2020-05-26
La sanatoria è inutile. Gli agricoltori costretti a importare altri stranieri
Ecco gli effetti della regolarizzazione voluta da Teresa Bellanova: arrivati dal Marocco i primi charter con centinaia di lavoratori a bordo.Ed ecco che, oltre al danno, arriva la proverbiale beffa. La maxi sanatoria dei migranti irregolari, dopo mesi di discussioni, è stata licenziata per decreto dal governo. Adesso, però, non solo scopriamo che non serve a niente (cosa che già sapevamo), ma pure che c'è bisogno di importare altri stranieri per colmare il vuoto di manodopera nel settore agricolo. In buona sostanza, la regolarizzazione dei clandestini pensata «per l'agricoltura» non giova agli agricoltori, i quali si stanno muovendo in modo autonomo per far arrivare sul suolo italiano centinaia di professionisti da impiegare nei campi.Lo strumento con cui queste persone giungono qui si chiama «corridoio verde». Le associazioni degli agricoltori ne parlano da mesi, ma il governo si è mosso a rilento, preferendo battere altre strade. Il 19 maggio, il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova, ha fatto sapere di essere al lavoro «perché si concretizzi il corridoio verde richiesto da Coldiretti e dalle altre associazioni», ma per ora a occuparsi di tutto sono state le organizzazioni agricole.La settimana scorsa sono atterrati a Pescara i primi due voli charter partiti dal Marocco. A bordo c'erano in tutto 248 lavoratori agricoltori specializzati provenienti da Casablanca: la prima infornata di professionisti esteri richiesta da 40 aziende della Piana del Fucino e da una ditta di Vicenza. Dell'organizzazione si è occupato Stefano Fabrizi di Confagricoltura L'Aquila, aiutato dall'ambasciata italiana a Rabat: «L'obiettivo che mi ero dato era di riportare nelle aziende agricole del Fucino 500 lavoratori», ha spiegato Fabrizi accogliendo i lavoratori in aeroporto. «Sono già tre i voli organizzati e stiamo lavorando al quarto». A pagare il trasferimento sono stati gli imprenditori agricoli, e a quanto sembra resta il problema della quarantena: gli operai marocchini dovranno infatti starsene per 14 giorni in isolamento prima di poter iniziare a lavorare.Altri 120 lavoratori, sempre provenienti dal Marocco, sono attesi in questi giorni. Saranno impiegati all'Aquila e nel mantovano. Il loro trasferimento è stato seguito dalla Coldiretti, che si è relazionata direttamente all'ambasciata.«Per ora sono arrivate poche persone», dice Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. «Mi auguro che a giugno, con l'apertura dei corridoi turistici, si semplifichino le operazioni anche per l'agricoltura. Muovendoci da soli abbiamo dimostrato che organizzare questi voli era possibile, se fin dall'inizio si fosse scelta questa strada oggi non saremmo costretti a buttare così tanti prodotti, e non rischieremmo di perdere quote di mercato».Già: le associazioni agricole avevano chiesto di poter utilizzare i voucher anche per assumere lavoratori italiani, poi si sono battute per i corridoi verdi. Ma l'esecutivo ha spinto soltanto per la sanatoria. Che adesso si rivela del tutto inutile.Secondo la Coldiretti, infatti, i tempi della regolarizzazione non coincidono con le necessità delle aziende. «Non voglio sembrare pessimista», dice Prandini, «ma credo che fino a settembre non si vedranno gli effetti della regolarizzazione. Il testo ora deve passare in Parlamento, poi ci saranno da fare le verifiche, ci sono le procedure da portare a termine…». In ogni caso, gli agricoltori hanno bisogno di personale specializzato, non di clandestini che - qualora accettino di emergere dal nero per soli 6 mesi, cosa niente affatto scontata - dovranno pure essere formati. «Le aziende», spiega Prandini, «hanno fatto lavorare le stesse persone per dieci anni, le hanno formate a loro spese, è di quella manodopera che hanno bisogno. Gli eventuali regolarizzati non hanno la professionalità necessaria, non sono adatte al contesto. In Germania, Francia e Regno Unito si sono mossi 15 giorni fa, hanno aperto corridoi e hanno fatto entrare lavoratori che non vengono sottoposti a quarantena». Le associazioni di categoria vorrebbero che avvenisse la stessa cosa anche qui: si offrono di fare test sui lavoratori stranieri sia all'ingresso che al momento di rientrare nello Stato d'origine. Vedremo se il governo si darà da fare per accogliere almeno questa richiesta.Quel che resta, per ora, è la clamorosa truffa di cui gli italiani sono stati vittime. Adesso abbiamo la prova schiacciante della totale inutilità della sanatoria. Gli sbarchi sulle nostre coste continuano, il sistema di accoglienza è sotto una crescente pressione, aumentano i costi e le difficoltà. E l'unica cosa che l'esecutivo ha saputo fare per affrontare il problema è, appunto, il condono per i clandestini. Ci hanno detto che si trattava di una mossa indispensabile. Teresa Bellanova, tra le lacrime, l'ha presentata come il coronamento della sua carriera. Ebbene, ecco il risultato: le aziende agricole continuano ad aver bisogno di migliaia di persone da mandare nei campi. È il paradosso: regolarizziamo migranti che - da un punto di vista lavorativo - non ci servono, così ci tocca prenderne altri accordandoci con gli Stati dell'Europa dell'Est o del Nord Africa.Se dobbiamo importare altri lavoratori da fuori, per quale motivo è stata organizzata la sanatoria? A questo punto, qualcuno ci deve delle risposte, perché le scuse sono finite.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
Continua a leggereRiduci