
Il primo settembre si ricordano gli 80 anni dall'invasione della Polonia. Adolf Hitler aveva pianificato l'attacco per il 26 agosto ma all'improvviso congelò tutto alla ricerca di un accordo con Italia, Francia e Inghilterra.Il primo settembre 1939, alle 4.45, la cannonata sparata a Danzica dalla vecchia corazzata tedesca Schleswig-Holstein contro le fortificazioni polacche di Westerplatte scandiva l'inizio della seconda guerra mondiale, il cui ottantesimo anniversario sarà ricordato tra qualche giorno. Il conflitto, che costerà 60 milioni di morti, crimini, tragedie e devastazioni senza precedenti, in realtà sarebbe dovuto scoppiare il 26 agosto. Era questa la data scelta da Adolf Hitler per l'attacco alla Polonia, d'intesa con i generali dell'Oberkommando der Wehrmacht, per avere il quadro meteo più favorevole alle truppe corazzate. A sciogliere definitivamente le mani al Führer era stata la stipula il 23 agosto del Patto Ribbentrop-Molotov, formalmente un trattato di non aggressione, ma nella sostanza un trattato di alleanza e di spartizione di una fetta d'Europa, da lui fortemente voluto per staccare l'Urss di Iosif Stalin da una coalizione anti tedesca ed evitare l'incubo di una guerra su due fronti. Quell'accordo tra inconciliabili aveva sparigliato le carte sui tavoli delle diplomazie europee e portato alla fase esecutiva il Fall Weiss (Caso Bianco), ovvero l'aggressione alla Polonia contro cui la propaganda nazista stava vomitando ogni sorta di accusa per giustificare le ostilità. Stalin aveva lucidamente scelto l'alleanza con il Reich invece che con Francia e Gran Bretagna, perché gli assicurava non solo di non essere coinvolto in un conflitto, ma anche un ricco bottino: metà Polonia, gli Stati Baltici (dapprima due, poi tutti e tre con il secondo Patto Ribbentrop-Molotov che ridisegnerà le sfere di influenza), la Bessarabia. Il suo discorso del 19 agosto al Politburo con cui informa di aver deciso di firmare l'accordo con Hitler è un capolavoro di cinismo, e passa disinvoltamente sopra alle ideologie contrapposte. I comunisti europei erano stati spiazzati da quel pactum sceleris, la cui portata è talmente ampia che per decenni i sovietici negheranno l'esistenza del protocollo segreto di spartizione (al processo di Norimberga sosterranno che il microfilm tedesco è un falso) e creeranno una falsa versione dei fatti abbondantemente ripresa dalla storiografia marxista e ancora oggi sostenuta da frange della sinistra che esaltano il genio politico di Stalin e accusano la Polonia di essere stata responsabile di quanto accaduto e non vittima di un disegno diabolico che le costerà 6 milioni di morti: un abitante su sei. La data di attacco era stata dunque fissata per l'alba del 26 agosto e il 25 mattina l'ordine alle unità ammassate lungo la frontiera era stato diramato. Hitler aveva avvisato Benito Mussolini per sollecitargli, con un giro di parole, l'entrata in guerra al suo fianco come previsto dal Patto d'acciaio firmato il 22 maggio. Il 25 ogni sforzo della diplomazia tedesca è rivolto a isolare Varsavia da Londra e Parigi. Hermann Göring, numero due del Reich, in aperta rivalità col ministro degli esteri Joachim von Ribbentrop, lavorava per cercare un punto di intesa con la Gran Bretagna attraverso i buoni uffici dell'amico svedese Birger Dahlerus, con l'incarico di sfruttare le sue aderenze per creare un canale diplomatico «parallelo». Anche Hitler ha interesse a tenere fuori l'impero britannico e lo stesso 25 agosto stila una proposta per il premier Neville Chamberlain e convoca l'ambasciatore Nevile Henderson per le 13.30; prima del diplomatico il feldmaresciallo Wilhelm Keitel, comandante supremo della Wehrmacht, riceve l'ordine di sospendere fino alle ore 15 ogni preparativo per l'attacco alla Polonia in programma all'alba. Henderson si vede offrire un'alleanza tra Germania e Inghilterra come contropartita all'impegno inglese a far recuperare al Reich la città di Danzica e il Corridoio. La Germania si offre poi di garantire la frontiera polacca e persino a tutelare l'impero in ogni parte del mondo se la Gran Bretagna riconoscerà le pretese coloniali tedesche. Nonostante il convincimento di Hitler, Londra risponde che l'offerta sarebbe stata accettata solo previa soluzione pacifica delle controversie con la Polonia. Alle 15 arriva la notizia che sconvolge i suoi piani: il corrispondente del Deutsche nachtrichten bureau informa che è stato firmato il patto di mutua assistenza anglo polacco che scatterà in caso di aggressione tedesca. Dopo due minuti il Führer chiama Keitel e gli dice di riattivare i preparativi del Fall Weiss. Alle 17.30 convoca l'ambasciatore Robert Coulondre cui consegna una dichiarazione da trasmettere al presidente del consiglio Édouard Daladier nella quale si fa presente di non avere nulla contro la Francia, di aver definitivamente rinunciato ad Alsazia e Lorena, ma che le «provocazioni» della Polonia avevano creato una situazione intollerabile per il Reich. Coulondre fa osservare che Parigi avrebbe rispettato gli impegni assunti con Varsavia, con cui è alleata. Alle 18 l'ambasciatore italiano Bernardo Attolico porta la risposta di Mussolini: l'Italia non sarebbe entrata in guerra perché non in grado di partecipare a un conflitto prima del 1943, come esplicitato al momento della sottoscrizione del Patto d'acciaio. Hitler commenta acido: «Gli italiani si stanno comportando come nel 1914». Convoca per la terza volta Keitel e gli ordina di sospendere immediatamente l'ordine d'attacco, tra lo sconcerto dei generali dell'Okw; alle 20.35 il trafelato feldmaresciallo conferma la cessazione anche delle operazioni eventualmente già in atto. È solo un rinvio. Il 29 agosto, su proposta del governo polacco, il presidente Ignacy Mościcki decreta la mobilitazione generale: lo stesso giorno in Germania si richiamano alle armi i riservisti delle classi 1906, 1907, 1910, 1911 e 1913, entro il primo settembre. È la data limite per avere campi asciutti e fiumi placidi o in secca su cui scatenare le panzerdivisionen e sperimentare la Blitizkrieg. Alle 4.45 il Reich aggredisce la Polonia senza dichiarazione di guerra. Francia e Gran Bretagna il 3 settembre inviano un ultimatum al quale Berlino non risponde neppure. I polacchi combattono disperatamente aspettando un aiuto dal fronte occidentale che non arriverà mai, nonostante i trattati, le promesse e le assicurazioni. Il 17 settembre Stalin scatena l'Armata rossa e invade a sua volta la Polonia, che tracollerà il 28, per prendersi il bottino pattuito col Patto Ribbentrop-Molotov. La tragedia europea diventa mondiale.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






