2021-10-15
La sinistra «no pax» sparge rancore e accusa di sovversione chi protesta
I talebani sanitari da mesi aizzano gli animi contro i non vaccinati. Ora ampliano la divisione tra lavoratori e aziende opponendosi ai test gratuiti. Per poi scaricare la colpa della tensione su chiunque contesti il pass«Pacificazione nazionale»: che bell'idea. Il concetto evocato da Matteo Salvini, nella sua semplicità, ha qualcosa di sovversivo. Nel senso che - se tramutato in realtà concreta - potrebbe sovvertire l'ordine finora imposto dal governo, il quale ha puntato tutto sulla rivalità intestina, la divisione feroce e la proverbiale guerra fratricida. Proprio per questo, temiamo che la pacificazione invocata dalla Lega (e probabilmente agognata da molti italiani) sia sostanzialmente irrealizzabile. E non perché la nazione sia incapace di concordia o non sia in grado di rinsaldare i legami comunitari. No: il fatto è che, appunto, ci sono forze politiche totalm raffreddamento del clima. Anzi, l'esecutivo e i suoi baldanzosi sviolinatori continuano ad alimentare il conflitto, avvelenare l'aria, pompare rancore: chiamateli «no pax». Prendete Enrico Letta. Il segretario del Pd ieri ha dichiarato che «il tampone gratuito è come il condono per chi non paga le tasse. Noi siamo contro questa logica», ha aggiunto. «Deve essere premiato chi è fedele, chi paga le tasse e chi si è vaccinato». Non avrebbe potuto snocciolare pensieri più aberranti. Come al solito, il capo dem compie una grave mistificazione. Chi rifiuta il vaccino non è un evasore fiscale né un criminale, semplicemente perché non sta violando alcuna legge bensì esercitando un diritto. Quindi il paragone tra iniezione e prelievo (fiscale) non regge e denota una mentalità un tantinello autoritaria. È la stessa logica perversa utilizzata da alcuni solerti propagandisti del regime sanitario, i quali da alcuni giorni si dilettano a calcolare quanto costi un ricovero in terapia intensiva (intorno ai 1.600 euro al dì, pare). Posto che fare i conti della serva sulla pelle di chi si ammala - non certo volontariamente - è roba da sciacalli, giova ricordare un fatto. Anche i no vax hanno pagato e pagano le tasse, dunque si sono già ampiamente finanziati eventuali ricoveri. Inoltre: se in terapia intensiva, Dio non voglia, ci dovesse finire un vaccinato con doppia dose, che facciamo, gli garantiamo uno sconticino? Soprattutto, però, l'orrendo elenco dei costi viene fatto sorvolando sui denari utilizzati per la campagna vaccinale. Secondo i dati di Openpolis, finora l'acquisto delle dosi e la relativa somministrazione sono costate 2,8 miliardi di euro. A tale spesa hanno in parte contribuito tutti i cittadini, compresi quelli che hanno rifiutato la puntura. Insomma, il giochino disgusta ma non regge. Però ha un obiettivo molto chiaro, che è stato in gran parte raggiunto: serve a mettere gli italiani gli uni contro gli altri. Si dipingono i presunti no vax o no green pass come saprofiti, parassiti che vogliono farsi la corsa gratis sul bus a spese di tutti gli altri, e si aizzano gli animi contro di loro. Persino un uomo come Stefano Fassina, che dovrebbe in teoria essere molto attento ai temi sociali, si è fatto prendere dalla foga discriminatoria. «Sarebbe un grave errore se si facessero eccezioni in merito al costo dei tamponi o al controllo del green pass», ha detto ieri. Secondo l'esponente di Leu, «il messaggio offenderebbe quanti hanno compiuto il loro dovere di cittadini, consapevoli dei propri diritti ma, altrettanto consapevoli, dei propri doveri di responsabilità verso la comunità. Soltanto una deriva anarchico-individualista e liberista può portare a opporsi al green pass». Riecco il consueto meccanismo. Si tenta di dividere la popolazione dicendo ai vaccinati: «Ma come, volete far la figura degli scemi, voi che avete vinto il timore e avete offerto il braccio?». La mette giù più o meno