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2018-12-13
L'Europa ci sorride a metà
ANSA
Due avanti e due dietro, la Champions non perdona le chiacchiere e le amnesie. Vanno agli ottavi Juventus e Roma, la più attrezzata e la più sorprendente, comunque le due che erano arrivate in fondo anche nella scorsa competizione. E vanno nel purgatorio dell'Europa League Napoli e Inter, quelle inserite in gironi di ferro ma anche quelle che hanno dimostrato di essere le più incostanti e le più inaffidabili, che mai ti lasciano prevedere se la prossima sarà la sera dell'impresa o dello spreco. Due su quattro, il rilancio del calcio italiano è rimandato.
Juventus
Via col vanto. Trascinata dal più prestigioso calciatore del mondo, la Signora può perfino andare in letargo. Ha passato in tromba il girone, mostrando solidità tecnica da dieci e lode, duttilità tattica nel cambiare le partite che in passato non aveva. E un solo limite: l'ansia di non ottenere altro che la celebrazione, il nirvana collettivo. Nella vita può capitarti fra i piedi uno Josè Mourinho che ti incarta la partita e ti dilata il fegato con la manina all'orecchio; bisogna sopportare e andare oltre, nella consapevolezza che al mondo esistono anche gli altri.
TOP Se l'unico intoppo da ricordare è il capitombolo casuale con il Manchester United, significa che la Juventus è fortissima. Il merito supremo è di Massimiliano Allegri, che continua a non dare retta a Lele Adani, quindi a giocare solido prima che giocare teatrale e a preferire l'equilibrio della sinfonia all'assolo rock. Il destino del tecnico è quello di essere continuamente criticato da tifosi che scambiano anche un pareggio per una tragedia, ma a forza di insulti vincerà la Champions. Uniche squadre di pari caratura, Barcellona e Manchester City.
FLOP Un difetto bisogna trovarlo. Mehdi Benatia rappresenta l'imposta che scricchiola nelle notti di vento; sta a dimostrare che dietro Giorgio Chiellini (34 anni, ancora mostruoso) e Leonardo Bonucci (31 anni, qualche segnale di cedimento) ci sono giocatori di un'altra categoria. O mai compiutamente sbocciati come Daniele Rugani oppure declinanti come Andrea Barzagli (37 anni). Un altro scricchiolio lo si avverte dalle parti di Paulo Dybala, unico juventino ad aver sofferto palesemente la lunga ombra di Cristiano Ronaldo. Ma c'è mezza stagione per rimediare.
Inter
Sei punti nelle prime tre partite, due nelle restanti e la tempesta perfetta di San Siro contro il Psv: l'Inter si è suicidata così, facendosi avvolgere dalle chiacchiere trionfali della servitù mediatica mentre stava declinando atleticamente verso il solito Natale di depressione (unica vittoria nelle ultime sette partite, col Frosinone). Ma come il Napoli si è fatto eliminare a Belgrado, i nerazzurri hanno lasciato la presa a Londra, accontentandosi di non perdere (missione puntualmente fallita) contro una squadra da purgatorio dantesco - mai troppo bene, mai troppo male - come il Tottenham.
TOP È uscito stremato fra gli applausi quando l'Inter era ancora in Champions. Un'illusione meritata per Matteo Politano, che in luglio era arrivato a Milano come l'ultima delle riserve e invece sta diventando il miglior esterno d'attacco italiano con Federico Chiesa. All'esordio ha giocato una Champions da protagonista, neppure da paragonare a quella di un vicecampione del mondo senza intensità e senza idee come Ivan Perisic, naufragato ancora una volta quando il gioco si fa duro.
FLOP Se Fausto Bertinotti era il Parolaio Rosso (copyright Giampaolo Pansa), Luciano Spalletti rischia di diventare il Parolaio Calvo. Spiega dettagli, dispensa avverbi a sfinimento, ma nelle sfide che contano sbaglia sempre qualcosa. Che ci faceva Antonio Candreva (ai margini della squadra finora) nel cuore del gioco? Se la squadra ha perso coraggio e si è fatta travolgere dall'ansia fino alla frittata finale davanti a 62.000 spettatori, la colpa è sua. Quando non riesci a battere una squadra olandese che non si chiama Ajax, meriti un'Europa minore.
