contro le derive del politicamente corretto: pur continuando a disprezzare populisti e sovranisti, costoro si sono finalmente accorti (perché ne sono stati direttamente toccati) dell'esistenza di follie ideologiche che la destra denuncia da tempo.Un altro caso, ancora più emblematico, è recentissimo e ha come protagonista Frank Furedi, sociologo canadese di origini ungheresi tra i più influenti a livello mondiale. Dalla fine degli anni Novanta, Furedi ha pubblicato alcuni libri fondamentali, che hanno suscitato ampio dibattito e hanno goduto anche di un certo successo in libreria. Parliamo di saggi come Il nuovo conformismo (portato in Italia da Feltrinelli) o Che fine hanno fatto gli intellettuali? (Raffaello Cortina).Il nostro ha sempre esibito tesi controcorrente. Nel Nuovo conformismo se la prese con il dilagare dello psicologismo in Occidente, identificandolo come una delle cause della fragilità contemporanea, diffusa soprattutto tra i giovanissimi (la cosiddetta generazione dei «fiocchi di neve»). Furedi, tuttavia, non è mai stato un pensatore «di destra», tutt'altro. Eppure ha appena pubblicato un saggio urticante che probabilmente farà venire un po' di mal di fegato ai progressisti americani ed europei. Il testo in questione è Why Borders Matter («Perché i confini contano»), e già il titolo è una bella bordata.Furedi, in buona sostanza, spiega perché confini e limiti siano fondamentali per gli esseri umani. Non soltanto i confini fisici, cioè quelli fra gli Stati, ma pure quelli fra le diverse culture, fra le diverse età della vita. Furedi parla dei limiti indispensabili a garantire ai più giovani una crescita equilibrata, cosa su cui da anni insistono i conservatori con la loro concezione verticale dell'esistenza (nel suo piccolo, chi scrive ha appena pubblicato un libro sull'argomento, La malattia del mondo). Intervistato dal britannico Daily Mail, Furedi ha spiegato che l'idea per il nuovo libro gli è balenata in testa nel 2016, quando Donald Trump annunciò di voler costruire un muro al confine con il Messico. Sul fronte progressista si creò una fortissima opposizione, e gli attivisti fecero di tutto per descrivere l'idea di difendere i confini nazionali come «oppressiva, discriminatoria e violenta». Quante volte l'abbiamo sentito dire anche da noi: «Servono ponti e non muri»...«Ogni singolo confine che in passato dava un senso alla vita veniva messo in discussione dalle stesse persone che odiavano i confini nazionali», spiega Furedi. «Ogni confine, anche quelli che separano bambini e adulti, ora viene considerato in modo negativo e il confine storico che separa bambini e adulti è messo in discussione. Mi è diventato molto chiaro che ogni forma di distinzione culturale che ha dato significato all'esperienza umana è ora contestata».Il discorso è chiaro: il pensiero predominante in Occidente è nemico di limiti e confini. Osteggia le frontiere e, contemporaneamente, sbriciola ogni barriera di separazione: fra i sessi, fra le età, fra le culture… Tutto questo, ovviamente, ha delle conseguenze pesanti, specie sui ragazzi, che hanno bisogno di limiti (se non altro per poterli superare) e di autorità (anche per poterla combattere).«Ciò che sta accadendo ora è che danno dei calci a delle porte aperte», dice Furedi, «così l'intero processo di sviluppo viene compromesso. Questo porta a una situazione in cui il passaggio dall'infanzia all'adolescenza richiede molto più tempo, così come il passaggio dall'adolescenza all'età adulta». In pratica, siamo una civiltà che tende a infantilizzarsi, a restare sempre bambina, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.«Le madri oggi portano le figlie diciottenni a fare shopping e sono le figlie a dire alle madri che vestiti indossare, non il contrario», dice Furedi parlando con il Times.«I padri indossano gli stessi vestiti dei loro figli e ascoltando la stessa musica», tanto che i genitori sono quasi «consapevoli di non essere padre e madre per i loro figli, ma i loro migliori amici». In realtà i ragazzi possono avere amici tra i coetanei, ma agli adulti chiedono altro: «Hanno bisogno di qualcuno che possa guardare in alto, qualcuno che possa ispirarli». Se gli adulti si infantilizzano, «i bambini vengono fatti agire in modo più simile agli adulti, con l'avvento di una socializzazione al contrario che sposta l'autorità morale dall'adulto ai bambini». Non a caso Furedi porta come esempio Greta Thunberg che «viene messa su un piedistallo per tenere conferenze su questi orribili adulti e invece di dirle di scendere e fare i compiti gli adulti si inginocchiano e le chiedono se vuole un premio Nobel per la pace».L'assenza di confini, insomma, danneggia la vita dei singoli e disgrega le comunità. Non solo: limita la libertà, perché anche le barriere fra pubblico e privato, fra lavoro e vita famigliare si sbriciolano. Per altro, i confini che si cerca di eliminare tornano in altra forma, decisamente peggiore, come dimostrano le «politiche dell'identità» (come quelle di Black lives matter, ad esempio).Chi osa opporsi al pensiero dello sconfinamento (lo vediamo di nuovo in questi giorni con le polemiche sui migranti) viene trattato da razzista, dunque di nuovo censurato e limitato nella sua libertà di espressione. «Esiste un doppio standard per cui alcuni confini vengono attaccati, importanti confini nazionali, ma vengono incoraggiati nuovi confini, confini di identità», dice Furedi. Niente male, per uno che non è di destra: per risolvere i problemi della modernità propone ricette conservatrici, non progressiste. Un po' come quelle di alcuni sindaci italiani che, pur non essendo sovranisti, di fronte alla nuova ondata di sbarchi decidono di proteggere i loro cittadini. Le idee di destra, in un modo o nell'altro, ritornano. Forse perché a sinistra gli intellettuali sono tanti, ma, a parte firmare appelli non è che producano granché.