
Disastrosi autogol sui social e figuracce in tv dei leader del movimento che ha organizzato l'adunata antileghista a Bologna e Modena. Samar Zaoui invoca sui social un giustiziere sociale. Mattia Santori, ospite di Rai 3, affastella imbarazzi e bugie.Giornataccia per le sardine, tra disastrosi autogol sui social e figuracce in tv. Un minimo di ricerca su Facebook (inevitabile quando la rete si mobilita) ha segato sul nascere la celebrazione mediatica di Samar Zaoui, che sarebbe inevitabilmente scattata dopo la manifestazione di ieri sera a Modena, seconda uscita delle sardine. È infatti venuto fuori che la Zaoui, aspirante laureata e militante Udu (sindacato di studenti di sinistra) e tra le organizzatrici dell'evento modenese insieme al collega di studi Jamal Hussein, a maggio scorso aveva postato una strana via di mezzo tra un appello e una preghiera, corredata dalla condivisione di un inequivocabile video di Matteo Salvini a testa in giù: «Pregate voi, che dio (minuscolo, ndr) vi ascolta. Avremmo bisogno di un giustiziere sociale, di quelli che compaiono nella storia, che dopo aver ucciso vengono marcati come anarchici…». Auspicio? Istigazione? Certo, sarà dura d'ora in poi presentare questa signorina come una lottatrice contro l'odio. Lo stesso Salvini prima ha detto di «aspettare reazioni indignate di giornalisti, politici e merluzzi», e poi ha constatato che il «profilo della democratica sardina che invocava il mio omicidio è inspiegabilmente scomparso da Facebook».Ma un'altra autorete era già avvenuta qualche ora prima (a volte il frisbee può ritornare indietro come un boomerang), nella forma di un debutto televisivo tutt'altro che brillante per il capo sardina Mattia Santori. Il quale, all'apparire della prima pagina della Verità di ieri, è stato immediatamente costretto a ricorrere a un'imbarazzata bugia. Metodi da vecchio politicante in difficoltà, più che da giovane promessa della «società civile». Ieri mattina, infatti, ad Agorà su Rai 3, l'ospite d'onore era proprio lui, l'istruttore di frisbee celebrato come un leader: maglioncino senza camicia, barbetta di due giorni, e sorrisino soddisfatto di chi pensa di poter prendere in giro chiunque. Se non che, a un certo punto, la conduttrice Serena Bortone, correttamente, ha letto titolo e sommario della Verità di ieri («C'è Mortadella dietro le sardine - Altro che manifestazione spontanea - Il promotore del raduno lavora per la rivista dell'ex ministro Alberto Clò e di Romano Prodi»), e ne ha chiesto conto a Santori. E lui? Un paio di secondi di smarrimento, sguardo perso, e poi la bugia: «La rivista è di Clò che non c'entra niente con Prodi». Peccato che tutti possano leggere su Internet che Prodi è ancora garante della rivista, insieme con Sabino Cassese. Mentre non occorrono ricerche particolari per sapere quanto la vicenda pubblica di Clò sia stata intrecciata con quella dell'ex premier ulivista. Delle due l'una: o Santori queste cose le sa, e allora si tratta proprio di una bugia. Oppure non le sa, e allora siamo davanti alla dimostrazione di come alcuni ragazzi possano essere usati e strumentalizzati. Sta di fatto che la sardina-in-chief si è trovata in difficoltà. Quando ha sentito la parola «Mortadella», ha bofonchiato: «Questo è il motivo per cui la gente scende in piazza», frase abbastanza priva di senso. Non risultano infatti manifestazioni né contro i titoli della Verità né tanto meno contro i salumi tipici. Dopo di che, il giovane ha recitato la filastrocca che evidentemente aveva preparato: «l'invasione» di Salvini, «il clima di odio», «noi siamo l'argine a una retorica politica che i cittadini non accettano» (nientemeno), siamo contro «una retorica aggressiva che invade piazze e palazzetti dello sport». Purtroppo per lui, in studio, a parte un Maurizio Martina (ex reggente-tumulatore del Pd) che, non sapendo più a che santo votarsi, tentava disperatamente di incoraggiarlo («andate avanti!»), c'erano due voci che hanno efficacemente rimesso Santori al suo posto. Con pazienza quasi paterna, ci ha pensato Claudio Durigon (esponente della Lega, già sottosegretario), che ha impartito al giovane una lezione di educazione civica, spiegandogli che non c'è alcun odio nella manifestazioni leghiste, ma solo opinioni differenti dalle sue, e che è sbagliato parlare di «invasione» quando si radunano cittadini di idee diverse; poi Durigon lo ha invitato ad assistere insieme con lui a uno dei prossimi comizi di Salvini («così sentirai quello che dice e potrai giudicarlo»). L'esponente leghista era anche munito, cellulare alla mano, dei post su Facebook in cui Santori aveva difeso la sinistra. Il giovane, preso un'altra volta alla sprovvista, stava per sbroccare di nuovo: «Ecco, uno porta in piazza 20.000 persone e arrivano gli sciacalli a guardarti i social». Gli sciacalli, testuale. Anche il secondo interlocutore, l'editore Francesco Giubilei, vicino per età ma lontanissimo per idee da Santori, lo ha opportunamente messo in crisi: «La verità è che avete sbagliato piazza, perché l'Emilia è governata da decenni proprio dalla sinistra. Di che alternativa parlate, allora?». Davanti a un esercizio di logica, Santori è parso in seria difficoltà. Conclusione: il pesce (d'allevamento) ha preferito annunciare la tournée: il 28 a Genova, il 30 a Firenze, e così via. Fino a una comunicazione piuttosto surreale: «Stiamo dando le linee guida» a chi ci contatta. Chissà se si tratta solo delle misure delle sardine.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