Napoli
L'hanno persa a settembre pareggiando a Belgrado. In un girone così duro ciò che butti via contro la squadra materasso (oggi la Stella Rossa è poco più di questo) torna solo sotto forma di incubo. Neanche l'impresa con il Liverpool in casa è bastata. Retrocessi con nove punti, una beffa. Maurizio Sarri avrebbe fatto volare i bloc notes, Carlo Ancelotti è più compassato e dice che non è successo quasi niente. Ma nel quasi c'è un Natale molto amaro.
TOP È il miglior giocatore di questa fase di stagione, il brasiliano Allan, depresso nella tecnologica gestione precedente e rivitalizzato dalla maggior libertà che Ancelotti lascia ai centrocampisti creativi. Il Napoli ha trovato un leader naturale dopo Marek Hamsik, Aurelio De Laurentiis una nuova pedina di scambio per arrivare a un top player. Ma oggi tutto è sussurro e tristezza perché le incitazioni di Ancelotti («Siamo già concentrati sull'Europa League da vincere») sembrano frasi da volpe con l'acquolina che neanche stavolta ha afferrato l'uva.
FLOP Arkadiusz Milik ha avuto sul piede la palla della qualificazione ad Anfield Road a pochi spiccioli dalla fine; sarebbe stato un gol letale, lo ha sbagliato. Pagato 35 milioni e arrivato a Napoli per non far rimpiangere Gonzalo Higuain, il centravanti polacco deve ancora dimostrare di essere un vincente. Frenato dai numerosi infortuni, finora è stato un cannoniere infallibile contro le piccole e un comprimario impalpabile contro le grandi.
Roma
Così brutta in campionato, così europea nelle notti di metà settimana, la squadra di Eusebio Di Francesco merita un quintale di rispetto. È vero che il girone era blindato (Real Madrid, Roma più altre due), ma è un fatto che in Champions i romani giocano sempre a mille come contro l'Inter in campionato. Le motivazioni fanno sempre la differenza. Un tecnico raffinato ma inesperto a grandi livelli come Di Francesco fatica a mantenerle alte più contro la Spal e il Cagliari che contro il Cska Mosca.
TOP Ha 19 anni, può giocare rifinitore dietro le punte o falso nueve, fu lanciato nella mischia da titolare al Bernabeu contro il Real Madrid e dopo qualche minuto Florentino Perez in tribuna chiese di lui. Nicolò Zaniolo è il giocatore emergente della squadra, il piccolo Totti. Capolavoro di mercato di Monchi, che in cambio ha rifilato Radja Nainggolan (mai visto a Milano finora) all'Inter guadagnandoci pure Davide Santon e 24 milioni sull'unghia, Zaniolo è uno dei simboli - con Cengiz Ünder e Justin Kluivert - di questa Roma incostante, capricciosa, che però va a giocarsi l'Europa che conta.
FLOP Sarebbe facile dire Patrick Schick, ma è meglio stare cauti perché la classe è cristallina e i 22 anni dicono che può esplodere fra un minuto. Il vero problema della Roma è la difesa. Federico Fazio è più affettato del suo omonimo conduttore televisivo e Kostas Manolas comincia a perdere colpi. Considerato che Juan Jesus non ha mai marcato neppure visita (e Santon uguale), ecco che la Roma potrebbe non avere argini per contrastare gli tsunami d'attacco in arrivo a primavera sul pianeta Champions.
