2022-06-26
La sinistra non ama l’aborto, odia la democrazia
La Corte suprema degli Stati Uniti ha cancellato una sentenza che da anni in America regolava l’interruzione di gravidanza, ma a differenza di ciò che racconta la stampa italiana in coro, non ha affatto abolito la possibilità di ricorrere all’aborto. I giudici in realtà hanno deciso che la scelta di mettere fine a una vita, seppur embrionale, non è un diritto costituzionale e nemmeno materia di tribunali: semmai è questione che devono regolare i Parlamenti dei singoli Stati.In pratica, a differenza di quel che spesso capita da noi, le toghe non si sono affatto arrogate il diritto di decidere per i cittadini, interpretando e riscrivendo la Costituzione a loro piacimento, ma hanno sentenziato che, soprattutto in una materia così delicata come l’interruzione di gravidanza, la pronuncia spetta al popolo. Anche da noi l’articolo 1 su cui si fonda la Repubblica dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Peccato che, nella storia del Paese, la magistratura e il governo di questo articolo si siano dimenticati, decidendo per conto degli italiani senza che questi abbiano la possibilità di esprimersi. L’ultimo esempio riguarda la guerra. L’articolo 11 la «ripudia come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», ma anche come «mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Tuttavia, ciò non ha impedito al governo di Massimo D’Alema di inviare i nostri aerei a bombardare la Serbia e nemmeno ha precluso a Mario Draghi di spedire cannoni e mitragliatrici all’Ucraina dopo l’invasione russa. In Italia, dunque, la sovranità è sottratta al popolo, che infatti non è mai interpellato se non per votare partiti che regolarmente disattendono le promesse. Tornando alla sentenza della Corte suprema, i giudici hanno stabilito che a dover decidere come regolare l’interruzione di gravidanza debbano essere i cittadini e non i giudici. Sono loro che, attraverso il voto, hanno la possibilità di affidare ai rappresentanti in Parlamento che cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Altro che decisione contro le donne, come ha titolato qualcuno. Macché oscurantismo o limitazioni del diritto, come ha commentato qualcun altro. La Corte si è mossa all’interno di un quadro che conferma il massimo della democrazia. Se i cittadini americani vogliono che l’interruzione di gravidanza sia legge di uno Stato, votino forze politiche favorevoli all’aborto, le quali provvederanno a fare una legge ad hoc. Proprio come in alcuni Stati i cittadini hanno votato a favore di una maggioranza parlamentare che si era impegnata a introdurre limitazioni al cosiddetto «diritto all’aborto». Dal Texas alla Louisiana, sono almeno 13 gli Stati americani che hanno varato norme restrittive ed è assai probabile che altri seguiranno. Infatti si prevede che alla fine, in almeno la metà dei 50 Stati l’industria dell’interruzione di gravidanza incontrerà parecchi ostacoli. Parlo di «industria», perché negli Stati Uniti esiste la più ramificata rete abortista che si conosca. Dietro il suadente marchio Planned Parenthood, ovvero pianificazione familiare, in realtà si nasconde il più grande gruppo di cliniche specializzate in aborti, che è giunto a realizzare anche più di 300.000 interruzioni di gravidanza l’anno. Fondata più di 100 anni fa, Planned Parenthood è un colosso con un enorme patrimonio e un fatturato di centinaia di milioni l’anno. L’aborto è in pratica un affare, una speculazione sulla pelle di milioni di donne, con un’industria che coi feti abortiti guadagna, riutilizzando e rivendendo all’industria farmaceutica tessuti fetali.Ecco, la Corte suprema americana non odia le donne, come hanno scritto in preda a una crisi di nervi i redattori della Stampa (i quali, a dire il vero, avevano raccontato il lato oscuro di Planned Parenthood). Quella emessa dai giudici della legge è una sentenza che riattribuisce ai cittadini - e non ai magistrati - la libertà di scegliere la tipologia dello Stato in cui hanno deciso di vivere, stabilendo quali siano i diritti delle persone. So che ai democratici di casa nostra (ma anche a quelli americani), tutto ciò non piace, ma questa si chiama democrazia. Il popolo decide, le istituzioni, anche se guidate da un presidente di sinistra, si adeguano. Ps. Le Emme Bonino d’Italia ovviamente si sono subito allarmate, temendo contraccolpi in casa nostra. Ma a differenza degli Stati Uniti, l’interruzione di gravidanza nel nostro Paese è regolata da una legge, la 194, che non solo è stata votata dal Parlamento, ma è stata anche «confermata» da un referendum. Come in America, l’aborto non è un diritto costituzionale, ma non è neppure un diritto deciso da un giudice. La scelta è stata affidata alla sovranità popolare. Lo capiranno i nostri allarmati speciali? Ne dubito.
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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Nicola Fratoianni, Elly Schlein e Angelo Bonelli (Ansa)