2019-05-19
La Sea Watch provoca il Viminale. Blocco forzato per «pericolo suicidi»
La nave dell'Ong tedesca ignora il divieto ed entra nelle acque italiane. Ora tocca ai magistrati verificare le «motivazioni umanitarie» e valutare il sequestro. Matteo Salvini: «Complici della tratta». Giorgia Meloni: «Affondare».L'ancoraggio della Sea Watch 3 a Lampedusa è stato autorizzato dalla capitaneria di porto. Ora bisognerà accertare se l'ingresso in acque territoriali italiane di quella nave giudicata come «non inoffensiva» sia stato dettato da motivazioni umanitarie. Oppure se si sia trattato di un escamotage per poter attraccare in un porto italiano, forzando il blocco e infischiandosene della diffida notificata ufficialmente dalle autorità. Ieri la Sea Watch 3 della omonima Ong tedesca, con a bordo 47 immigrati, si è posizionata a un miglio da Lampedusa. Il motivo? Uno dei membri del team medico a bordo ha spiegato: «Alcuni migranti parlano di suicidio». E tanto è bastato, a loro avviso, a giustificare lo sbarco per «ragioni umanitarie». Anche le condizioni meteo ieri non erano della migliori, ma non al punto da poter impensierire una nave di quel tipo. E dopo le lamentele per essere stati «un giorno e mezzo senza ricevere alcun tipo di coordinamento» (cosa non vera, perché una motovedetta della guardia di finanza ha dato loro indicazioni precise di recarsi in Tunisia), il comandante ha deciso di assumere la rotta «meno vessatoria», nonché, sostiene la Ong, quella intimatagli dalla motovedetta libica che li ha approcciati venerdì all'alba. «Una rotta», si giustificano da Sea Watch 3, «che coincide inoltre con quello che costituisce il porto sicuro più vicino al luogo in cui è avvenuto il soccorso».«Prima di procedere», è ancora la ricostruzione della Ong, «abbiamo contattato la guardia costiera, informandola della condizioni umanitarie e delle nostre intenzioni e abbiamo contestualmente inviato una richiesta di revoca del diniego di entrare nelle acque territoriali. Nessuna intenzione di violare le regole, ma le condizioni sono mutate e la nostra scelta è diventata obbligata: a giudizio anche del comandante, la situazione venutasi a creare supera le motivazioni del diniego». Il pressing continua.Nonostante i quattro medici a bordo, da Sea Watch sostengono che la situazione era diventata difficile da gestire, perché «lo stato mentale degli ospiti si era deteriorato». E, così, anche per questa comunicazione si è preferito un tweet.L'imbarcazione, bloccata da più di 36 ore al largo di Lampedusa, si è quindi diretta verso l'isola. E la decisione del comandante della Sea Watch ha scatenato la reazione del governo. Fonti del Viminale affermano che «il ministero si è già pronunciato e ha considerato la Sea Watch non inoffensiva a norma di quelle stesse convenzioni internazionali che vengono spesso invocate, anche a sproposito». Il ministero dell'Interno, insomma, non ha cambiato idea e non ha autorizzato comunque lo sbarco. La posizione ufficiale è questa: «Se qualcuno non è d'accordo si prenda la responsabilità pubblica di dirlo e di autorizzarlo. Li consideriamo complici dei trafficanti: abbiamo buoni motivi per pensarlo e per dirlo». Chiusura dei porti ribadita. Senza se e senza ma. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, lo ha ribadito anche durante il comizio di Milano: «Abbiamo fatto scendere neonati e malati, mai dirò voltatevi dall'altra parte, perché la vita è sacra. Ma uno Stato non può farsi dettare le regole dai complici dei trafficanti di esseri umani, pagati dai Soros di turno. Se riaprissimo i porti, come vogliono in Parlamento e spero non al governo, ricomincerebbero a morire i migranti». Venerdì, infatti, sono state autorizzate a scendere 18 persone su 65 (tra bambini, loro familiari e feriti): il gruppo era stato salvato da un naufragio al largo della Libia il 15 maggio scorso. Il pressing è durato per tutta la giornata di ieri: «Siamo molto preoccupati», scrive a un certo punto la Ong su Twitter, rilanciando il video di Karol, uno dei medici, «perché chi è rimasto a bordo è in una condizione psicologica negativa: si sentono privi di valore, come se a nessuno importasse di loro. Una situazione che, assieme al mal di mare e all'assenza di speranza e prospettive, sta rendendo le persone davvero vulnerabili». Ed ecco la carta considerata vincente: «Alcuni di loro dicono di volersi infliggere delle ferite o addirittura suicidarsi pur di far finire questa situazione. Dal punto di vista medico la condizione non è affatto buona, stiamo mantenendo un equilibrio molto fragile e precario in questo momento». E subito dopo è scattata l'operazione forza il blocco: «Abbiamo deciso di entrare nelle acque territoriali e fatto rotta verso Lampedusa, in considerazione dell'aggravamento delle condizioni a bordo, dove alcuni migranti hanno manifestato anche l'intenzione di suicidarsi». Quando la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi, lo annuncia alle agenzie, la nave è già partita. In serata ha anche incrociato la Mare Jonio, che procedeva in direzione Licata, autorizzata dai magistrati allo spostamento per poter effettuare un rifornimento. La Procura di Agrigento, così come ha fatto per la Mare Jonio, anche per la Sea Watch 3 ha aperto un fascicolo contro ignoti per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Se quelle che dalla Ong vengono definite motivazioni umanitarie non convinceranno i magistrati, la nave al momento dell'attracco potrebbe finire sotto sequestro. Giorgia Meloni ha proposto addirittura di affondarla, dopo aver trasbordato i passeggeri. Secondo la leader di Fratelli d'Italia, è questo che «farebbe un governo che intende difendere i propri confini. O anche stavolta la daremo vinta alle Ong?». Salvini su questo punto è fermo. E gli altri esponenti del governo, dopo gli scontri di venerdì, sono rimasti in silenzio.
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)