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La Juventus va in carrozza. L'unico problema è piacersi. Con il Psv per l'Inter è un vero suicidio figlio del Parolaio Calvo. La giovane e (troppo) pazza Roma che con le grandi si trasforma. Bello, creativo ma sciupone. L'atteso grande salto per il Napoli non c'è. Lo speciale contiene quattro articoli. Due avanti e due dietro, la Champions non perdona le chiacchiere e le amnesie. Vanno agli ottavi Juventus e Roma, la più attrezzata e la più sorprendente, comunque le due che erano arrivate in fondo anche nella scorsa competizione. E vanno nel purgatorio dell'Europa League Napoli e Inter, quelle inserite in gironi di ferro ma anche quelle che hanno dimostrato di essere le più incostanti e le più inaffidabili, che mai ti lasciano prevedere se la prossima sarà la sera dell'impresa o dello spreco. Due su quattro, il rilancio del calcio italiano è rimandato. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-signora-va-in-carrozza-il-solo-pericolo-e-piacersi-juventus-2623222710.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="juventus" data-post-id="2623222710" data-published-at="1766856396" data-use-pagination="False"> Juventus Via col vanto. Trascinata dal più prestigioso calciatore del mondo, la Signora può perfino andare in letargo. Ha passato in tromba il girone, mostrando solidità tecnica da dieci e lode, duttilità tattica nel cambiare le partite che in passato non aveva. E un solo limite: l'ansia di non ottenere altro che la celebrazione, il nirvana collettivo. Nella vita può capitarti fra i piedi uno Josè Mourinho che ti incarta la partita e ti dilata il fegato con la manina all'orecchio; bisogna sopportare e andare oltre, nella consapevolezza che al mondo esistono anche gli altri.TOP Se l'unico intoppo da ricordare è il capitombolo casuale con il Manchester United, significa che la Juventus è fortissima. Il merito supremo è di Massimiliano Allegri, che continua a non dare retta a Lele Adani, quindi a giocare solido prima che giocare teatrale e a preferire l'equilibrio della sinfonia all'assolo rock. Il destino del tecnico è quello di essere continuamente criticato da tifosi che scambiano anche un pareggio per una tragedia, ma a forza di insulti vincerà la Champions. Uniche squadre di pari caratura, Barcellona e Manchester City.FLOP Un difetto bisogna trovarlo. Mehdi Benatia rappresenta l'imposta che scricchiola nelle notti di vento; sta a dimostrare che dietro Giorgio Chiellini (34 anni, ancora mostruoso) e Leonardo Bonucci (31 anni, qualche segnale di cedimento) ci sono giocatori di un'altra categoria. O mai compiutamente sbocciati come Daniele Rugani oppure declinanti come Andrea Barzagli (37 anni). Un altro scricchiolio lo si avverte dalle parti di Paulo Dybala, unico juventino ad aver sofferto palesemente la lunga ombra di Cristiano Ronaldo. Ma c'è mezza stagione per rimediare. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-signora-va-in-carrozza-il-solo-pericolo-e-piacersi-juventus-2623222710.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="inter" data-post-id="2623222710" data-published-at="1766856396" data-use-pagination="False"> Inter Sei punti nelle prime tre partite, due nelle restanti e la tempesta perfetta di San Siro contro il Psv: l'Inter si è suicidata così, facendosi avvolgere dalle chiacchiere trionfali della servitù mediatica mentre stava declinando atleticamente verso il solito Natale di depressione (unica vittoria nelle ultime sette partite, col Frosinone). Ma come il Napoli si è fatto eliminare a Belgrado, i nerazzurri hanno lasciato la presa a Londra, accontentandosi di non perdere (missione puntualmente fallita) contro una squadra da purgatorio dantesco - mai troppo bene, mai troppo male - come il Tottenham.TOP È uscito stremato fra gli applausi quando l'Inter era ancora in Champions. Un'illusione meritata per Matteo Politano, che in luglio era arrivato a Milano come l'ultima delle riserve e invece sta diventando il miglior esterno d'attacco italiano con Federico Chiesa. All'esordio ha giocato una Champions da protagonista, neppure da paragonare a quella di un vicecampione del mondo senza intensità e senza idee come Ivan Perisic, naufragato ancora una volta quando il gioco si fa duro.FLOP Se Fausto Bertinotti era il Parolaio Rosso (copyright Giampaolo Pansa), Luciano Spalletti rischia di diventare il Parolaio Calvo. Spiega dettagli, dispensa avverbi a sfinimento, ma nelle sfide che contano sbaglia sempre qualcosa. Che ci faceva Antonio Candreva (ai margini della squadra finora) nel cuore del gioco? Se la squadra ha perso coraggio e si è fatta travolgere dall'ansia fino alla frittata finale davanti a 62.000 spettatori, la colpa è sua. Quando non riesci a battere una squadra olandese che non si chiama Ajax, meriti un'Europa minore. