2023-10-13
La sinistra in tilt per Zaki censura anche lui
Patrick Zaki (Imagoeconomica)
Come Fabio Fazio, pure il Sermig di Torino silura il ricercatore egiziano. Era un’icona da santificare, adesso è diventato motivo di imbarazzo per i progressisti. Che, come al solito, fanno l’unica cosa che sanno fare: mettere il bavaglio alle figure sgradite.Traditi da un luogo comune vivente. Messi in imbarazzo da una potenziale figurina elettorale. Superata a fatica la stagione delle Sardine (con Mattia Santori confinato a Bologna), i maggiorenti del Pd a caccia di gruppettari alternativi avevano messo gli occhi su Patrick Zaki, figura barbuta che impersona perfettamente l’attivista turbomondialista, terzomondista, arcobaleno in keffiah. Ma non avevano fatto i conti con la sua smania di protagonismo, che nei giorni della mattanza di Hamas è diventata un boomerang. «Netanyahu è l’unico serial killer in questa guerra», «Io sono per la Palestina libera», «La colpa del sangue è delle politiche di Israele» e via postando. Il parossismo senza criterio a favore dei carnefici ha avuto una sola conseguenza: Zaki ha tagliato il ramo sul quale è seduto.Fabio Fazio finge di non conoscerlo e lo depenna dalla lista degli invitati all’esordio privè di Che tempo che fa, attirandosi la battuta dell’ad Rai Roberto Sergio: «Parlava di censura ma l’autocensura se l’è fatta da solo». Soprattutto, il Salone del Libro di Torino è costretto a gestire l’imbarazzante autore e a trovargli una sede alternativa perché nessuno lo vuole nei paraggi. Martedì 17 l’attivista avrebbe dovuto presentare il saggio autobiografico Sogni e illusioni di libertà al Sermig di Ernesto Olivero, santuario del grande abbraccio, luogo multicult per eccellenza, dove da mezzo secolo si pratica l’accoglienza diffusa. Lì c’è posto per tutti - disperati, diseredati, transfughi, ultimi e penultimi - ma improvvisamente non per lui.Il Servizio missionario giovani preferisce tenere a distanza l’ultrà della ribellione palestinese e lo fa con parole chiare: «L’Arsenale della Pace da 40 anni è una casa sempre aperta alle tante situazioni che bussano alla porta, in dialogo con persone di ogni orientamento, cultura e religione. Con questo spirito avevamo accolto la richiesta del Salone del libro di uno spazio per la presentazione del libro di Zaki nell’ambito di “Aspettando il Salone”. Le condizioni però sono cambiate e alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni crediamo non sia più opportuno confermare la disponibilità ad ospitare tale incontro che rischierebbe di alimentare ulteriori polemiche, divisioni e strumentalizzazioni».Vade retro Zaki, se servisse l’aglio qualcuno lo inchioderebbe alla porta. Nessuna protesta a sinistra, solo silenzio. È la replica dell’effetto Soumahoro senza stivali: chi inventa personaggi border line e costruisce loro un piedistallo morale, ideologico per illustrarne la diversità, alla prima occasione corre a disfarsi delle statue, a collocarle in cantina, a disconoscerne l’alto magistero comportamentale. Zaki, chi era costui? Un bel problema per il Salone del libro, costretto a bussare allo spazio «Hiroshima mon amour» per non dover cancellare l’evento. Un mal di testa anche per Elisabetta Sgarbi, editore del libro con il marchio La Nave di Teseo, che in questo caso non trova facili approdi. Dopo il niet di Fazio ecco quello del Sermig. Del resto, raccontare la guerra postando solo contenuti a senso unico che di fatto nascondono le responsabilità di Hamas è il modo migliore per diventare impresentabili. Comunque la presentazione si farà e il cappello del Salone rimane. Pur da reietto, l’attivista imprudente non è ancora considerato al pari del ministro Eugenia Roccella, contestata e censurata dalla polizia del karma per un «purtroppo» sull’aborto. E neppure degli editori di destra, ai quali ogni volta si chiedono patente democratica e certificato di buona salute per intervenire in quell’aureo contesto. Prima dello scivolone mediorientale il ricercatore flanellone egiziano (32 anni) adottato dal progressismo illuminato era un volto perfetto da spendere sui manifesti elettorali. Aveva l’aura del pacifista planetario, era eterno studente in Letterature comparate postcoloniali a Bologna, frequentava un master in «studi di genere», fa parte di una serie di associazioni in difesa dei diritti umani (a parte quelli dei bambini israeliani). E soprattutto aveva rifiutato il passaggio sul volo di Stato offertogli dal governo di Giorgia Meloni che lo aveva liberato. Un pedigree meraviglioso per un postmarxista da assemblea permanente. Ora la doccia gelata, ora l’imbarazzo del Nazareno, che non trova i guanti per toccarlo senza bruciarsi.E non è finita. Perché il suo impegno a senso unico sta mettendo in difficoltà anche il Comune di Brescia. In queste ore il sindaco piddino Laura Castelletti si trova sulla scrivania la grana del «Premio Brescia per la Pace» assegnato proprio a Zaki con la fattiva collaborazione di Amnesty International e il patrocinio del Parlamento Europeo. Ora l’ensemble soffre di cattiva digestione perché il centrodestra bresciano ha chiesto ufficialmente la revoca. In un comunicato, l’opposizione sottolinea che «definire un premier democraticamente eletto «serial killer» e gli israeliani «forze di occupazione» è incompatibile con il premio. La pace deve basarsi sui valori della tolleranza, della comprensione reciproca e della solidarietà». La figurina elettorale stinge e la sindrome Soumahoro punisce chi battezza i santi prima di conoscerli.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.