2023-02-04
La rossa Emilia dà il paracadute a Magrini
Cacciato dall’Aifa, l’ex direttore riceve dalla regione di Stefano Bonaccini un incarico da 730.000 euro per cinque anni. Nomina favorita da un membro del cda dell’agenzia ministeriale e da un vecchio collega nella locale Commissione del farmaco, ai tempi di Bersani.L’ex direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco ha ottenuto un incarico da 730.000 euro per i prossimi cinque anni. Nicola Magrini, che si è sentito vittima dello spoils system e lamenta di aver dovuto far fagotto, al pari dei predecessori al cambio di ogni governo, è stato subito consolato nella sua Emilia Romagna. Dirige l’unità operativa «Qualità e governo clinico», dell’Agenzia sanitaria regionale guidata dal dem Stefano Bonaccini, per una spesa annua di 146.031,67 euro. È un ritorno a casa con i fiocchi, del medico e farmacologo clinico, che nell’Ausl Romagna era stato responsabile dell’Area valutazione farmaco dal 2012 al 2014. Nell’organigramma, Magrini mantiene la qualifica di dirigente medico di farmacologia e tossicologia clinica, l’incarico risulta prorogato, ma dal primo febbraio si occupa di attivare, mantenere e sviluppare il sistema qualità aziendale. Fa parte della sua mission, si legge sul portale dell’Ausl, «partecipare alla definizione della politica sanitaria aziendale con particolare riferimento alla politica per la qualità e sicurezza delle cure». Un ruolo perfetto, per chi ha diretto l’Aifa e dovrebbe avere accumulato esperienza a riguardo. Peccato che da inizio pandemia, periodo in cui si insediò il funzionario, i report della farmacovigilanza sulla sicurezza dei vaccini anti Covid abbiano sempre lasciato a desiderare. Per la pochezza dei dati, per le pubblicazioni non frequenti e per l’inadeguatezza delle risposte fornite in tema di monitoraggio delle reazioni avverse. Senza dimenticare la scelta operata a ottobre 2020, quando il dg rifiutò la fornitura di monoclonali, offerti gratuitamente da Eli Lilly, per una sperimentazione clinica, salvo poi cambiare idea e acquistarli nel febbraio del 2021. «Significa non aver dato la possibilità a malati di avere l’arma dei monoclonali», tuonò l’avvocato Erich Grimaldi, rappresentate dell’associazione Comitato Cure domiciliari. Adesso, il professore bolognese si occupa di promozione di buone pratiche, di valutazione delle performance cliniche nell’interesse del paziente, ma sarebbero soldi buttati secondo Luca Bartolini, coordinatore forlivese di Fratelli d’Italia. «Non si batte ciglio, per ingaggiare un nuovo super dirigente nazionale da inserire nel già ricco quadro di vertice dell’Ausl Romagna», è stata la protesta dell’esponente di Fdi. Ha ricordato che il presidente della Regione e candidato segretario del Pd, Bonaccini, si è lamentato per i tagli alla sanità, «sostenendo che mancano ancora i rimborsi degli ultimi tre anni per le spese Covid e il caro energia», però le risorse economiche non mancano quando si tratta di pagare Magrini che «tempo una settimana, ha subito trovato ricollocazione nel nostro territorio». Con delibera di pochi giorni fa, del 31 gennaio, il dg dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, affidava l’incarico a Magrini, dopo aver «preso atto» che dal 30 novembre al 15 dicembre 2022 erano arrivate cinque domande per ricoprire quel ruolo dirigenziale. Carradori, guarda caso, è componente cda Aifa in rappresentanza dell’Emilia Romagna. Il controllore che assume il controllato? Il professor Silvio Garattini, che ha protestato per la riforma dell’Agenzia italiana del farmaco promossa dal nuovo governo, perché accentrerebbe «tutto il potere nel presidente», troverà sicuramente poco etico un simile comportamento. Sarebbe auspicabile anche un intervento in merito, del ministro della Salute Orazio Schillaci.Non è finita. La valutazione dei requisiti di ammissione per dirigere l’unità di Qualità e governo clinico era stata compito di una commissione composta dal direttore sanitario dell’Ausl Romagna, Francesca Bravi; da Milva Fanti, direttore della programmazione e controllo di gestione; e da Roberto Giuseppe Grilli, direttore ricerca valutativa e policy dei servizi sanitari. Una vecchia conoscenza di Magrini, quest’ultimo. Grilli, mentre era direttore della Agenzia sanitaria e sociale regionale della Regione rossa (dal 2006 al 2015), fece parte della Commissione regionale del farmaco assieme al futuro dg dell’Aifa. Era il 2006, la nomina di Magrini e Grilli, assieme ad altri, fu presa dalla giunta regionale di cui faceva parte l’allora assessore alla Sanità, Giovanni Bissoni. Altro conoscente, anzi amico. L’architetto Bissoni, romagnolo di Cesena, dopo essere stato dal 1993 al 1995 capogruppo dell’allora Pds in Consiglio regionale, nel 1995 divenne assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, che era presieduta da Pier Luigi Bersani. L’ex ministro e segretario del Pd, poi nel 2017 fondò Articolo uno democratici e progressisti, di cui l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, divenne il coordinatore nazionale prima di passare con Liberi e uguali. Bissoni è stato per diversi anni componente del Cda dell’Aifa e di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.«Dal 2014 è segretario del comitato sui farmaci essenziali all’Oms. Torna ora in Italia per servire il nostro Paese in un settore decisivo. Il nostro Servizio sanitario nazionale merita il meglio», dichiarò Speranza nel gennaio 2020, annunciando la nomina di Magrini al vertice dell’Aifa. L’aveva scelto tra le oltre sessanta candidature che erano pervenute. Solo perché ne sapeva di farmaci, o anche per legami politici?«È in ogni caso scandaloso che in una situazione come l’attuale si proceda a una nomina che non può che essere di natura politica e in tempi così ristretti», accusano oggi i consiglieri regionali Daniele Marchetti e Massimiliano Pompignoli, assieme al parlamentare Jacopo Morrone, della Lega Romagna, chiedendo che «a guidare nomine e responsabilità non siano più logiche partitiche».
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)