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-signora-va-in-carrozza-il-solo-pericolo-e-piacersi-juventus-2623222710.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="napoli" data-post-id="2623222710" data-published-at="1766856396" data-use-pagination="False"> Napoli L'hanno persa a settembre pareggiando a Belgrado. In un girone così duro ciò che butti via contro la squadra materasso (oggi la Stella Rossa è poco più di questo) torna solo sotto forma di incubo. Neanche l'impresa con il Liverpool in casa è bastata. Retrocessi con nove punti, una beffa. Maurizio Sarri avrebbe fatto volare i bloc notes, Carlo Ancelotti è più compassato e dice che non è successo quasi niente. Ma nel quasi c'è un Natale molto amaro. TOP È il miglior giocatore di questa fase di stagione, il brasiliano Allan, depresso nella tecnologica gestione precedente e rivitalizzato dalla maggior libertà che Ancelotti lascia ai centrocampisti creativi. Il Napoli ha trovato un leader naturale dopo Marek Hamsik, Aurelio De Laurentiis una nuova pedina di scambio per arrivare a un top player. Ma oggi tutto è sussurro e tristezza perché le incitazioni di Ancelotti («Siamo già concentrati sull'Europa League da vincere») sembrano frasi da volpe con l'acquolina che neanche stavolta ha afferrato l'uva. FLOP Arkadiusz Milik ha avuto sul piede la palla della qualificazione ad Anfield Road a pochi spiccioli dalla fine; sarebbe stato un gol letale, lo ha sbagliato. Pagato 35 milioni e arrivato a Napoli per non far rimpiangere Gonzalo Higuain, il centravanti polacco deve ancora dimostrare di essere un vincente. Frenato dai numerosi infortuni, finora è stato un cannoniere infallibile contro le piccole e un comprimario impalpabile contro le grandi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-signora-va-in-carrozza-il-solo-pericolo-e-piacersi-juventus-2623222710.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="roma" data-post-id="2623222710" data-published-at="1766856396" data-use-pagination="False"> Roma Così brutta in campionato, così europea nelle notti di metà settimana, la squadra di Eusebio Di Francesco merita un quintale di rispetto. È vero che il girone era blindato (Real Madrid, Roma più altre due), ma è un fatto che in Champions i romani giocano sempre a mille come contro l'Inter in campionato. Le motivazioni fanno sempre la differenza. Un tecnico raffinato ma inesperto a grandi livelli come Di Francesco fatica a mantenerle alte più contro la Spal e il Cagliari che contro il Cska Mosca. TOP Ha 19 anni, può giocare rifinitore dietro le punte o falso nueve, fu lanciato nella mischia da titolare al Bernabeu contro il Real Madrid e dopo qualche minuto Florentino Perez in tribuna chiese di lui. Nicolò Zaniolo è il giocatore emergente della squadra, il piccolo Totti. Capolavoro di mercato di Monchi, che in cambio ha rifilato Radja Nainggolan (mai visto a Milano finora) all'Inter guadagnandoci pure Davide Santon e 24 milioni sull'unghia, Zaniolo è uno dei simboli - con Cengiz Ünder e Justin Kluivert - di questa Roma incostante, capricciosa, che però va a giocarsi l'Europa che conta. FLOP Sarebbe facile dire Patrick Schick, ma è meglio stare cauti perché la classe è cristallina e i 22 anni dicono che può esplodere fra un minuto. Il vero problema della Roma è la difesa. Federico Fazio è più affettato del suo omonimo conduttore televisivo e Kostas Manolas comincia a perdere colpi. Considerato che Juan Jesus non ha mai marcato neppure visita (e Santon uguale), ecco che la Roma potrebbe non avere argini per contrastare gli tsunami d'attacco in arrivo a primavera sul pianeta Champions.
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A far risuonare le sirene d’allarme in Italia un po’ tutti i settori produttivi, che disegnando scenari apocalittici sono corsi a chiedere aiuti pubblici. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, senonché questa narrazione è stata smentita dai fatti, passati in sordina.
A fare un bilancio degli effetti dei dazi americani sul tessuto produttivo è uno studio della Banca d’Italia: «Gli effetti dei dazi statunitensi sulle imprese italiane: una valutazione ex ante a livello micro» (Questioni di Economia e Finanza n. 994, dicembre 2025). Un punto innovativo del report riguarda il rischio che i prodotti cinesi, esclusi dal mercato statunitense dai dazi, vengano «dirottati» verso altri mercati internazionali (inclusa l’Europa), aumentando la concorrenza per le imprese italiane in quei territori.