così anche Massimo Gramellini, il quale prende le parti di chi, dopo aver affrontato varie scocciature, «si ritroverà, da contribuente, a pagare il tampone ai “ribelli", venendo ancora sbertucciato come servo del sistema».Gramellini, come Fassina, finge di non sapere che se le istituzioni impongono un obbligo (il green pass) sono anche tenute a mettere tutti i cittadini in condizione di ottemperare ad esso. Altrimenti si tratta semplicemente di discriminazione bella e buona. Offrire tamponi gratuiti non è un'offesa a chi si è vaccinato, ma un modo di evitare violente sanzioni economiche a danno dei meno abbienti. Se non è giusto penalizzare i lavoratori, tuttavia non è corretto nemmeno infierire sui datori di lavoro. Un'altra delle geniali trovate messe in circolo nelle ultime ore è quella secondo cui dovrebbero essere le imprese a pagare i tamponi ai dipendenti. Giustamente, gli imprenditori si oppongono: perché dovrebbe ricadere su di loro il costo di un pasticcio combinato dal governo? È un po' triste che si provi a scaricare su chi è già vessato la responsabilità di coprire un buco creato dall'esecutivo. Anche in questo caso, assistiamo alla volontaria amplificazione del conflitto sociale. Dopo aver messo i comuni cittadini contro i cosiddetti no vax, si mettono gli operai contro gli imprenditori, e le aziende contro i dipendenti. Ciascuno ha le sue buone ragioni da far valere, e lo scontro imperversa con grave danno per tutti. A far ribollire ancor di più il calderone della rabbia, poi, arrivano notizie incredibili come quella riguardante l'ex Ilva. Lo avevamo anticipato: Acciaierie d'Italia (nel cui capitale sociale è presente Invitalia, il che la rende in parte pubblica) pagherà i tamponi ai dipendenti non vaccinati. Come da richiesta dei sindacati, circa 1.600 lavoratori potranno effettuare gratuitamente un test ogni 48 ore. Il normale osservatore, giustamente, si domanda: perché l'ex Ilva sì e gli altri no? E la tensione cresce ancora.Ieri alcuni autorevoli commentatori hanno cercato di stabilire analogie fra lo scenario politico italiano e una serie tv molto in voga chiamata Squid game, prodotta in Corea del Sud. La trama è semplice: centinaia di persone comuni, attirate da una enorme somma di denaro, partecipano a una atroce competizione in cui si susseguono vari giochi per bambini, di quelli che si facevano un tempo al parco. Chi fallisce viene ucciso, chi sopravvive vince: il più spietato dei giochi al massacro. In effetti, il governo tenta di creare una situazione analoga: tutti contro tutti, all'ultimo sangue. Un po' come avvenuto sabato a Roma, quando una pessima gestione (politica) del servizio d'ordine ha permesso che scoppiasse il pandemonio, e alla fine a farne le spese sono stati i manifestanti non violenti e pure la polizia, costretta come sempre a fare da parafulmine per coprire le mancanze ministeriali. Notare il paradosso: gli agenti vengono spediti malamente in piazza a difendere una misura che, da oggi, lascerà a casa senza stipendio tanti loro colleghi... I governanti agiscono così da mesi: creano il caos, poi insinuano che a dare fuoco alle polveri siano stati altri. Ora, ad esempio, si punta il dito contro camionisti e portuali: se ci saranno disagi, interruzioni delle forniture e frenata della crescita economica - dicono i portaborse di regime - sarà colpa di chi si oppone al green pass, non di chi l'ha imposto.A ben vedere, l'unica grande lezione di pacificazione finora l'hanno offerta i portuali di Trieste. Non cedono, manifestano e rischiano a nome di tutti, non soltanto dei loro colleghi. Vaccinati e non vaccinati sono uniti in nome di una causa comune. I portuali, in pratica, fanno ciò che un governo serio avrebbe dovuto fare dall'inizio della pandemia, e per questo vengono biasimati e ci si prepara a usarli come capri espiatori. Sì, davvero: sembra una serie tv coreana. Meglio: nordcoreana.