Dall’analisi di Bankitalia emerge che, contrariamente a scenari catastrofici, l’impatto medio è, per ora, contenuto ma eterogeneo. Prima dello choc, gli esportatori verso gli Usa avevano un margine medio di profitto del 10,1%. Si stima che i dazi portino a una riduzione dei margini di circa 0,3 punti percentuali per la maggior parte delle imprese (circa il 75%). Questa fluttuazione è considerata gestibile, poiché rientra nelle normali variazioni cicliche del decennio scorso. Vale in linea generale ma si evidenzia anche che una serie di imprese (circa il 6,4% in più rispetto al normale) potrebbe subire perdite severe, nel caso di dazi più alti o con durata maggiore. Si tratta di aziende che vivono in una situazione particolare, ovvero i cui ricavi dipendono in modo massiccio dal mercato americano (il 6-7% che vive di solo export Usa, con margini ridotti) e che operano in settori con bassa elasticità di sostituzione o dove non è possibile trasferire l’aumento dei costi sui prezzi finali.
I tecnici di Bankitalia mettono in evidenza un altro aspetto del sistema di imprese italiane: oltre la metà dell’esposizione italiana agli Usa è di tipo indiretto. Molte Pmi (piccole e medie imprese) che non compaiono nelle statistiche dell’export sono in realtà vulnerabili perché producono componenti per i grandi gruppi esportatori. L’analisi mostra che i legami di «primo livello» (fornitore diretto dell’esportatore) sono i più colpiti, mentre l’effetto si diluisce risalendo ulteriormente la catena di produzione.
Si stanno verificando due comportamenti delle imprese a cominciare dal «pricing to market». Ovvero tante aziende scelgono di non aumentare i prezzi di vendita negli Stati Uniti per non perdere quote di mercato e preferiscono assorbire il costo del dazio riducendo i propri guadagni. Poi, per i prodotti di alta qualità, il made in Italy d’eccellenza, i consumatori americani sono disposti a pagare un prezzo più alto, permettendo all’impresa di trasferire parte del dazio sul prezzo finale senza crolli nelle vendite.
Lo studio offre una prospettiva interessante sulla distribuzione geografica e settoriale dell’effetto dei dazi. Anche se l’impatto è definito «marginale» in termini di punti percentuali sui profitti, il Nord Italia è l’area più esposta. Nell’asse Lombardia-Emilia-Romagna si concentra la maggior parte degli esportatori di macchinari e componentistica, e siccome le filiere sono molto lunghe, un calo della domanda negli Usa rimbalza sui subfornitori locali. Il settore automotive, dovendo competere con i produttori americani che non pagano i dazi, è quello che soffre di più dell’erosione dei margini. Nel Sud l’esposizione è minore in termini di volumi totali.
Un elemento di preoccupazione non trascurabile è la pressione competitiva asiatica. Gli Usa, chiudendo le porte alla Cina, inducono Pechino a spostare la sua offerta verso i mercati terzi. Lo studio avverte che i settori italiani che non esportano negli Usa potrebbero comunque soffrire a causa di un’ondata di prodotti cinesi a basso costo nei mercati europei o emergenti, erodendo le quote di mercato italiane.
Bankitalia sottolinea, nel report, che il sistema produttivo italiano possiede una discreta resilienza complessiva. Le principali indicazioni per il futuro includono la necessità di diversificare i mercati di sbocco e l’attenzione alle dinamiche di dumping o eccesso di offerta derivanti dalla diversione dei flussi commerciali globali.
Questo studio si affianca al precedente rapporto che integra queste analisi con dati derivanti da sondaggi diretti presso le imprese, confermando che circa il 20% delle aziende italiane ha già percepito un impatto negativo, seppur moderato, nella prima parte dell’anno.
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Il punto è che l’argento ha trovato il modo perfetto per piacere a tutti. Agli investitori spaventati dal debito mondiale fuori controllo che potrebbe incenerire il valore delle monete, ai gestori che temono la stagflazione (il mostro fatto da inflazione e recessione), a chi guarda con sospetto al dollaro e all’indipendenza della Fed. Ma anche - ed è qui la vera svolta - all’economia reale che corre verso l’elettrificazione, la digitalizzazione e l’Intelligenza artificiale. Un metallo bipartisan, potremmo dire: piace ai falchi e alle colombe, ai trader e agli ingegneri.
Dietro il rally non c’è solo la solita corsa al riparo mentre i tassi Usa scendono fra le prudenze di Powell e le intemperanze di Trump. Il debito globale fa il giro del mondo senza mai fermarsi. C’è soprattutto una domanda industriale che cresce come l’appetito di un adolescente davanti a una pizza maxi. L’argento ha proprietà di conducibilità elettrica e termica che lo rendono insostituibile in una lunga serie di tecnologie chiave. E così, mentre il mondo si elettrifica, si digitalizza e si affida sempre più agli algoritmi, il metallo lucente diventa il filo conduttore - letteralmente - della nuova economia.
Prendiamo il fotovoltaico. Nel 2014 assorbiva appena l’11% della domanda industriale di argento. Dieci anni dopo siamo al 29%. Certo, i produttori di pannelli sono diventati più efficienti e riescono a usare meno metallo per modulo. Ma dall’altra parte della bilancia ci sono obiettivi sempre più ambiziosi: l’Unione europea punta ad almeno 700 gigawatt di capacità solare entro il 2030. Tradotto: anche con celle più parsimoniose, di argento ne servirà comunque a palate.
Poi ci sono le auto elettriche, che di sobrio hanno solo il rumore del motore. Ogni veicolo elettrico consuma tra il 67% e il 79% di argento in più rispetto a un’auto a combustione interna. Dai sistemi di gestione delle batterie all’elettronica di potenza, fino alle colonnine di ricarica, l’argento è ovunque. Oxford Economics stima che già entro il 2027 i veicoli a batteria supereranno le auto tradizionali come principale fonte di domanda di argento nel settore automotive. E nel 2031 rappresenteranno il 59% del mercato. Altro che rottamazione: qui è l’argento che prende il volante.
Capitolo data center e Intelligenza artificiale. Qui i numeri fanno girare la testa: la capacità energetica globale dell’IT è passata da meno di 1 gigawatt nel 2000 a quasi 50 gigawatt nel 2025. Un aumento del 5.252%. Ogni server, ogni chip, ogni infrastruttura che alimenta l’Intelligenza artificiale ha bisogno di metalli critici. E indovinate chi c’è sempre, silenzioso ma indispensabile? Esatto, l’argento. I governi lo hanno capito e trattano ormai i data center come infrastrutture strategiche, tra incentivi fiscali e corsie preferenziali. Il risultato è una domanda strutturale destinata a durare ben oltre l’ennesimo ciclo speculativo.
Intanto, sul fronte dell’offerta, la musica è tutt’altro che allegra. La produzione globale cresce a passo di lumaca, il riciclo aumenta ma non basta e il mercato è in deficit per il quinto anno consecutivo. Dal 2021 al 2025 il buco cumulato sfiora le 820 milioni di once (circa 26.000 tonnellate). Un dettaglio che aiuta a spiegare perché, nonostante qualche correzione, i prezzi restino ostinatamente alti e la liquidità sia spesso sotto pressione, con tassi di locazione da record e consegne massicce nei depositi del Chicago Mercantile Exchange, il più importante listino del settore.
Nel frattempo gli investitori votano con il portafoglio. Gli scambi sui derivati dell’argento sono saliti del 18% in pochi mesi. Il rapporto oro-argento è sceso, segnale che anche gli istituzionali iniziano a guardare al metallo bianco con occhi diversi. Non più solo assicurazione contro il caos, ma scommessa sulla trasformazione dell’economia globale.
Ecco perché l’argento oggi non si limita a brillare: racconta una storia. Quella di un mondo che cambia, che consuma più elettricità, più dati, più tecnologia. Un mondo che ha bisogno di metalli «di nuova generazione», come li definisce Oxford Economics. L’oro resta il re dei ben rifugio, ma l’argento si è preso il ruolo più ambizioso: essere il ponte tra la paura del presente e la scommessa sul futuro. E a giudicare dai prezzi, il mercato ha già deciso da che parte stare.
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